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giovedì, Aprile 25, 2024
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«Questo ragazzo dà fastidio», il pentito Puzio racconta il primo omicidio per i Moccia

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Michele Puzio è l’uomo che sta raccontando ‘da dentro’ il sistema criminale dei Moccia di Afragola. In questi mesi ha riempito pagine e pagine di verbali in cui ha svelato retroscena inediti, gli affari del clan e parlato dei delitto che hanno interessato il gruppo di Afragola. Puzio ha raccontato del suo ingresso nel gruppo e di come sia giunto a commettere il primo omicidio. «Ho iniziato a conoscere gli esponenti e gli affiliati del clan Moccia dal 1998/1999 e ho iniziato a fare estorsioni. Allora mi convocò Salvatore Scafuto poiché mi vedeva come un ragazzo “sveglio” e mi fece conoscere Giuseppe Orlando, cognato di Francesco Favella. Poi accade una cosa strana, nel senso che non me l’aspettavo. Mi fece incontrare con tale Vincenzo Raucci, il quale mi disse, poiché ero un ragazzo sveglio, che mi avrebbe fatto conoscere Luigi Moccia. Io gli risposi che per me era un piacere, un onore. Poteva essere
l’anno 2001 o 2002. Di preciso non ricordo. Mi sono incontrato nel loro garage, inteso di Luigi Moccia, ad Afragola. Quell ‘incontro per me era un incontro piacevole. Ero all ‘interno, vicino alla casa del custode. Io ero sul marciapiede quando arrivò Luigi Moccia  da dietro la casa del custode. Raucci detto ‘o minorenne, mi presentò a Luigi Moccia, il quale mi diede,
nell’occasione, un buffetto, sorridendomi. Da quel giorno io iniziai a fare estorsioni. Dopo un po’ di tempo Luigi Moccia mi mandò a chiamare. Mi disse che c ’era un ragazzo che stava dando fastidio a delle persone a Candito o Carditello. Mi disse che più di una
volta lo avevano avvisato, ma lui, questo ragazzo, continuava a disturbare
imprenditori amici di Moccia aveva iniziato a infastidirsi, perché questi imprenditori si lamentavano con lui. Luigi Moccia quindi, con un gesto anche della testa mi disse che il ragazzo doveva essere ucciso. Questo ragazzo che si chiamava (omissis) lo uccisi io personalmente unitamente a (omissis)». Luigi Moccia non risulta indagato in relazione a queste dichiarazioni di Puzio che necessitano di riscontri oggettivi.

L’omicidio di Immacolata Capone raccontato da Puzio

Sono state le dichiarazioni di Michele Puzio, ex colonnello dei Moccia, a svelare agli inquirenti mandanti ed esecutori dell’omicidio di Immacolata Capone. La donna pagò con la vita l’esser considerata mandante dell’omicidio del marito Giorgio Salierno, a sua volta fiduciario dei vertici dell’organizzazione. La donne, imprenditrice nel settore movimento terra, uccisa a Sant’Antimo nel 2004. Per quel delitto (e per quelli di Mario Pezzella e Aniello Ambrosio) questa mattina i carabinieri del Ros di Napoli e del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e gli uomini della squadra mobile di Napoli hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse, nell’ambito delle indagini svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, dal gip del tribunale di Napoli. Puzio ha svelato il contesto in cui maturò il delitto spiegando al procuratore aggiunto Rosa Volpe come e perchè la Capone fu condannata a morte. Il gip ha ritenuto l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per il concorso materiale o morale nell’omicidio, nei confronti di altri appartenenti apicali del clan Moccia, Filippo IazzettaFrancesco Favella e Giuseppe Angelino.

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Imma Capone uccisa in una polleria a Sant’Antimo

«L’omicidio è stato commesso perché la donna era ritenuta la mandante dell’omicidio di suo marito Giorgio. Su quest’omicidio però dopo ho saputo un’altra cosa. L’omicidio di Imma Capone è stato commesso da me e (omissis), e fu preceduto da un primo tentativo non andato a buon fine». Un appuntamento solo rimandato:«A Sant’Antimo notammo la sua auto in una traversa. Scesi e notai Imma Capone che usciva dal bar con un signore. Io la conoscevo perché era un’imprenditrice e ci ave va fatto fare qualche estorsione, ci indicava i cantieri dove poterle fare. Uscita dal bar, le andai incontro sparandole addosso ma

senza colpirla. Si rifugiò in una polleria e lì le sparai. Nel correrle dietro persi il cappellino che indossavo». Proprio questo particolare, ha spiegato Puzio, allarmò i vertici del clan che temevano che il suo uomo potesse essere identificato.

Un vigile fornì l’alibi a Puzio

Dopo 4-5 giorni mi sono incontrato con Filippo Iazzetta anch’egli preoccupato per il capellino che avevo perso. Iniziai a pensare come potermi trovare un alibi. Mi sono pertanto incontrato con un vigile urbano, tale…., tramite ……, fratello del titolare di un’agenzia di pompe funebri ad Afragola. Non conoscevo il vigile prima di incontrarlo a casa di Antonio Maldarelli. Il vigile munito di blocchetto per le multe e mi chiese cosa mi occorresse. Gli dissi che mi serviva una contravvenzione per un’infrazione commessa a Casoria, alle 17,15 circa, del giorno dell’omicidio Capone. Indicai però solo il giorno di mio interesse. Il vigile compilò il verbale e me ne diede una copia dopo la mia sottoscrizione».

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