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venerdì, Aprile 26, 2024
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«Eravamo il braccio armato di Di Lauro», il ‘Romanzo criminale’ dei giovani killer di Secondigliano

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«Sono entrato nel clan Di Lauro nel 2003 perché conoscevo Marco Di Lauro – tuttora latitante e figlio del padrino, oggi detenuto, Paolo soprannominato Ciruzzo ‘o milionario- ho iniziato come addetto alla vendita di droga». Iniziò così il racconto di Carlo Capasso, giovane killer del gruppo di via Cupa dell’Arco ai magistrati quando decise di pentirsi. Erano i tempi della faida, quella che ha segnato per sempre le dinamiche e la storia della camorra di Secondigliano e Scampia, quartieri per troppo tempo soffocati dalla cappa marcia della camorra, quella di un clan che ha inventato un nuovo modo di fare business criminale ‘rubando’ le vite di giovanissime trasformandoli in killer senza scrupoli. Come Carlo, poi divenuto collaboratore di giustizia.

Tutti giovanissimi, tutti cresciuti coi figli del padrino: come Ferdinando Emolo che dopo il duplice omicidio Montanino-Salierno fu mandato da Cosimo Di Lauro a sparare alle Case celesti per mandare un ‘messaggio’ ai nemici della Scissione. Come Ugo De Lucia, figlio di Lucio storico affiliato del clan, balzato di recente all’onore delle cronache per alcuni permessi premio (fonte Stylo24) ma divenuto famoso come killer di Gelsomina Verde, giovane torturata, seviziata e poi data alle fiamme nella sua auto in viale Agrelli, piccola traversina di Corso Secondigliano. Tra gli altri componenti della batteria di fuoco c’erano Antonio Mennetta, Salvatore Tamburrino, Emanuele D’AmbraUmberto La Monica, Mario Buono, Salvatore Zimbetti, Luigi Magnetti e Antonello Faiello poi ucciso dagli ex alleati della Vanella Grassi.

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«Tutto iniziava con le partite di calcetto – ha dichiarato il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato nel corso del processo per la morte di Attilio Romanò – prendeva bravi ragazzi, li avvicinava e li persuadeva. Iniziavano a non andare più a lavorare e frequentavano assiduamente Marco Di Lauro. Quest’ultimo iniziava a stipendiarli e a selezionarli in base al coraggio e alla freddezza. Appena vedeva una predisposizione, lo indirizzava verso l’attività di killer» Una versione, quella di Cerrato, confermata anche dallo stesso Capasso che ha raccontato allo stesso modo la sua affiliazione, a sedici anni, e il suo passaggio nel gruppo di fuoco della cosca.

 

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