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Appalti, così i soldi per l’Alifana finiscono nelle casse dei clan

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Tangenti ai casalesi e ad altri clan, tra il 1989 ed il 2004, da parte delle ditte impegnate nella realizzazione della ferrovia Alifana. Secondo quanto scrivono i magistrati nelle ordinanze di custodia cautelare emesse martedì scorso, gli estorsori sarebbero stati Francesco Bidognetti, Dario De Simone, Giuseppe Mallardo, Nicola Panaro, Francesco e Vincenzo Schiavone, Vincenzo Zagaria. A pagare – l’ipotesi degli inquirenti – i consorzi di imprese Ascosa 3 e Ascosa 4 e varie imprese in subappalto. Consorzi tuttora impegnati nella realizzazione dell’opera, in qualità di vincitori dell’appalto della Regione, che controlla al 100% l’Ente Autonomo Volturno, socio unico della ferrovia. Fulvio Martusciello, consigliere regionale di Forza Italia, chiede dunque lo scioglimento dei contratti. Dice: «È chiaro che i soldi della Regione sono serviti per pagare la camorra. Ci aspettiamo provvedimenti forti quali il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, la rescissione degli accordi in corso, fatti salvi i lavoratori, l’espulsione da ogni associazione imprenditoriale per coloro i quali sono scesi a patti con la camorra». In teoria, lo strumento per colpire gli imprenditori che si piegano al pizzo e non denunciano esiste già. All’inizio del 2005 la Regione Campania ha infatti sottoscritto il protocollo di legalità con Renato Profili, all’epoca Prefetto di Napoli. Tra l’altro, all’articolo 3, palazzo Santa Lucia si fa carico di includere nei propri bandi di gara, per importi pari o superiori a 250.000 euro, una clausola anti pizzo. È quella in base alla quale ogni impresa che presenti un’offerta si impegna a denunciare alla magistratura od alle forze dell’ordine ed alla Regione(impresa appaltante) «ogni illecita richiesta di denaro, prestazioni od altra utilità ad essa formulata prima della gara o nel corso dell’esecuzione dei lavori».

L’arsenale trovato in un covo di camorra
Quel protocollo d’intesa è stato pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione a febbraio 2005 e perciò non sarebbe servito a contrastare il pizzo sull’Alifana, che, secondo i magi-strati, è stato riscosso fino al 2004. In ogni caso, ad oggi, è poco più che una dichiarazione d’intenti. Riferisce infatti Tano Grasso, il presidente della Fondazione Antiracket Italiana: «Il protocollo è stato applicato, ma ha il limite dei tempi lunghi necessari ad accertare un’acquiescenza eventuale delle imprese agli estorsori. Occorrono anni prima che si giunga ad una sentenza almeno di primo grado, che tra l’altro colpisce chi pretende il racket, non chi lo paga». Di qui la proposta, contenuta nel disegno di legge sulla sicurezza in itinere, di adottare provvedimenti più incisivi. «In particolare», prosegue Tano Grasso,«sarà il Prefetto, con un provvedimento a carattere amministrativo, a stabilire se ci sia una situazione di effettiva acquiescenza degli imprenditori vincitori di appalto pubblico nei confronti degli estorsori. Nel qual caso la ditta potrà essere esclusa dalla partecipazione ai bandi pubblici per vari anni». Intanto, però, palazzo Santa Lucia fa i conti con una realtà sconfortante ed allarmante e continua a finanziare ditte che, secondo i magistrati, hanno pagato per anni la camorra.
«Fare luce al più presto e definitivamente sui presunti episodi di racket ai danni di imprese coinvolte nei lavori della nuova linea Alifana». È quanto auspica l’assessore regionale ai Trasporti, Ennio Cascetta, «ringraziando e sostenendo con forza la meritoria azione delle forze dell’ordine e della magistratura nel difficile compito di contrasto alla criminalità organizzata, in un settore tanto delicato come quello delle opere pubbliche». «Per quanto ci riguarda – precisa Cascetta – tutte le opere realizzate e in corso, compresa la nuova Alifana, sono garantite dal Protocollo di Legalità, al quale anche l’EAV (Ente Autonomo Volturno), che coordina i lavori, ovviamente aderisce. Per questo già oggi su questa vicenda abbiamo subito inviato una lettera urgente al Prefetto di Napoli, nella quale confermiamo la nostra più ampia disponibilità e collaborazione, nei limiti – naturalmente – delle nostre competenze». «Voglio ricordare – sottolinea poi Cascetta – che i lavori della nuova Alifana risalgono agli anni ’80, e sono stati interamente finanziati con fondi statali e gestiti dal Ministero dei Trasporti fino a pochi mesi fa per la parte Piedimonte Matese-Teverola, e fino al 2003 per la tratta Aversa-Piscinola. Per quest’ultima tratta, in particolare, i cantieri non furono mai portati a termine, e si fermarono nel 1984, lasciando gallerie, stazioni e parcheggi in stato di completo abbandono, con uno spreco di risorse di circa 500 miliardi di vecchie lire e con contenziosi aperti con le ditte. Solo nel 2003, grazie al trasferimento dell’opera dal Ministero alla Regione, la situazione si è finalmente sbloccata: il progetto originario di semplice adeguamento di una vecchia ferrovia è stato completamente trasformato in realizzazione di una nuova e moderna linea del sistema di metropolitana regionale. Nel 2005 (dopo ben ventun’anni di stop) è stata aperta al pubblico la prima tratta Piscinola/Scampia-Mugnano, mentre a marzo prossimo aprirà anche quella fino ad Aversa. Per raggiungere questi risultati, è stato fatto un intenso lavoro per superare le difficoltà, chiudere i contenziosi e reperire i fondi (europei, statali e regionali) necessari al completamento dei lavori. In particolare, i fondi gestiti direttamente dalla Regione sono stati impiegati a partire dal 2006».


Fabrizio Geremicca – Corriere del Mezzogiorno 2 ottobre 2008

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