Finiranno nell’inceneritore di Acerra i sei milioni (e più) di ecoballe stipate sulle piazzole dei tanti siti e provvisori allestiti in questi anni. Lo ha deciso il presidente del consiglio Romano Prodi con un’ordinanza datata 20 febbraio e pubblicata sulla gazzetta ufficiale di venerdì. Un’ordinanza che ha già scatenato gli amministratori di Acerra che hanno già annunciato di essere pronti a rivolgersi alla Procura e al presidente Napolitano. Il destino delle ecoballe è uno dei punti caldi di quell’emergenza infinita che ha travolto la Campania. Quelle prodotte fino al 2005 sono state prima cedute dalla Fibe alle banche a garanzia dei finanziamenti richiesti e poi sequestrate dalla magistratura. Quelle prodotte successivamente appartengono, invece, al commissariato per l’emergenza rifiuti. Gli impianti di cdr realizzati dalla Fibe, infatti, dovevano produrre un «combustibile di qualità», ma (lo hanno sostenuto i pm Noviello e Sirleo e il gip Rosanna Saraceno nelle ordinanze che hanno portato venerdì al rinvio a giudizio del presidente della regione Antonio Bassolino e di altri 27 imputati), quella che esce dagli impianti di cdr è spazzatura tritata. Il materiale prodotto dai cdr doveva avere per contratto al massimo il 15 per cento di umidità. Il decreto Ronghi prevede una percentuale del 25 per cento. La spazzatura che esce dai cdr supera il 30 e quindi non poteva essere bruciata senza modificare la norma. Ed è questo che ha fatto Prodi nella sua ordinanza. Ciononostante il problema non è del tutto superato: ad Acerra si possono bruciare circa 1.400 tonnellate di combustibile al giorno, 450mila tonnellate all’anno. Per smaltire tutte le ecoballe accumulate ci vorrebbero circa dodici anni. Ma per il momento l’ordinanza ha avuto un altro e immediato effetto. Quello di mobilitare l’amministrazione acerrana. E non solo. Il sindaco di Espedito Marletta, ha già chiesto un incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «È di una gravità inaudita – ha spiegato il primo cittadino – che si cambi la tipologia e la natura dei rifiuti con leggi che arrivano, poi, quando il governo è ormai finito». E l’assessore all’ambiente, Andrea Piatto, annuncia: «non ci resta che informare la procura della Repubblica di Roma per tutti i reati ipotizzabili». E non basta. Secondo Piatto «Anche il giudice amministrativo ha sentenziato che ad Acerra si può bruciare solo il combustibile da rifiuto con le caratteristiche del decreto ministeriale del ’98, e che non sono possedute dalle ecoballe campane così come ha anche accertato la Procura di Napoli. Per superare tali vincoli l’Unione Europea impone una nuova valutazione di impatto ambientale e una nuova autorizzazione, perché bruciare le ecoballe è una modifica sostanziale dell’impianto». Secondo il senatore della sinistra arcobaleno, Tommaso Sodano, autore della denuncia che ha dato il via al procedimento già in corso, l’ordinanza Prodi sarebbe «un nuovo regalo non solo a chi si aggiudicherà la gara per l’inceneritore, ma anche alla Impregilo che è sotto processo a Napoli anche per la produzione di cdr non a norma». Il coordinatore della Sinistra Democratica Raffaele Porta parla di politica sciagurata. E il rappresentante di Forza Italia Ermanno Russo sostiene: «Non si capisce come un governo in carica per l’ordinaria amministrazione possa adottare dei provvedimenti così seri e pericolosi per la salute delle popolazioni della provincia napoletana». Chi protesta sottolinea che nel documento di valutazione di impatto ambientale si autorizza a bruciare solo combustibile di qualità, ma dall’altra parte della barricata si ricorda che l’impianto di Acerra è dotato di «camini» in grado di assorbire le sostanze inquinanti.
DANIELA DE CRESCENZO
Il Mattino il 04/03/08
Il processo
Non solo beni immobili, ma anche moneta sonante, soldi cash. Tre pagine, decine di allegati. Così la Regione batte cassa e lo fa con una richiesta di sequestro conservativo a carico dei ventotto imputati del processo rifiuti. Un’istanza depositata venerdì mattina al registro generale del Tribunale, ieri finita sulla scrivania del giudice Marcello Piscopo, che ha recentemente rinviato a giudizio il governatore della Campania Antonio Bassolino nel corso del processo rifiuti. L’istanza porta la firma dei due legali parte civile per conto della Regione, Roberto Fiore e Pino Vitiello, che chiedono un sequestro conservativo dei beni degli imputati. Ora il giudice dovrà valutare eventuale parere del pm e scrivere un provvedimento di sequestro, sulla scorta dell’ipotesi che qualcuno degli imputati si stia spogliando dei beni intestati. Un ulteriore passaggio nell’inchiesta sull’ex commissariato di governo per l’emergenza rifiuti e sulle società appaltatrici del contratto per la realizzazione di impianti di cdr e termovalorizzatori. Durissima la presa di posizione della Regione. Nell’istanza si parla di «capacità dissimulatoria» degli imputati, ma anche di «rischi di volatilizzazione dei capitali». Scrivono i due legali: «Si richiede il sequestro conservativo dei beni immobili e di tutte le somme depositate preso qualsiasi banca o istituto di credito, sotto forma di conto corrente, libretti di risparmio, libretti al portatore, a nome degli imputati, nonché somme o cose a loro dovute a qualsiasi titolo». Sotto accusa, oltre al governatore (commissario di governo dal 2001 al 2004), anche gli ex vicecommissari Raffaele Vanoli, Salvatore Acampora e Giulio Facchi, oltre a imprenditori del calibro di Piergiorgio Romiti e Armando Cattaneo. Per tutti i 28 imputati viene chiesto il sequestro di beni immobili (l’elenco spazia dalle case di proprietà alle ville al mare), ma anche il «vincolo cautelare» delle retribuzioni vantate da enti pubblici o società private per chi non ha beni immobili intestati. I due curatori si spingono a valutare anche la condotta degli imputati, alla luce delle conseguenze subite dal territorio e dall’immagine della Regione. Scrivono i due rappresentanti di Palazzo Santa Lucia: «Il provvedimento richiesto va ricondotto al gravissimo nocumento che ha subito la regione Campania, a causa della molteplicità delle condotte delittuose ascritte agli imputati». Nell’istanza sottoposta all’attenzione del giudice, viene richiamata l’attenzione «ai ruoli di vertice ricoperti dagli imputati presso gli enti e le società coinvolte», vista anche «la capacità non comune nel porre in essere una complessa attività delittuosa le cui conseguenze hanno devastato settori essenziali della vita pubblica e del vivere civile». A replicare alla richiesta di sequestro, sono stati i penalisti Andrea Garaventa, Stefano Montone e Luigi Tuccillo, difensori di alcuni esponenti delle società sott’accusa: «Non c’è prova che gli imputati si stessero spogliando dei beni – è uno degli argomenti sostenuti -, né è possibile confondere il ruolo individuale con quello di esponente di una società».
LEANDRO DEL GAUDIO
Il Mattino il 04/03/08
Ultimatum Ue, stanotte scade il termine
L’Italia ha ancora un giorno di tempo, fino alla mezzanotte di oggi, per rispondere alla richiesta di parere motivato inviata dalla Commissione europea per il caso dei rifiuti di Napoli. Lo ha precisato ieri il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. Poco dopo, il dipartimento delle politiche comunitarie ha reso noto che «la risposta dell’Italia al parere motivato, predisposta dal commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Campania, prefetto Gianni De Gennaro, sarà inviata, come previsto, entro la scadenza fissata del 4 marzo». «Ho chiesto alla rappresentanza italiana a Bruxelles – aveva detto Pecoraro Scanio – in quanto il commissario Ue all’ambiente Stavros Dimas mi aveva chiesto notizie, e mi è stato assicurato che il termine per la risposta scade il 4 marzo. Il ministro alle politiche comunitarie Emma Bonino sta preparando la risposta: il ministero all’Ambiente è stato bypassato, essendoci un commissario» ha riferito Pecoraro Scanio. La rappresentanza italiana a Bruxelles ha detto che il mese di tempo utile per rispondere «parte dalla data del timbro di ricevimento» della richiesta al paese interessato. La precisazione del ministro era arrivata in replica alla presa di posizione di Bruxelles. «La Commissione europea non ha ancora ricevuto la risposta al parere motivato, richiesto nell’ambito della procedura aperta verso il governo italiano per i rifiuti di Napoli – aveva affermato in mattinata una portavoce dell’esecutivo europeo I nostri servizi non hanno ancora ricevuto la risposta al parere richiesto all’Italia, ma questo non significa che non arriverà alla fine della giornata. Aspettiamo e vediamo. È anche nell’interesse delle autorità italiane muoversi rapidamente». Il 31 gennaio scorso la Commissione europea aveva inviato alle autorità italiane un «parere motivato», seconda tappa della procedura di infrazione Ue – avviata nei confronti dell’Italia il 27 giugno scorso per la mancata applicazione della direttiva sui rifiuti del 2006 – che prelude al deferimento alla Corte di giustizia europea.
Il Mattino il 04/03/08