«Perché proprio mio padre, perché proprio lui”, è sconvolto Enzo, figlio maggiore di Giovan Battista Pennacchio, 61 anni, capo della famiglia “Mezzone”, nota per le tradizionali paranze che ogni anno rallegrano l’atmosfera pasquale, con canti e tammurriate tipiche. Il giovane figlio della vittima, non riesce a contenere la rabbia ed il dolore per la tragica scomparsa di suo padre, morto da eroe sull’A3, nel cosentino. Pennacchio era sceso dal proprio camion nel tentativo di fermare le auto che sopraggiungevano veloci nel punto esatto in cui, pochi istanti prima, si era verificato un tragico incidente: un’auto per evitare uno pneumatico abbandonato lungo la strada, perde il controllo della guida, esce di strada e si schianta contro il guard-rail: nell’impatto, muore un avvocato cosentino, Antonio Stella. Segue un maxitamponamento nel quale restano ferite 9 persone. In quegli istanti sopraggiunge anche Pennacchio alla guida del proprio camion. L’uomo posteggia il mezzo sulla corsia di emergenza, scende dall’abitacolo per prestare soccorso, ma viene travolto da un’auto in corsa. Muore sul colpo. Muore da eroe. Muore gettando nello sconforto la moglie Mariagrazia ed i suoi quattro figli. Giugliano ha perso un uomo, capo di una famiglia storica, che era riuscita a portare oltre i confini regionali, una tradizione tutta giuglianese, quella delle paranze e della tammurriata. Al civico 46 di via Lazzaro Spallanzini, dove l’uomo abitava assieme alla famiglia, un via vai di amici, conoscenti e familiari. «Se ne va un altro pezzo di storia – afferma Mimmo Di Gennaro, componete di Arcinova, associazione che ogni anno a Pasqua, organizzava le sfilate dei carri allegorici – con la famiglia Pennacchio otto anni fa, avevamo iniziato un percorso che aveva portato alla ribalta la tradizione popolare». È sconvolto Francesco Tagliatatela, ex sindaco, sempre vicino alla promozione della tradizione locale. «È una tragedia umana, ma è anche una grave perdita per la città. È morto continuando fino alla fine, a manifestare il proprio altruismo. Un lutto che riguarda tutta la città ed al quale non possiamo che rispondere esprimendo il nostro cordoglio alla famiglia». «Quella dei Pennacchio – racconta Margaret Januario, amica di famiglia – è sempre stata la paranza più giovane proprio perché Giovan Battista voleva che anche i bambini imparassero ad amare i carri allegorici, i canti ed i balli tipicamente giuglianesi». È sconvolto Franco D’Alterio, capo dell’omonima paranza che assieme a quella dei «Mezzone» e a quella dei «Quartarolo», portava avanti un culto: «Eravamo amici ma soprattutto avevamo un sogno ed un progetto in comune, quello di riuscire a rendere immortale la storia della tammorra giuglianese. Penso all’uomo, ma penso soprattutto all’amico. Le nostre sfilate non saranno più le stesse senza di lui, credo che per la prossima Pasqua non ne organizzeremo».
MONICA D’AMBROSIO
Il Mattino il 13/03/09
La tammurriata giuglianese: un ballo di sfida e resistenza per l’orgoglio dei contadini
Un ballo di sfida e di resistenza in cui c’è un vincitore ed un vinto: è questo il significato della tammurriata giuglianese, il ballo che mette in mostra il carattere degli abitanti, il loro orgoglio e la loro compattezza come comunità (come era lo sfortunato camionista morto sull’A3) e che, al contempo, nonostante i secoli trascorsi resta una delle più sensuali forme di ballo. Negli anni questa danza è diventata segno distintivo della città, tradizione popolare. Balli e canti che si celebrano in occasione della festa della Madonna Dell’Arco che si festeggia dopo Pasqua. Caratteristica fondamentale è la presenza, oltre alla tammorra e alla voce, di uno strumento principe, il Sisco, da Sistrum, che per i romani era un flauto doppio, mentre per i giuglianesi diventa il becco di un flauto dolce con innestata la parte armonica costruita con una canna di lago. A rendere speciale la danza è anche la partizione ritmica: a differenza delle altre tammurriate, ripartite tra due parti (il canto e la votata), quella giuglianese diventa tripartita (lento, canto e votata). Carri allegorici addobbati da drappi, frasche e statuette votive, che in tempi lontani, venivano trainati da cavalli tirati a lucido per l’occasione. L’omaggio, di buon mattino, alla Madonna dell’Arco annuncia la festa e l’inizio delle paranze.
ADELE PIANESE
Il Mattino il 13/03/09