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sabato, Aprile 27, 2024
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La storia del Fucarazzo di Sant’Antuono, prima festa popolare dell’anno

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Sant’ Antonio Abate si festeggia il 17 gennaio, giorno in cui, per tradizione, inizia il Carnevale. Originariamente veniva raffigurato in lotta con i diavoli e con accanto un maiale e veniva considerato il protettore del fuoco e degli animali. Si racconta che S. Antonio veniva continuamente tentato dai diavoli, tant’è che una volta decise di seguirli fino all’ inferno. Arrivato in questo luogo, percosse i diavoletti con una canna e quando uscì dall’ inferno, quest’ultima bruciava ancora; a tal punto il Santo disse “sia fuoco in ogni loco”, il cui significato era quello di cacciare i diavoletti da tutti i luoghi.

 

Un’altra leggenda dice che sulla terra gli uomini avevano freddo perché non conoscevano il fuoco. Sant’ Antonio inseguendo un maialetto si trovò all’inferno, l’animale creò confusione tra i diavoli e il Santo con una mazza riuscì a riportarlo fuori, in questo modo fu in grado di prendere anche una scintilla di fuoco, che portò sulla terra. Gli uomini conobbero così il fuoco e non ebbero più freddo.

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Una tradizione di notevole partecipazione popolare, oggi quasi scomparsa, era rappresentata dai falò (fucarazzi) che si facevano nella ricorrenza della festa di Sant’ Antonio Abate: “o fucarazzo ‘i Sant’ Antuono” il 17 gennaio, sta a significare il momento di ringraziamento al Santo per la raccolta delle produzioni agricole. I fucarazzi erano fuochi che venivano accessi nel periodo serale nei cortili, nella piazze o agli incroci delle strade cittadine. Si preparavano delle cataste di legna, con fascine e ciocchi, dopodichè veniva appiccato il fuoco che di tanto in tanto era poi ravvivato nell’ilarità di quanti stavano intorno al rogo a chiacchierare e degli uomini che fino a tarda notte si trattenevano a bere un buon bicchiere di vino, dopo un’abbondante mangiata a base di carni e salsicce di buon maiale. Il fuoco rappresentava il simbolo della purificazione dello spirito. La festa di S. Antonio aveva per i contadini un grande significato. Per loro il fuoco era l’ unica fonte di energia e gli animali li aiutavano nel lavoro in campagna.

La foto – gennaio 1971 – raffigura la tradizionale processione del Santo, il cui busto ligneo (sec. XVIII), prelevato dalla Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano di Qualiano, su di un carro veniva accompagnato dai fedeli e dal comitato dei festeggiamenti per la questua, i cui prodotti che allietavano la manifestazione popolare della “vendita”, venivano messi all’ asta la sera da simpatici e buontemponi banditori di turno. Il ricavato serviva a finanziare la festa del Santo, che terminava con un suggestivo “ciuccio ‘i fuoco” : ossia una struttura lignea a forma di asino, rivestito da fuochi pirotecnici di cui un uomo (tale Gennaro Sgariglia), protetto da sacchi di iuta, girava velocemente l’area circolare, un tempo antistante la chiesa parrocchiale di Santo Stefano, creando girandole e fuochi d’artificio, per la gioia dei piccoli e le risate dei grandi.

Arch. Giovanni Sabatino

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