Un filo diretto tra controllore e controllati, tra Stato e camorra che spara. Un accordo economico che fruttava al maresciallo dei carabinieri uno stipendio di 500 o 1000 euro al mese, e in più telefonini di ultima generazione, computer portatili e altri oggetti di valore. Ne beneficiava Antonio Alluce, uno degli autori della stagione del terrore del clan dei Casalesi, e per lui il suo capo, Giuseppe Setola. Ma anche Mario Brancaccio, titolare del bar Tropical, che grazie ai favori del maresciallo gestiva in tutta tranquillità le macchinette del videopoker installate anni prima da Mario Iovine, cugino del «Ninno». Poteva anche tollerare, in tutta tranquillità, che nel locale e nel piazzale esterno venisse gestita da uomini del clan una lucrosissima attività di spaccio: lui era esentato dai controlli. Il ritratto che del maresciallo dei carabinieri Alfonso Bolognesi – 45 anni, di Pontecagnano Faiano, comandante della stazione di Pinetamare fino al 25 settembre scorso, arrestato la scorsa notte con l’accusa di corruzione aggravata dal favoreggiamento alla camorra così come il 54enne Mario Brancaccio – fa il pentito Oreste Spagnuolo è quello di un traditore, di una quinta colonna avida e cinica. Situazione imbarazzante e gravissima che sarà uno degli argomenti all’ordine del giorno, oggi, del comitato nazione per l’ordine e la sicurezza pubblica che si riunirà nel pomeriggio in prefettura, alla presenza del ministro dell’Interno Roberto Maroni, per la terza volta a Caserta in poche settimane. Bolognesi non si fa scrupolo di rivelare ad Alluce i nomi delle persone da arrestare – almeno due volte, è rilevato nel decreto di fermo della Dda di Napoli – e che grazie a lui si danno alla macchia. Si presta ad avallare un truffa assicurativa. Fa in modo che Luigi Ferrillo, uno dei due giovani arrestati per l’estorsione a Raffaele Granata, il titolare del lido La Fiorente ucciso a luglio, si consegni nelle sue mani per acquisire i meriti dell’operazione. Parla quasi ogni giorno con Alluce, e in una relazione di servizio lo indica come suo confidente. «Vende» il collega di Castelvolturno, Vincenzo Davide, indagato in un’altra inchiesta della Procura sammaritana, colpevole di aver invaso il suo territorio negandogli le informazioni necessarie ai suoi amici: è lui a fornire l’indiritto della Procura militare necessario ad Alluce e ai suoi per spedire la lettera anonima nella quale Davide viene accusato di cose che, in realtà, sono fatte da Bolognesi. Rivela segreti che servono a tutelare le indagini e i suoi colleghi del Nucleo operativo di Caserta. Riferisce Spagnuolo: «Alluce ci disse che aveva saputo dal maresciallo Bolognesi che funzionavano solo le seguenti telecamere: una all’altezza del bar Tropical di Castelvolturno, un’altra all’altezza del mobilificio Prezioso e una all’uscita di Castelvolturno. Tutte le altre non funzionavano. Bolognesi in cambio delle informazioni aveva avuto in regalo computer portatili, due telefoni Nokia di ultima generazione del valore di 400 euro cadauno comprati dal Tekno Service sulla Domiziana da Alluce su indicazione del maresciallo e altro». E non basta. «Alluce, ci fece sapere – continua Spagnuolo – che il maresciallo Bolognesi gli aveva riferito che i carabinieri di Caserta stavano là là per arrestare gli spacciatori che gestivano la piazza di spaccio del Villaggio Coppola per conto di Davide Granato (sfuggito al blitz del 10 ottobre scorso) e che dunque per un po’ di tempo doveva limitare la sua attività. Nell’ultimo fermo eseguito a settembre di Musciarella e altri (arrestati per l’estorsione al caseificio Ponte a Mare, ndr), Bolognesi non ci ha dato notizie anche perché, da quello che io so, già circolavano le voci su di una sua collusione con il nostro gruppo e anche perché l’arresto è stato effettuato dalla polizia». Le informazioni al gruppo di Alluce sono proseguite anche dopo il trasferimento di Bolognesi a Moncalieri, dove però non è mai andato. Lo stesso Alluce, Davide Granato e Luigi Tartarone, monitorati dai carabinieri fino a un’ora dal blitz del 10 ottobre, sono improvvisamente scomparsi dalla circolazione e sono tuttora latitanti.
ROSARIA CAPACCHIONE
Il Mattino il 30/10/08
Soldi e appartamenti il prezzo del disonore
Se e quando le accuse al maresciallo Alfonso Bolognesi saranno confermate, saranno accuse tali da spiegare, almeno in parte, la sfiducia dei cittadini verso lo Stato. Nel decreto di fermo è contestata la corruzione aggravata dal favoreggiamento alla camorra. La motivazione assomiglia di più a quella di un tradimento: della divisa, dell’istituzione, della legge. I collaboratori di giustizia dicono che era lui, il comandante della stazione dei carabinieri di Pinetamare – la zona della strage e degli agguati della stagione del terrore – la talpa che rivelava le operazioni in corso, i telefoni controllati, le microcamere o le microspie installate, l’aggiornamento della mappa delle telecamere della videosorveglianza effettivamente in pensione. In cambio di soldi, naturalmente, e mettendo a rischio non solo l’attività investigativa ma anche la vita dei colleghi. Prima delle dichiarazioni di Oreste Spagnuolo, che portano la data del 7 ottobre, erano state proprio alcune telefonate intercettate nei giorni della strage a far sospettare di lui. Il suo trasferimento al Battaglione carabinieri, a Moncalieri, risale a sette giorni dopo il massacro della lavanderia Ob Ob. Pochissimo tempo prima era stato trasferito a Casoria anche il maresciallo Vincenzo Davide, che comandava la stazione di Castelvolturno. Sarebbe indagato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere per corruzione: avrebbe intestato a un suo familiare la proprietà di una ventina di appartamenti. È il destinatario della lettera anonima scritta da Spagnuolo e indirizzata alla Procura militare di Napoli. Dice il collaboratore di giustizia: «Il maresciallo Davide dava fastidio sul territorio, non faceva il carabiniere ma ”faceva il camorrista”, agendo con scorrettezza. Calcava molto la mano nei nostri riguardi. Era una cosa che infastidiva molto le persone della zona e vi era una lagnanza generale sul territorio. Setola aveva anche pensato di costringerlo a un appuntamento per parlarci sfruttando una donna che – a suo dire – ce lo aveva in pugno, non so dire per quale motivo». L’indagine sui due sottufficiali che operavano nella zona di Setola segue di poco più di un anno l’allontanamento di altri quattro militari: comandante e vice della stazione di San Cipriano d’Aversa, due carabinieri del nucleo radiomobile di Casal di Principe. Gli ultimi due avevano fermato il figlio del superlatitante Antonio Iovine e l’avevano lasciato andare via senza sequestrargli l’auto, che guidava senza patente, e senza neppure fargli una contravvenzione. Singolare e gravissimo l’episodio che riguarda, invece, i marescialli Pasquale Molitierno e Antonio Mingolla. A giugno dello scorso anno avevano cercato di bloccare l’auto con a bordo Pasquale Zagaria e i suoi avvocati. Erano preceduti da due militari del Ros con i quali aveva trattato la costituzione. L’intenzione era quella di giocare d’anticipo e arrestarlo, facendo saltare l’operazione dei colleghi. Piano ascoltato in diretta dalla Dda di Napoli, che aveva intercettato quella conversazione, e stoppato appena in tempo. Sono stati trasferiti in Sardegna e a Milano. r.cap.
Il Mattino 30/10/08