Quasi un giorno intero alla divisione oculistica dell’ospedale Cardarelli. Con discrezione, gli uomini della Dia hanno chiesto al responsabile Pasquale De Rosa ed ai medici suoi stretti collaboratori cartelle cliniche e documentazioni sul ricovero di Giuseppe Setola, il super ricercato del gruppo bidognettiano del clan dei Casalesi che ha insanguinato il litorale domizio dallo scorso marzo. Due anni fa, Setola, allora detenuto a Santa Maria Capua Vetere, venne portato al Cardarelli. C’erano da verificare alcune precedenti consulenze di medici: ipotizzavano il pericolo che quel detenuto potesse diventare completamente cieco. Gli accertamenti oculistici non potevano essere eseguiti in carcere. Da qui il trasferimento a Napoli. All’ospedale Cardarelli. In quel momento, Setola era accusato di diverse estorsioni (nel 2004 era stato condannato a sette anni e sei mesi) e dell’omicidio di Genovese Pagliuca, il fidanzato di una ragazza vittima della passione omosessuale di Angela Barra, prima amante del boss Francesco Bidognetti, «cicciotto ’e mezzanotte». Al Cardarelli furono eseguiti accertamenti meticolosi, anche con sofisticate apparecchiature, sulla retina e il bulbo oculare. Chiara la diagnosi finale: Setola, allora in ascesa nell’ala bidognettiana della mafia dei Casalesi, sin da piccolo non vedeva più con l’occhio destro per un trauma. Un problema vecchio. Gli restava l’occhio sinistro che, stabilivano le conclusioni degli oculisti napoletani del Cardarelli, era in buone condizioni. Da qui, la sospensione del ricovero e il ritorno in carcere, con un parere medico diverso rispetto alle conclusioni dei primi consulenti. E proprio sulle iniziali diagnosi oculistiche su Setola, l’avvio di un’indagine della Dia, su delega della Procura distrettuale antimafia napoletana. Al Cardarelli, gli agenti hanno acquisito i dischetti con le registrazioni degli accertamenti eseguiti sugli occhi di Setola con le sofisticate apparecchiature oculistiche, insieme con le cartelle cliniche e le certificazioni dei precedenti esami medici. Ci fu chi attestò inesistenti pericoli per l’occhio sinistro? Su questo, l’inchiesta della Procura. Ma la fuga di Setola, l’otto aprile scorso, cominciò da una clinica oculistica di Pavia. Il capoclan era ormai detenuto in Lombardia. Anche allora, il trasferimento per gli accertamenti medici era stato preceduto da visite ed esami che lanciavano allarmi per l’occhio sinistro del detenuto. L’unico occhio da cui Setola ci vede, grazie al quale, secondo il pentito Oreste Spagnuolo, ha potuto partecipare alle azioni di morte degli ultimi mesi. Dalla fuga dalla clinica di Pavia, si è intensificata la cosiddetta «campagna di primavera», con omicidi di parenti dei pentiti e imprenditori che avevano denunciato i loro estorsori. È partita dunque l’inchiesta che servirà anche ad accertare se Setola ha potuto sparare senza difficoltà di vista. Nell’aula bunker Ticino a Napoli, invece, comincia oggi una mega-udienza preliminare dinanzi al gup Sergio Marotta sull’ala bidognettiana dei Casalesi. Riguarda un centinaio di imputati, in un procedimento che riunisce due indagini per estorsioni (come le richieste di pizzo alla clinica Pineta Grande di Castelvolturno) e omicidi. Tra gli imputati, oltre lo stesso latitante Setola, anche la moglie Stefania Martinelli, accusata di concorso per il tentato omicidio, il 25 marzo del 2000, di Raffaele Zippo, uomo ritenuto a Casal di Principe vicino al gruppo scissionista di Raffaele Cantiello. Quel tentativo di ucciderlo fallì, poi Zippo venne assassinato il 4 dicembre del 2001. Nel tentativo del 2000, Setola era nel gruppo di fuoco e aveva chiesto anche alla moglie di segnalargli se vedeva Zippo in giro a Casal di Principe. E in una intercettazione, la moglie Stefania gli dice: «L’ho visto al mercato». Da qui, l’accusa di concorso in tentato omicidio. L’udienza preliminare andrà avanti per diverse settimane, mentre si stringe la ricerca al latitante, considerato punto di riferimento per l’ala violenta dei bidognettiani in libertà. Dopo il vuoto provocato dagli ultimi arresti, Setola è diventato ormai il vero capo dei gruppi di fuoco. Incattivito da tempo per le accuse, che considera ingiuste, sull’omicidio di Genovese Pagliuca. Lui, diventato tra i principali ricercati nel clan dei Casalesi, ha sempre negato di aver compiuto quel delitto. Anche ai suoi fedelissimi.
GIGI DI FIORE
Il Mattino il 21/11/08

