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venerdì, Marzo 29, 2024
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Omicidio Di Pede, la Cassazione salva il boss Salvatore Fido

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Omicidio Di Pede, l’inchiesta si sgretola definitivamente. La mazzata finale arriva dalla Cassazione  che, accogliendo le tesi degli avvocati di Salvatore Fido, ha dichirarato inammissibile il ricorso della Procura contro la pronuncia del tribunale del Riesame che aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per insussistenza di prove a carico del boss dei Mazzarella. Gli ermellini hanno dunque accolto in pieno le argomentazioni del legali dell’uomo, gli avvocati Leopoldo Perone e Domenico Dello Iacono.

Il Riesame aveva annullato l’ordinanza contro Fido lo scorso marzo

Lo scorso marzo ebbe del clamoroso la decisione del tribunale del Riesame di Napoli (X sezione) chiamato a pronunciarsi sull’ordinanza di custodia cautelare che un mese prima era stata emessa nei confronti di Salvatore Fido, pezzo da novanta e negli ultimi anni ‘reggente’ del clan Mazzarella, in riferimento all’omicidio di Vincenzo Di Pede, assassinato il 25 agosto del 2012 in corso Protopisani a San Giovanni a Teduccio mentre si trovava in scooter in compagnia della giovane fidanzata. Un omicidio che già all’epoca fu inquadrato come il punto di non ritorno dello scontro tra i Mazzarella e i Formicola-Silenzio del ‘Bronx’ di San Giovanni. Il Riesame ha così annullato l’ordinanza eseguita dalla Mobile nei confronti di Fido.

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Cadute le accuse del collaboratore di giustizia Umberto D’Amico

A coinvolgere Fido come mandante di quel delitto era stato Umberto D’Amico che aveva rivelato agli inquirenti che lo stesso Fido, conosciuto negli ambienti criminale con l’appellativo di ‘o Chio, gli aveva rivelato il proprio coinvolgimento in quel delitto mentre i due scontavano una comune detenzione dietro le sbarre del carcere di Terni:«Il mandante dell’omicidio di Vincenzo Di Pede, per il quale sono stati già condannati Gudagnuolo e Russo, è stato commissionato da Salvatore Fido. Fido mi raccontò mentre eravamo in carcere a Terni che aveva commissionato l’omicidio perché “Enzuccio ’a miseria” andava sotto casa sua a dire parolacce e che i Mazzarella non erano più nessuno. Non mi raccontò la dinamica, ma mi disse solo che la pistola fu procurata dallo zio perché Rosario Guadagnuolo non l’aveva. Non mi disse se aveva dato un compenso ai killer, ma che pagava a Guadagnuolo l’avvocato e gli passava una retta al mese tramite sua moglie». A sostegno di quelle dichiarazioni D’Amico fece notare agli inquirenti come tra lui e Fido vi fosse all’epoca un rapporto di profonda amicizia e che dunque le sue dichiarazioni rispecchiavano un’atavica conoscenza dei fatti di mala di Napoli est. Non l’ha pensata così il Riesame che ha invece annullato l’ordinanza a carico di Fido accogliendo in pieno le argomentazioni dei difensori di Fido (gli avvocati Leopoldo Perone e Domenico Dello Iacono). I legali di Fido hanno di fatto smontato l’affidabilità del collaboratore di giustizia evidenziando che «in ordine alla posizione di tale collaboratore di giustizia – colui il quale
asserisce di aver ricevuto la confessione da parte dell’odierno indagato circa la presunta partecipazione del predetto all’omicidio in contestazione – si addensano, contrariamente a quanto sostenuto dal G.I.P., non poche perplessità sotto il duplice profilo dell’attendibilità soggettiva ed oggettiva tenuto conto da un lato della circostanza che il D’Amico è un collaboratore le cui dichiarazioni non hanno ancora ricevuto uno scrutinio giudiziale positivo in termini di attendibilità ed affidabilità nonché dall’altro del dato neutro emergente proprio dal portato dichiarativo offerto il quale si palesa ictu oculi assolutamente generico in quanto privo di quel connotato di specificità che deve indispensabilmente sorreggere una fonte dichiarativa accusatoria».

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