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Chiaiano a rischio frana: gradoni friabili e teloni scollati

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Bocciata con la valutazione di mediocrità, un cinque striminzito. Non l’insufficienza piena, perché la falda non è risultata inquinata dai liquami neri del percolato, ma neppure una rassicurante stabilità geologica capace di cancellare l’ansia dei possibili crolli delle pareti interne della discarica. La colpa? Più che della qualità dei materiali, della frettolosa e rabberciata posa in opera di argille, teloni impermeabili, tubazioni per la captazione dei biogas, con qualche «risparmio» doloso rispetto al capitolato ma con una sostanziale adesione ai termini del contratto, questo sì sottodimensionato. il risultato è che l’impianto è a malapena utilizzabile ma con troppe criticità che ne minano alle fondamenta la stabilità.
Quindici capitoli, 881 pagine, oltre a migliaia di allegati (le schede tecniche e i risultati dellè indagini chimiche, merceologiche e batteriologiche), per raccontare alla Procura di Napoli (i pm Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio) e al gip Egle Pifia, ciò che la scienza ha scoperto nel sottosuolo di Chiaiano e nell’impianto costruito dalla Ibi ed ereditato dalla Sapna. Il documento, depositato nei giorni scorsi, porta la firma dell’ingegner Luigi Boeri, ingegnere spezzino, e della sua équipe. Ed è la risposta tecnica agli otto quesiti formulari dal giudice in sede di incidente probatorio il 29 aprile scorso.
Dunque, il primo punto. E cioè la qualità del materiale argilloso impiegato per impermeabilizzare le pareti e isolare il fondo della di- scarica: «Per sua natura, composizione chimica e mineralogica e caratteristiche geotecniche, è risultato, in linea di larga massima idoneo a garantire la sicurezza ambientale, qualora lo stesso fosse stato impiegato secondo le norme Uni di riferimento e le migliori regole dell’arte». Solo che le opere, soprattutto sei gradonate (quattro già sotto sequestro) non risultano realizzate a regola d’ arte.
Poi, le geomembrane posate sul fondo per isolare i depositi dal terreno (e dalla falda): «La principale criticità ha riguardato la presenza, sulla saldatura interna, non visibile, di tratti non saldati (…). Detta criticità, oltre ad impedire la possibilità di eseguire la prova di permeabilità in pressione e, quindi, il collaudo della saldatura, possono favorire fenomeni di scollamento fra i due teli saldati in presenza di tensioni sul telo», cioè di significative quantità di rifiuti. E ancora: «Un ulteriore elemento di criticità emerso durante le verifiche dirette in campo sul materassino bentonitico, ha riguardato le modalità di posa in opera. In particolare, non è stata rispettata la lunghezza del sormonto fra due strisce affiancate di geocomposito», così da rendere «meno efficace il pacchetto di inpermeabilizzazione sintetica; tale
criticità può determinare un diretto contatto dei fluidi di percolazione con la barriera naturale di argilla compattata ove si registri una contestuale presenza di geomembrana con difetti (perforazioni o lacerazioni del telo) possibili durante la messa a dimora dei rifiuti». In sintesi, Boeri avverte: «La struttura, non essendo stata effettuata a regola d’arte, può determinare la fuoriuscita di composti inquinanti esternamente al corpo di discarica».
Una nota positiva arriva dall’analisi dell’argilla, che effettivamente proviene, come dichiarato dai gestori dell’impianto di Chiaiano, dalle cave di Montecorvino Pugliano e Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno. Materiale idoneo a formare il fondo della discarica e la barriera naturale. 11 problema rilevato è nel capitolato d’appalto, con la previsione (rispettata) di fornitura di quei materiali, di qualità a malapena sufficiente.
L’ultimo allarme arriva dagli esami sulla falda e sui pozzi di controllo. Le analisi escludono l’inquinamento ma non per questo sono rassicuranti. Scrive, infatti, Boeri: «L’analisi dei risultati analitici porta a definire, allo stato, la scarsa compatibilità (…) con processi di mescolamento con fluidi di diversa composizione, come ad esempio il percolato. Quanto osservato, anche alla luce delle criticità registrate nel corso della consulenza – caratteristiche dei pacchetti di impermeabilizzazione, sistemi di compattazione delle argille inadeguati, soluzioni impiegate perla saldatura dei teli – fa emergere l’urgente necessità di ripensare la rete di monitoraggio attualmente realizzata, sotto almeno due aspetti fondamentali». E cioè, nello specifico: «La realizzazione di presidi di controllo più consoni, sia come distribuzione spaziale che come numero e profondità degli stessi; una più attenta gestione delle attività analitiche sia per quanto concerne la qualità delle analisi, sia per la scelta dei parametri chimici, e possibilmente isotopici, necessari per l’individuazione di eventuali contaminazioni da percolato». Per questo, conclude il perito, «i pozzi spia, realizzati come presidio ambientale per la tutela-di acque di falda, necessitano di adeguati potenziamenti; mentre, allo stato, le analisi sia qui eseguite sui campioni di acqua prelevati non hanno fatto registrare i segni di eventuali perdite di percolato».

Rosaria Capacchione
Il Mattino 09/11/2011

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