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venerdì, Marzo 29, 2024
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Violenze in carcere, «Beviti l’acqua del cesso»: l’orrore della cella numero 13

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«Oggi appartieni a me, sono io che comando, sono lo Stato. Comando io oggi». Inizia con queste frasi il Calvario di uno dei detenuti della cella 13 del Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, un particolare agghiacciante contenuto nelle oltre duemila pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Egle Pilla in merito alle violenze nel carcere sammaritano nell’aprile del 2020. Uno dei tanti episodi contestati a più di 100 agenti della polizia penitenziaria e funzionari del Dap. Nella maxi ordinanza di custodia cautelare si evince che uno dei detenuti del Reparto Nilo fu accerchiato da più di quindici agenti.

L’orrore della cella numero 13

Come ricostruito dal gip «Prima gli agenti lo accerchiavano e lo percuotevano violentemente con colpi al capo e al corpo, sferrati con manganelli e a mani nude». Quindi «con forza lo trascinavano fino all’ingresso delle scale» e di nuovo «lo percuotevano al capo e al corpo con manganelli e mani nude». Il detenuto, ormai sfinito dai colpi, riesce a raggiungere i compagni ed è in questo momento che la brutalità si manifesta in tutta la sua evidenza. Un compagno di cella chiede agli agenti una bottiglietta d’acqua per far riprendere l’uomo. Uno degli agenti rispose: «Beviti l’acqua del cesso».

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Violenze in carcere. Ex detenuto sulla sedia a rotelle:«Anche la direttrice col manganello»

«Non posso ripensarci, vado al manicomio. Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli, anche la direttrice». Sono le parole con cui Vincenzo Cacace, ex detenuto sulla sedia a rotelle nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ricorda il pestaggio da parte della polizia penitenziaria avvenuto lo scorso aprile. «Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme con il mio piantone perché sono sulla sedia a rotelle – racconta -. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità ma l’abbiamo mantenuta. Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali».

Violenze in carcere: la comunicazione della perquisizione straordinaria

«Hai fatto benissimo»: così l’ex direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) Francesco Basentini risponde, via chat, all’amministratore delle carcere della Campania Antonio Fullone che lo informa di avere disposto la “perquisizione straordinaria” del 6 aprile 2020 durante la quale si è scatenata la violenza della polizia penitenziaria contro i detenuti del reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). Agli atti dell’indagine su quella che il gip Sergio Enea definisce “un’orribile mattanza”, figurano anche le chat estrapolate dai cellulari sequestrati agli indagati: agenti, graduati e funzionari. «Buona sera capo – scrive Fullone sulla chat con la quale tiene in piedi la comunicazione con il direttore del DAP -, è in corso perquisizione straordinaria, con 150 unità provenienti dai nuclei regionali (oltre il personale dell’istituto)… Era il minimo per riprendersi l’istituto… il sicuro ritrovamento di materiale non consentito ci potrà offrire l’occasione di chiudere temporaneamente il regime… il personale aveva bisogno di un segnale forte e ho proceduto così…». L’ex responsabile del Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria risponde: «Hai fatto benissimo». Secondo quanto ha reso noto il procuratore Maria Antonietta Troncone durante la conferenza stampa di lunedì scorso, l’ex capo del Dap sarebbe stato informato della conclusione della “perquisizione straordinaria”.

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