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Casalesi-Cosa Nostra, patto per il tritolo. Inquirenti sulle tracce dell’esplosivo venduto a Setola

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Per il cratere di via D’Amelio ne furono impiegati dieci chili di più, un eccesso di potenza che rappresentava, per se stesso, una sfida allo Stato. Per la strage nella quale furono uccisi Paolo Borsellino e la sua scorta Cosa Nostra utilizzò, infatti, ben 60 chili di tritolo. Giuseppe Setola, il capo della fazione stragista del clan dei Casalesi, ne ha cinquanta chili e, probabilmente, ha pure il detonatore con telecomando che stava cercando quattro mesi fa. La provenienza dell’esplosivo, ipotizzano i magistrati della Dda di Napoli, potrebbe essere la stessa: la Sicilia. Ipotesi fondata sulla recente dichiarazione di un pentito palermitano, Gaspare Spatuzza, che era un killer dei capimafia Filippo e Giuseppe Graviano: a partire dal 1993, ha detto, Cosa Nostra ha inviato a Napoli grosse quantità di tritolo per saldare un accordo fra le cosche mafiose. Spatuzza racconta che dopo le stragi di Falcone e Borsellino, Cosa Nostra strinse un’alleanza con la camorra, tanto che al clan di Secondigliano venne inviato da Palermo un grosso quantitativo di tritolo da impiegare per attentati. Una pista che vale la pena di approfondire. E infatti i magistrati della Dda di Napoli, che indagano sulla provincia di Caserta e sulla stagione del terrore inaugurata il 2 maggio scorso proprio da Setola e dai suoi uomini, su questa vicenda hanno aperto un’inchiesta, parallela a quella sulla ricerca dei 50 chili di tritolo che sarebbero in mano al capo dei killer casalesi. L’obiettivo è quello di accertare se l’accordo fra i siciliani e i campani è ancora in piedi, anche per valutare se dalla Sicilia può ancora arrivare esplosivo. Nei prossimi giorni i magistrati andranno a interrogare Spatuzza, che ha ancora tempo fino al 23 dicembre per raccontare, secondo la legge sui collaboratori di giustizia, tutto quello che è a sua conoscenza. Gaspare Spatuzza ha raccontato ai magistrati che Cosa nostra sarebbe in possesso di grandi quantità di tritolo che ha distribuito oltre che alla camorra, anche alla ’ndrangheta. La polveriera della mafia, secondo Spatuzza, è nascosta in fondo al mare davanti alla costa fra la borgata palermitana di Sferracavallo e di Capaci. Si trova nei fondali dove vi sono decine di siluri inesplosi lanciati durante la seconda guerra mondiale. Secondo il dichiarante, da questi ordigni esperti subacquei avrebbero prelevato in passato diverse quantità di tritolo, e una parte di questo esplosivo è stato inviato al clan di Secondigliano a Napoli. Proprio su questa costa, nel 2001 la polizia di Stato ha trovato a Palermo 80 chili di tritolo e dieci detonatori sistemati dentro alcuni sacchi di plastica. Erano nascosti fra le rocce. Fuori dal proprio involucro il tritolo ha, infatti, l’aspetto di un masso. Indagine parallela, dicevamo, finalizzata ad accertare la provenienza dell’esplosivo in mano a Setola e non certo la sua destinazione. Anche prende sempre più piede l’ipotesi che sia destinato a «un grande botto» che faccia saltare in aria le costruzioni di uno degli imprenditori che lo hanno denunciato.


ROSARIA CAPACCHIONE

Il Mattino il 11/11/2008

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