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venerdì, Marzo 29, 2024
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Dramma nel dramma a Giugliano, il nipote Ciro racconta gli attimi prima della morte di Agostino

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E’ ancora sconvolta la comunità di Giugliano per il terribile dramma che si è verificato ieri mattina in via Labriola dove è morto Agostino Corsetti. Il 44enne era in casa con la sua famiglia quando è stato colto da un malore improvviso, probabilmente un infarto, che non gli ha lasciato scampo.

Agostino era molto conosciuto e benvoluto in città. Tantissimi i messaggi di stima e affetto per il giovane che lascia moglie e due figli piccoli.

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Tra i post lasciati sui social c’è quello di Ciro, il nipote di Agostino. Un lungo messaggio carico di rabbia e dolore scrive il ragazzo giuglianese che racconta gli attimi prima della tragedia. Dal malore alla telefonata al 118, fino al decesso.

 

 

 

 

Il post di Ciro

Voglio raccontarvi una storia.
Questa mattina una famiglia si sveglia, pronta per un’altra bellissima giornata di quarantena, un po’ annoiati ma con tanta pazienza e due bambini si va avanti e si affrontano i problemi con il sorriso sulle labbra.
Ad un certo punto della mattinata, il papà inizia ad avvertire un po’ di pesantezza sulla spalle ed un po’ di magone da buttare giù.
La moglie e i figli allora ridono e scherzano, lo prendono in giro fino a che il papà comincia ad avere qualche piccola difficoltà respiratoria.
La moglie allora per restare tranquilla decide di chiamare i soccorsi, perché come ogni cittadino sa, quando ci sono delle difficoltà esistono molti numeri da chiamare, il 113, 112, 115 tutti pronti a darci sicurezza e salvarci.
Questa mattina toccava chiamare il 118, la moglie lo chiama, 2 minuti, 5 minuti, 15 minuti poi finalmente rispondono
“Pronto signora, no qui siamo la centrale di Napoli le deve parlare con la centrale di Giugliano L, le inoltriamo la chiamata”
2 minuti, 5 minuti, 15 minuti finalmente rispondo.
“Pronto signora, suo marito cos’ha? Quanti anni ha? Ha già altre patologie? Come fa a dire che le manca il fiato? Fuma? Che lavoro fa? Ha altri sintomi? Lei è sicura che le manca il fiato? Ha febbre? Ha tosse?”
Quasi 15 minuti per prendere la telefonata ed inviare la prima ambulanza disponibile.
Nel frattempo sono passati 45 minuti, il marito guarda la moglie e lei si accorge subito che lui non respira. Urla, cerca aiuto chiama la sorella ed il nipote. Il marito non respira.
Sono arrivato lì dopo pochi minuti, il marito era steso sul letto. I due bambini chiusi in camera per proteggerli da quella scena che nessuno di noi meriterebbe di vedere.
Ho spinto sul suo petto, ho spinto, ho spinto ancora con tutta la forza che avevo, fino a che i soccorsi sono arrivati, dopo un ora o poco più da quando era stato lanciato l’allarme.
“Non c’è nulla da fare”.
Il marito non respirava.
Il marito era mio zio.
Ha lasciato una moglie, due bambini. 44 anni.
Forse i soccorsi non avrebbero potuto fare nulla. Forse. Però ora mi chiedo come sarebbero andate le cose se fosse arrivato qualcuno subito.
L’ospedale dista a piedi 7 minuti. Correndo sarei arrivato in meno di 5.
La colpa, certo non è di nessuno.
Ma la responsabilità, di chi è?
Come facciamo a dormire tranquilli se sappiamo che in caso di emergenza non c’è nessuno che ci aiuti.
Non si può morire così.
Non si può vivere così.

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