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Scandalo abusi, vigili sospesi dal servizio

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Scattano i provvedimenti del Comune. Sospesi dal servizio i 23 vigili urbani assegnati al comando di polizia di Giugliano che, secondo la pubblica accusa, sarebbero responsabili, a vario titolo, di aver costituito un’associazione criminale dedita ad estorcere denaro per coprire abusi edilizi, nel periodo compreso tra il 2004 ed il primo semestre del 2006. Identico provvedimento per i tre dipendenti dell’ufficio tecnico comunale, anch’essi arrestati con l’accusa di far parte della stessa associazione. Saranno spostati d’ufficio invece, gli indagati a piede libero. «Stiamo solo rispettando la legge – afferma il sindaco Giovanni Pianese – oggi metteremo mano a un elenco di aspiranti agenti di polizia, risultati idonei durante le ultime prove di concorso, ma mai entrati in servizio. Quello che ci preme oggi – aggiunge il sindaco – è risolvere subito la grave carenza d’organico che si è venuta a creare all’interno del corpo». Il primo cittadino non commenta invece nel merito l’aspetto giudiziario della vicenda, che con gli arresti di martedì mattina è ancora alla sua fase preliminare. Nella tarda mattinata di ieri intanto presso il carcere di Poggioreale si sono conclusi gli interrogatori degli arrestati. Tutti, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. «È un’ordinanza troppo copiosa e dobbiamo avere il tempo di studiarla» spiega l’avvocato Giovanni Abbate, difensore di 7 dei 23 vigili, di 2 impiegati dell’ufficio tecnico, e di 2 dei 13 imprenditori finiti in manette. Ma per il difensore: «Non esistono nelle intercettazioni che ho avuto modo di visionare, riferimenti espliciti a denaro incassato per aver fatto favori o omesso controlli. Certo occorrerà avere un quadro completo delle prove di cui si è avvalsa la Procura prima di pensare a una strategia di difesa. Intanto – conclude l’avvocato – due degli agenti che assisto, soffrono di gravi patologie per le quali, raccolta la certificazione medica necessaria, presenterò a breve istanza di revoca della misura restrittiva». Stessa linea difensiva quella adottata dal collegio legale dell’agente Gaetano Corso, che in fase di interrogatorio, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’agente, è accusato di tentata concussione a sfondo sessuale e tentata violenza ai danni della donna che nel giugno 2005, denunciò di essere stata ricattata dal pubblico ufficiale, il quale le avrebbe chiesto prestazioni sessuali per non apporre i sigilli ad una tettoia che la donna stava facendo costruire in casa propria. Proprio dalla denuncia della donna, partì l’indagine della polizia. «L’accusa nei confronti del nostro assistito – spiega Domenico Pennacchio, uno dei legali del collegio coordinato dall’avvocato Pino Pellegrino – si basa su una semplice testimonianza della quale va dimostrata l’attendibilità. Superata questa fase magmatica del processo, certo presenteremo ricorso al Tribunale del Riesame». Intanto da ieri mattina, il comando di polizia municipale è alle prese con una grave carenza d’organico. «Assumeremo presto 30 nuove unità – rassicura il comandante Michele Pezzullo, che poi lancia l’appello – mi rivolgo alla città perché in questo momento così difficile, rispetti il lavoro del presidio». Un presidio presso il quale ieri mattina, spirava aria di tensione. «Verrà fuori una verità molto meno grave di quello che appare» afferma un capitano dei vigili e con una carriera trentennale alle spalle. E la sua convinzione era la più diffusa tra chi provava a lavorare regolarmente tra gli uffici quasi deserti del comando.

MONICA D’AMBROSIO








Aggravante mafiosa, Dda in campo la pista dei clan casalesi e Mallardo




È quell’articolo 7, l’aggravante di aver agevolato un’organizzazione mafiosa, l’ipotesi su cui ha lavorato nell’inchiesta di Giugliano anche la Dda. Nel guazzabuglio di episodi e accuse di corruzione, che dopo gli arresti hanno ridotto di un terzo il distaccamento di polizia municipale Varcaturo-Lago Patria-Casacelle, gli inquirenti sospettano anche favori fatti ai clan mafiosi dei casalesi e quello dei Mallardo di Giugliano. E ai pm Raffaella Capasso e Antonio D’Alessio, si è affiancato anche Paolo Itri, sostituto della Direzione distrettuale antimafia. Nove gli indagati, che si sono visti contestare l’aggravante mafiosa, per due vicende diverse: i vigili urbani Giuseppe Arcieri, Antonio Basile, Francesco Iovinella, Raffaele Parisi, Raffaele Sodano, Alfonso Valletta; gli imprenditori Aldo Nobis, Mario D’Onofrio, Tommaso Raimondo. Non tutti sono finiti in carcere. Nonostante la richiesta della Procura, per Mario D’Onofrio e Tommaso Raimondo il gip Giuseppe Ciampa ha ritenuto «insussistente la piattaforma di gravità indiziaria». Non c’è prova, sostiene il giudice, che il presunto legame di D’Onofrio e Raimondo con «la famiglia Letizia i cui esponenti sarebbero legati al clan dei casalesi» abbia favorito le loro forniture di calcesturzzo a due cantieri abusivi. Se i vigili Basile, Parisi, Sodano e Valletta vengono accusati di aver intascato mazzette dall’imprenditore sanciprianese Aldo Nobis, ritenuto vicino al boss dei casalesi Michele Zagaria, in altri due casi (i vigili Iovinella e Arcieri) il favoritismo viene ipotizzato nei confronti di esponenti del clan Mallardo di Giuliano. Secondo l’accusa, per il cantiere abusivo dei coniugi Massimo Imparato e Gemma Mattiello sarebbero state pagate tangenti. La Mattiello è figlia di Patrizia Giuliano sorella di Lovigino Giuliano, ex boss di Forcella oggi pentito. Proprio Patrizia Giuliano è la donna di Giuseppe Dell’Aquila, un latitante considerato affiliato al clan Mallardo di Giugliano. E Massimo Iovinella, nel presentarsi ai vigili, lo fa «a nome di Dell’Aquila Giuseppe». Ma per lo stesso Iovinella il giudice ha respinto la richiesta di arresto, ritenendo che il nome del latitante sia stato speso per ricavarne vantaggi «di tipo personale, piuttosto che per recare vantaggio indiretto al sodalizio camorristico».
GIGI DI FIORE



IL MATTINO 22 MAGGIO 2008

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