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venerdì, Aprile 26, 2024
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«Ti taglio tre dita e le porto a tua madre», il racconto dell’operaio rapito a Scampia da tre clan

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«Una volta legatomi mi hanno chiuso dentro un piccolo locale. Su un banchetto davanti a me c’erano un coltello e quatto pistole tutte di colore scuro, una piccola e un’altra di grandi dimensioni. Dopo aver posato coltello e pistole il soggetto con il jeans e il giubbotto di colore grigio mi riferiva queste testuali parole in dialetto napoletano:’Ora ti taglio tre dita e gliele porto a tua madre. Poi se tua madre ha chiamato le guardie con queste pistole ti prendiamo e ti spariamo’». Inizia così il racconto agghiacciante dell’operaio Stefano Pettirosso, rapito un anno fa da tre gruppi criminali dietro riscatto. Nei giorni scorsi gli imputati nel processo incentrato proprio su quel rapimento, hanno offerto una provvisionale di 40mila euro. Soldi accettati dalla controparte nonostante non vi sia stata da parte degli imputati nessuna confessione vera e propria (leggi qui l’articolo). La testimonianza della vittima è importante non soltanto a livello processuale ma anche perchè evidenzia gli accordi tra gruppi diversi.

L’accordo tra tre clan dietro il sequestro Pettirosso

«Venivo poi perquisito dal soggetto con jeans e giubbotto grigio che prendeva dalla tasca i 1100 euro. Soldi che avevo prelevato poco prima dal Banco di Napoli più altri soldi che avevo nel portafogli. Un centinaio di euro, lasciandomi solo 5 euro e dicendo testualmente:’Tieni qua stanno 5 euro, li usi domani per farti il panino’. In quel preciso istante avevo conferma di essere rimasto vittima, insieme alla mia famiglia, di un sequestro di persona e che i soggetti avevano chiesto un riscatto». Alla fine, dopo una trattativa con la famiglia, i sequestratori, dall’iniziale richiesta di 50mila euro si ‘accontenteranno’ di 40mila euro.

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I sequestratori guidati dal reggente degli Amato-Pagano

Un sequestro lampo con il 30enne, avvicinato da due moto e rapito in via Santa Maria a Cubito e portato nella villa comunale di Chiaiano. In quella circostanza uno degli arrestati, Stefano De Fraia (indicato come vicino al gruppo Cifrone della parte alta di Miano) gli avrebbe proferito queste parole:«Sei il figlio di Lelluccio?Devi venire con noi che dobbiamo fare un’imbasciata a tuo padre». Da lì sarebbe stato poi affidato a Gennaro Caldore che guidava il gruppo dei sequestratori insieme a Salvatore Roselli Nunzio Pecorelli, a capo di un gruppo attivo proprio a Chiaiano.

Nel gruppo anche ras della Vanella Grassi e della mala di Miano

Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare figurano anche personaggi coinvolti nel recente maxi blitz contro la Vanella Grassi. Tra essi Emanuele Mincione, cognato del ras Vincenzo Spera indicato come l’uomo designato dal boss Salvatore Petriccione a guidare il sodalizio divenuto un ‘mostro a tre teste’ (fazione Spera, fazione Grimaldi e gruppo Angrisano). In quel blitz erano rimasti coinvolti anche Nunzio PecorelliGiovanni Strazzulli e Nico Grimaldi. Al sequestro hanno preso parte inoltre anche soggetti un tempo orbitanti nel clan Lo Russo come il già citato Stefano Di Fraia indicato dalle ultime informative come componente attualmente del gruppo Cifrone, quello stanziale nella parte alta di Miano e protagonista negli ultimi tempi di una guerra contro la fazione Balzano-Scarpellini-D’Errico.

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