C’è una tipografia nei beni confiscati ai clan che dovrebbero ospitare la futura sede della Procura annessa al Tribunale. Un contenzioso tra l’agenzia del Demanio e gli imprenditori sulla notifica dello sfratto blocca la liberazione dei locali che, assieme all’ex concessionaria, dovrebbero comporre l’atteso palazzo di giustizia sulla Circumvallazione esterna. I ritardi della realizzazione ritornano periodicamente al centro del dibattito politico diventando motivo di polemica tra le amministrazioni che si succedono. Un balletto di responsabilità che si trascina da dieci anni e che ora trova come maggiore ostacolo il mancato finanziamento dell’opera. La settimana scorsa da Giugliano è partito l’ennesimo Sos al governo per chiedere risorse per un’opera che sembrava cosa fatta dopo la sigla in Regione di un’intesa con l’allora ministro Mastella. Poi, sono arrivati lo scandalo in Regione, con l’arresto dei rappresentanti istituzionali che seguivano il progetto e, infine, il mancato accoglimento della richiesta di finanziamento con il Pon Sicurezza per la ristrutturazione degli immobili. «Il piano non è stato accolto perché non abbiamo avuto la possibilità di presentare un progetto esecutivo e cantierabile, ma solo un preliminare – spiega Lucia Rea, direttore del Consorzio Sole che gestisce i beni confiscati – Abbiamo fatto del nostro meglio, lavorando di concerto con i tecnici del ministero e l’amministrazione comunale, ma non abbiamo potuto effettuare i rilievi in tutta l’area perché parte degli immobili non sono stati ancora liberati». Su questa questione a metà mese verrà convocato un tavolo tecnico in Regione, su iniziativa del Consorzio Sole. Intanto al pianterreno della palazzina alle spalle della sede della guardia di finanza, c’è ancora una tipografia al lavoro. «Come amministrazione, tentammo di sbloccare la vicenda offrendoci di trovare dei locali in sostituzione di quelli in uso nel parco Ammaturo – spiega l’ex sindaco, attuale consigliere Pd all’opposizione, Francesco Taglialatela – Ma è stata una ricerca vana, perché allo stesso prezzo non è stato possibile reperire spazi adeguati in città». Nel frattempo, le risorse mancano. Per adeguare gli immobili sono necessari 20 milioni di euro. Dall’invio della delibera votata all’unanimità in Consiglio comunale non è arrivata nessuna risposta da Roma. Così dall’amministrazione comunale sollecitano il ministero della Giustizia. «Ho inviato una lettera a cui farà seguito una telefonata con la segreteria del ministro – dice il sindaco Giovanni Pianese – Contiamo di ottenere un tavolo tecnico per sondare ogni possibile strada per realizzare finalmente il Tribunale a Giugliano».
TONIA LIMATOLA
Alemi: il lavoro di quella zona ingolfa gli uffici di Napoli
di CRISTIANO TARSIA
«È una storia che parte da lontano, tipicamente napoletana. E da tempo paghiamo per quei ritardi». Carlo Alemi, presidente del Tribunale di Napoli, non entra nella questione dell’iter di istituzione del palazzo di giustizia di Giugliano, «perché non è compito mio, quello che però vorrei sottolineare è che noi a Napoli paghiamo le conseguenze». In che modo? «Nella metà degli anni ’90, quando furono istituiti i tribunali metropolitani, si decise, con legge apposita, di realizzare un tribunale a Giugliano. È cosa nota che furono anche nominati presidente Bochicchio e procuratore Mastrominico. Così come fu stabilita la pianta organica. Una ventina di magistrati, tra civile e penale, e il doppio di personale amministrativo. Tutte unità che sono rimaste sulla carta, dislocate in tutta Italia, mentre il carico di lavoro è reale e pende tutto sulle nostre spalle». Un carico bello grosso, quello del Giuglianese… «Non è una novità che è un territorio di frontiera, dove esistono delle problematiche serie, specialmente sul versante della criminalità. Del resto, proprio per la complessità del territorio si era deciso di realizzare un tribunale nel Giuglianese». Ma rinforzi a Napoli non sono arrivati, quindi, in tutto questo tempo? «Assolutamente no. Già due anni fa il Consiglio superiore della magistratura si occupò della questione, segnalando il caso al ministero della Giustizia». E le risposte? «Non ci sono state. Sinora non abbiamo mai ricevuto spiegazioni sul perché la nostra pianta organica non è stata adeguata alle reali esigenze. Tutto continua come prima». Ma per sbloccare la situazione come si dovrebbe fare? «Non è competenza mia. Avevo letto che doveva sorgere nel Parco Rea, confiscato alla camorra. Mi sembrava un’ottima soluzione, visto che si parla tanto dello Stato che si deve riappropriare delle proprie strutture sottraendole alla criminalità organizzata. E questo sarebbe stato un bel segnale. Poi questa strada è tramontata, non so bene per quale motivo, e dopo dieci anni stiamo ancora a parlare del nuovo tribunale di Giugliano ancora da realizzare».
IL MATTINO 7 OTTOBRE 2008