Il medico di guardia che ha chiesto aiuto al 118. I due chirurghi del Primo Policlinico che hanno visitato Pasquale Carbone prima del trasferimento d’urgenza all’ospedale dei Pellegrini. L’ematologo chiamato, quel giorno, a eseguire il prelievo di midollo osseo. La Procura ha individuato il personale sanitario che ha assistito il pensionato di 63 anni nelle sue ultime ore di vita. L’autopsia, disposta dal pubblico ministero Valentina Romanetta, consentirà di stabilire le cause della morte di Carbone e di individuare, come chiedono i familiari del sessantatreenne, eventuali negligenze. Per ricostruire con esattezza le fasi del ricovero, i carabinieri ieri sono stati nel padiglione di Clinica medica dell’azienda ospedaliera universitaria, in piazza Miraglia. Dovevano acquisire la cartella clinica del paziente, ma non hanno trovato nulla. Il medico che era di guardia venerdì, quando la situazione è precipitata, ha parlato con i militari dell’Arma e ha chiarito il giallo: la documentazione era stata trasportata ai Pellegrini. Il professor Mario Verza ha spiegato di aver consegnato il diario clinico alla moglie del paziente al momento del trasferimento, affinché i colleghi dell’altro ospedale non dovessero ripetere indagini di cui erano già disponibili i risultati. «Ho fatto tutto quello che potevo fare», ha sottolineato il medico anche nella relazione che ha preparato per i vertici del Policlinico. La direzione, come annunciato dal manager Luigi Muto, si è attivata per fare chiarezza. «Chiuderemo l’indagine nel giro di pochi giorni», ha aggiunto ieri il direttore sanitario Aldo Capasso. Ma è già possibile ricostruire, grazie alle prime verifiche interne, i momenti più delicati del ricovero. Secondo le testimonianze dei medici, il prelievo di midollo sarebbe stato programmato attorno alle 13, venerdì scorso, ed eseguito da uno specialista ambulatoriale che già da qualche anno lavora in Ematologia. Due ore dopo, gli infermieri hanno somministrato all’ammalato un antidolorifico. La situazione si è aggravata alle 19. Per la mancanza di attrezzature e per non perdere altro tempo, quando è apparso chiaro che era necessario un intervento urgente, lo stesso medico di guardia ha contattato il 118 per il trasferimento del paziente ai Pellegrini. All’ospedale della Pignasecca Pasquale Carbone è arrivato alle 23. Tac e angiografia hanno consentito di rilevare una lesione arteriosa; alle 2 l’intervento di embolizzazione. Ma il giorno dopo l’ammalato è morto. «Con una buona organizzazione si sarebbe potuta evitare quest’odissea», denuncia Gabriele Murgia, segretario generale della Cisal Università e avverte: «Situazioni del genere possono ripetersi». Cisal Università, Snals e Rdb-Cub hanno proclamato una giornata di sciopero per giovedì. «La grave crisi gestionale e organizzativa del Policlinico – si legge in un volantino dei sindacati – costringe tutto il personale a operare in condizioni mortificanti e ad erogare un’assistenza inadeguata e servizi insufficienti a causa della mancanza di presidi sanitari, di farmaci e, addirittura, di farmaci salvavita». Le tre sigle autonome contestano anche «gli accorpamenti delle strutture assistenziali, disposti solo allo scopo di ridimensionare organico, guardie mediche e turni infermieristici in disprezzo delle condizioni minime di assistenza». E poi «il continuo ricorso a consulenze esterne e a contratti di locazione che non contribuiscono affatto – concludono – al miglioramento del servizio offerto agli ammalati».
MARIA PIRRO
Il Mattino il 25/11/08
«Nessuno in reparto sapeva quale chirurgo era di turno»
«Ho vissuto minuto per minuto quelle ore drammatiche. Ho chiamato io i chirurghi, i familiari, il 118. Da medico ho fatto tutto quello che potevo». Mario Verza, docente associato di medicina d’urgenza e pronto soccorso, venerdì pomeriggio e notte era di guardia nel padiglione di Clinica medica del Primo Policlinico, quando le condizioni di Pasquale Carbone si sono aggravate. A che ora ha visitato il paziente? «Gli infermieri del reparto mi hanno contattato alle 19. Prima di quel momento, nessuno mi aveva riferito che c’era un ammalato sottoposto, poche ore prima, a una biopsia di midollo osseo. Non ho trovato traccia dell’indagine nella cartella clinica». Cosa è successo dopo? «Alle 19 hanno contattato me. Subito, ho constatato lo stato di ipotensione del paziente e gli ha prescritto una cura. Alle 20 sono tornato: ma la pressione non era risalita e, durante la visita, ho individuato una dolenza nella fossa iliaca, a destra». A questo punto, cosa ha fatto? «Ho contattato il chirurgo di guardia in servizio nell’altro padiglione, che è arrivato dopo una ventina di minuti perché era impegnato in un’altra emergenza. Il collega ha confermato la diagnosi di addome acuto e, insieme, abbiamo sollecitato altri accertamenti tra cui l’emocromo e la radiografia all’addome». I risultati? «Il valore dell’emocromo era molto basso. Ho richiesto due sacche di sangue per cominciare le trasfusioni e ho cercato di rintracciare il chirurgo reperibile, dato che il chirurgo di guardia doveva seguire anche altre emergenze nell’altro padiglione». Quando è arrivato l’altro chirurgo? «In reparto nessuno sapeva chi fosse di turno quella sera e non avevano l’elenco. Quindi ho contattato il direttore sanitario del presidio per rintracciare il collega. Quando l’altro medico è arrivato in corsia, però, non ha potuto far altro che confermare il quadro clinico». Perché? «Le sale operatorie sono chiuse dopo le 14 e non avremmo potuto riattivarle rapidamente. Anche per eseguire la tac avremmo dovuto contattare, con la stessa procedura della reperibilità, specialisti che non si trovavano nel Policlinico. E poi, da noi manca l’angiografo. Non avremmo comunque potuto operarlo». Alla fine, cosa ha deciso? «Ho chiamato il 118 e ho consegnato la cartella clinica alla moglie del paziente per agevolare il lavoro dei colleghi ai Pellegrini». m.p.
Il Mattino il 25/11/08