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mercoledì, Maggio 1, 2024
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Terremoto a Secondigliano, si pente Massimo Molino: accuse contro Di Lauro e Vanella

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C’è anche Massimo Molino, cognato del ras Maurizio Maione, tra le persone che sono passate dalla parte dello Stato iniziando a collaborare con la giustizia. Le sue dichiarazioni sono allegate all’ordinanza di custodia cautelare che qualche giorno fa ha portato in carcere Ciro Di Lauro, figlio del boss Paolo, Salvatore Petriccione, Giovanni Cortese e Ciro Barretta. La notizia del pentimento di Molino è stata riportata da Luigi Nicolosi per Il Roma. Molino fu arrestato un anno e mezzo fa in relazione al tentato omicidio di Gennaro Casaburi, avvenuto a Secondigliano nel dicembre 2020 (leggi qui l’articolo). Da allora Casaburi avrebbe iniziato a proferire minacce contro la famiglia Maione (leggi qui l’articolo). Molino, con le sue fressche dichiarazioni, ha contribuito con le proprie rivelazioni a chiudere il cerchio intorno ai presunti mandanti e sicari dell’omicidio di Domenico Riccio e dell’innocente Salvatore Gagliardi, uccisi in una tabaccheria di Melito la mattina del 21 novembre 2004.

Le dichiarazioni di Massimo Molino

«Un giorno ’o marenaro ci mandò l’imbasciata che si doveva uccidere questo Mimmo Riccio, che aveva una tabaccheria a Melito. In quel periodo non ci si fidava di nessuno e mio cognato Maurizio Maione decise di andare personalmente da Ciro Di Lauro per avere conferma. Ciro Di Lauro confermò e in più ci disse che se ce ne fosse stata possibilità si dovevano uccidere anche la moglie di Rito Calzone e la moglie di Genny “’o Mckay” (Gennaro Marino). Mimmo Riccio doveva morire perché, disse Ciro Di Lauro riciclava e investiva i soldi di Raffaele Amato». Pesanti accuse dunque che tirano in ballo sia il terzo figlio del boss Paolo Di Lauro che Salvatore Petriccione, fondatore della Vanella Grassi, all’epoca ancora ‘organica’ al clan Di Lauro prima della ‘girata’ del 2007.

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L’articolo precedente: il racconto di Casaburi e le accuse a Molino

La ‘vendetta’ dei due non si era fatta attendere come confermato dalle sommarie informazioni rilasciate poi in ospedale dallo stesso Casaburi dopo essere stato sparato. Casaburi in pratica è stato attirato in una trappola tesagli da Giovanni Mancini, alias muoll muoll, figlio di Bruno ucciso in un agguato qualche anno fa. Mancini con la scusa di andare a bere qualcosa insieme lo avrebbe invece condotto da Maione e dai suoi. «Durante il tragitto Mancini si è subito preoccupato di contattare telefonicamente Di Maio e Maione ai quali ha immediatamente comunicato di esser in mia compagnia. Terminata la conversazione telefonica mi ha detto che a breve ci saremmo incontrati con loro in mezzo alla piazzetta del Rione Berlingieri per bere qualcosa insieme cosa che succedeva alle ore 23,30 Infatti mentre io e Mancini eravamo fermi in via Monte Faito nei pressi della farmacia venivamo raggiunti a piedi da Maione, Di Maio e Massimo Molino. I tre si sono poi seduti dietro mentre Mancini era accanto a me lato passeggero».

Così maturò l’agguato al rione Berlingieri

Il racconto di Casaburi prosegue: «Parcheggiata l’autovettura siamo scesi tutti e cinque dalla macchina ed abbiamo cominciato a discutere del diverbio avuto precedentemente con gli agenti di polizia. In particolare ho rimproverato a Maione che certi comportamenti come quelli assunti nei confronti degli operatori della volante non erano accettabili perchè avrebbero creato problemi a tutti noi ed al quartiere ostacolando il proseguimento dei nostri affari illeciti. In tale circostanza sono stato immediatamente aggredito da tutti e quattro i soggetti prima offendendomi verbalmente e successivamente mi hanno aggredito fisicamente. Ricordo di essere stato colpito più volte al volto con pugni e dopo essere caduto a terra venivo sempre colpito con dei calci al volto da tutti i soggetti. Nonostante fossi riverso al suolo nessuno dei miei aggressori ha desistito ma anzi incitandosi a vicenda hanno continuato a sferrarmi calci e pugni al volto e al resto del corpo Ricordo che Mancini, Molino, Maione e Di Maio mentre continuavano a percuotermi esclamavano frasi del tipo sei un bastardo sei un pezzo di merda devi morire infame». Da lì poi gli spari con Casaburi portato in codice rosso in ospedale.

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