L’aumento dell’IVA su beni essenziali come “prodotti per l’igiene femminile” e l’alimentazione dei bambini è una decisione che ha suscitato la rabbia di molti consumatori. Il governo Meloni sostiene di aver preso questa misura per evitare aumenti di prezzo, ma le associazioni vedono questa decisione come un passo indietro nell’accesso a beni fondamentali.
Tampon tax
Era stato il governo Draghi a intervenire sulla tampon tax: gli assorbenti (considerati beni ordinari) erano soggetti all’Iva al 22%. Di conseguenza gli assorbenti in Italia erano tra i più costosi in Europa. Una forma di discriminazione verso una categoria precisa di persone che sono costrette a dover acquistare ad un prezzo maggiorato un bene necessario. Ora, si cambia nuovamente e, anziché fare passi in avanti, si torna indietro.
La legge di Bilancio del governo Meloni si muove in direzione contraria rispetto al «carrello tricolore» del governo Meloni. Perché, già dal prossimo gennaio, raddoppierà l’Iva dal 5 al 10% sui beni essenziali per l’igiene femminile: «Prodotti assorbenti, tamponi destinati alla protezione dell’igiene femminile, coppette mestruali», vengono elencati nell’articolo 11, dedicato alle imposte. Conseguentemente, il loro prezzo finale sui scaffali dei supermercati dovrebbe aumentare. Il testo include un’aumento del 100% dell’Iva attuale per «latte in polvere o liquido per l’alimentazione dei lattanti o dei bambini nella prima infanzia, condizionato per la vendita al minuto, estratti di malto, preparazioni per l’alimentazione dei fanciulli, per usi dietetici o di cucina, a base di farine, semolini, amidi, fecole o estratti di malto, anche addizionate di cacao in misura inferiore al 50% in peso». Soppressa anche l’ agevolazione dell’Iva al 5% per i pannolini e i seggiolini per bambini da installare negli autoveicoli.
“Non confermiamo il taglio dell’Iva”, si è giustificata la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa subito dopo l’approvazione, “perché purtroppo il taglio dell’Iva è stato nella stragrande maggioranza dei casi assorbito da aumenti di prezzo e quindi non penso che valga la pena di rinnovare la misura”. Una mossa contestata però dalle associazioni dei consumatori che accusano il governo di rinunciare a un intervento sui prezzi di beni ritenuti fondamentali.