Se le opere di «pubblica utilità» presentano «difetti di progettazione» tali da arrecare danno alle persone e, conseguentemente alle loro case, è possibile chiedere e ottenere un risarcimento danni causati dal cattivo funzionamento dell’opera stessa.
Lo dice la Corte di Cassazione in una sentenza della Prima sezione civile che ha accordato un risarcimento di circa seimila euro a Caterina E., proprietaria di un immobile a Licola, , per i danni subiti a causa delle «esalazioni nauseanti e dei rumori insopportabili» derivanti da un depuratore entrato in funzione nel giugno dell’83 che, come si legge nella sentenza, presentava «difetti di progettazione consistenti nella mancata adozione di dispositivi e soluzione tecniche dirette a ridurre le emissioni di rumore».
Secondo la Suprema Corte, che ha respinto il ricorso del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, legittimamente il dicastero è stato condannato a risarcire la proprietaria della casa che sorge vicino al depuratore, riconoscendo la perdita di valore dell’immobile per effetto dell’inquinamento dei cattivi odori. Il depuratore, costruito nel 1975 e messo in funzione nel 1983, secondo i rilievi del consulente tecnico, annota la sentenza 21178, risentiva di «deficenze nella realizzazione dell’opera, consistenti nella mancata adozione di dispositivi e soluzione tecniche dirette a ridurre le emissioni di rumori, dipendenti dalle attività di sollevamento e di produzione dell’area compressa e di insufflazione di liquami, nonchè le esalazioni derivanti dalla putrefazione e ossidazione delle sostanze di natura biologica».