Pasquale Barbaro morì nel febbraio 2020, a 39 anni, in seguito alle complicazioni nell’impianto di un palloncino per dimagrire. Pesava 145 chili e desiderava soltanto avere una vita normale, ma non andò come avrebbe voluto. Per quella vicenda il gup di Santa Maria Capua Vetere Daniela Vecchiarelli ha disposto il rinvio a giudizio di due persone, con l’accusa di responsabilità colposa nella morte in ambito sanitario: si tratta di Cristiano Giardiello, 63 anni, medico a capo dell’Unità di Chirurgia generale, d’urgenza e metabolica del presidio ospedaliero “Pineta Grande” di Castel Volturno, dove avvenne l’impianto del palloncino, e di Rita Schiano di Cola, 34 anni, dietista del team diretto da Giardiello. Il processo comincerà il prossimo 8 maggio davanti al giudice monocratico Giuseppe Meccariello.
MORTE PASQUALE BARBARO, I FATTI
Pasquale, padre di un bambino oggi 14enne, gestiva insieme alle sue sorelle Daniela e Fabiana l’omonima nonché famosissima catena di abbigliamento omonima sita a Napoli. Fu sottoposto all’intervento per il palloncino il 27 febbraio 2020 nella struttura clinica “Pineta Grande” di Castel Volturno. Il presidio, ricostruisce il pm Mariangela Condello nella richiesta di rinvio a giudizio, “non richiede una procedura chirurgica o endoscopica: è infatti costituito da “un palloncino ripiegato all’interno di una capsula attaccata ad un catetere che viene ingerita dal paziente e raggiunge lo stomaco; successivamente il palloncino viene gonfiato dal catetere che poi viene rimosso”.
Dopo l’intervento, Pasquale fu dimesso dalla clinica e tornò a casa. Ma dopo poco tempo iniziò a star male. Come raccontato dalla sorella Daniela, “Tremava tutto e avvertiva forte debolezza”. La mattina del 28 febbraio, Pasquale provò a telefonare il dottor Giardiello, il quale però non rispose alla telefonata. Lo fece solo a distanza di 24 ore, quando Pasquale era già morto.
Non vedendosi rispondere al telefono, Pasquale provò a contattare la dottoressa Schiano Di Cola, la quale però, essendo dietista, non disponeva delle competenze adatte per andare incontro al giovane. Si limitò a consigliargli di bere tanta acqua, in maniera tale da stare bene poi successivamente, senza fornirgli i contatti di altri suoi collaboratori più competenti.
“IGNORATE LE LINEE GUIDA”
Pasquale morì a causa di un’emorragia. “Si addormentò — ricorda Daniela — e non si svegliò più”. Per la Procura si sarebbe potuto salvare. Ai due imputati è contestato infatti di essersi «discostati dalle linee guida e dalle regole dell’arte medica accreditate nella letteratura scientifica (seppure scarna sull’argomento, trattandosi di intervento di recente utilizzo) nonché dalle buone pratiche clinico – assistenziali desumibili anche dalle istruzioni per l’uso del palloncino raccomandate dalla casa produttrice». Nel corso del dibattimento il medico e la dietista, difesi dagli avvocati Claudio Sgambato e Giuseppe Stellato, avranno modo di fornire la propria versione dei fatti e di depositare perizie e altri documenti che dimostrino la loro estraneità ai fatti contestati.
E la famiglia si aspetta ora giustizia per quanto accaduto. Racconta ancora la sorella Daniela: “I messaggi che mio fratello inviò fanno accapponare la pelle. Scriveva: davvero tutto andrà bene? Io ho paura, non voglio morire, ho un bambino. Si sentì rispondere: beva tanta acqua e tutto andrà bene. È finita in tragedia, ma ora mi aspetto giustizia”.