Si è avvalso della facoltà di non rispondere dal supercarcere di Viterbo (dove è rinchiuso al 41bis) Nicola Sequino, il boss della Sanità raggiunto da ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio di Vincenzo Prestigiacomo, marito di Celeste Misso ucciso a Porta San Gennaro il 30 ottobre del 2006. Un delitto maturato nella guerra di camorra in essere nel quartiere tra il clan Misso e il clan facente capo a Salvatore Torino. Prestigiacomo era il marito della Misso, sorella dei più noti pregiudicati Michelangelo, Giuseppe ed Emiliano Zapata. Le indagini, svolte dalla squadra mobile sotto il coordinamento della DDA, hanno consentito di acquisire riscontri di diversa natura alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Sequino, difeso dall’avvocato Mauro Bruno, durante l’interrogatorio su remoto ha deciso di non rispondere alle domande del gip. Ordinanza di custodia cautelare anche per Andrea Manna e Vincenzo Troncone.
I verbali dell’ex boss scissionista Salvatore Torino
Ad incastrare Sequino è stato proprio l’ex boss scissionista Salvatore Torino ‘o gassusar, colui che da Miano aveva tentato la scalata alla Sanità:«Il mandante fu Sequino, organizzò tutto insieme a Vincenzo Troncone mentre Andrea Manna fungeva da palo A sparare fu Faustino Valcarenghi».
La guerra alla Sanità
Una partita di droga non pagata. Fu questa l’origine della guerra che insanguinò il rione Sanità agli inizi degli anni Duemila. Guerra tra i Misso e il gruppo di Salvatore Torino. A rivelare ai magistrati l’origine di quella faida è stato tempo prima Michelangelo Mazza:«Ricordo che ci fu una lite che mio cugino Giuseppe ebbe con Salvatore Torino in ragione di un suo debito di 200mila euro quale mancato pagamento per una parte della fornitura di 50 chili di cocaina che Salvatore Torino aveva preso dagli scissionisti di Secondigliano e che aveva distribuito a tutti. Tutti avevano pagato tranne mio cugino Giuseppe… Voglio precisare che questa distribuzione di cocaina avvenne durante quei 20 giorni in cui io rimasi detenuto poiché io non lo avrei permesso; infatti ciò era in contraddizione con il nostro impegno a mantenerci neutrali tra gli ‘scissionisti ‘ e i Di Lauro… Salvatore Torino venne a parlare con me per risolvere questo problema ed io compresi che egli sarebbe stato disponibile anche a non rientrare dei soldi se mio cugino fosse andato a chiarirsi con lui ma mio cugino, pur sollecitato da me, non volle andare. Per risolvere la tensione subentrarono i Lo Russo».
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