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venerdì, Maggio 3, 2024
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Test del Dna per scoprire la paternità del figlio, la deputata di Fratelli d’Italia spiega il perché

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Con l’intento di inibire commenti e presupposizioni ambigue e falsate rispetto allo stile della propria vita personale la deputata di Fdl, Rachele Silvestri, ha dovuto sottomettersi ad una pratica poco piacevole. La donna ha sottoposto il figlio di soli 3 mesi al test del DNA dopo l’accusa che il bambino non fosse del compagno.

Le motivazioni del test

Con l’intendo di sventare il flusso di menzogne delle malelingue, la deputata di Fdl, Rachele Silvestri, ha acconsentito ad una procedura per svincolarsi da calunnie varie. La procedura in questione prevedeva la sottoposizione del figlio di soli tre mesi al test del DNA. L’intento era quello di accertarne la paternità smentendo coloro che affermavano che la deputata avesse intrattenuto una relazione segreta con un collega del suo stesso partito. Rachele Silvestri, però, nonostante si sia impegnata a dimostrare ad altri qualcosa a cui non era tenuta ha deciso di raccontare tramite una lettera quello che ha dovuto affrontare.

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La lettera della mamma

“Non ho avuto possibilità di scelta. Ho dovuto sottoporre mio figlio Valentino di soli tre mesi ad un test del DNA. Ovviamente ciò ha accertato che il padre del bambino fosse proprio Fabio, il mio compagno. Ci tengo a specificare che non avevo il minimo dubbio rispetto all’esito. La motivazione per cui l’ho fatto non è quindi consuetudinaria. Immagino che vi chiederete perché quindi abbia deciso di farlo e di estendere la notizia ai giornali”. Esordisce la mamma, Rachele Silvestri.

“La verità vi lascerà indignati. Le persone rendono la realtà imparagonabile e assurda rispetto alla più briosa fantasia. Perché affermo questo? Una persona cara mi ha informato del fatto che giravano strane voci. Mi veniva imputato che il mio bambino non fosse figlio del mio compagno ma di un politico influente di Fdl, a sua volta sposato. Oltre ad accusarmi di aver mantenuto segreta una relazione clandestina si diceva che la mia candidatura derivasse da questo rapporto”. Questa la dura verità che spiega le ragioni del test.

La calunnia

“Non riesco ancora a capacitarmi di come certe frasi posano essere dette con una simile facilità. Non è necessario essere donna per comprendere quanto questi atteggiamenti siano intollerabili e dolorosi. E’ una vergona. Un’ umiliazione a cui nessuna persona dovrebbe essere sottoposta. Il dono della procreazione viene strumentalizzato, calpestato e violato insieme al corpo di una donna. Tutto questo si estende su chi non ha la minima colpa di ciò che accade. Un bambino di soli tre mesi deve affrontare situazioni così scomode. Sono stata costretta a sottoporlo al test per tutelate la verità e il mio amato compagno. Mi auguro che si possa scoprire il prima possibile l’artefice della calunnia e i suoi complici. Confido che quando saranno scovati nessuno sia indulgente nei loro confronti”. Così Rachele Silvestri conclude la sua lettera.

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