Sono andati via da piazza del Plebiscito senza nessuna garanzia che stamattina lo sgombero non verrà eseguito, ma la comunità rom della zona Asi conta di ottenere, se non la sospensione, almeno una proroga per trovare un’alternativa alla strada. Sono rimasti tre ore davanti all’ingresso della prefettura i cento ex nomadi in rappresentanza delle quattrocentocinquanta persone, di cui la maggior parte sono bambini, che rischiano di trovarsi senza nemmeno un tetto di legno e lamiera sulla testa dopo che l’area che occupano da più di vent’anni è stata dichiarata inquinata da rifiuti tossici con un provvedimento della magistratura. Oggi scade il termine entro il quale la zona sottoposta a sequestro, deve essere liberata. Hanno anche tentato di avvicinare il presidente Napolitano, che si trovava nella caffetteria Gambrinus, ma la sicurezza li ha tenuti ben lontani. «Avremmo voluto dire al capo della Stato che non capiamo perché si decide uno sgombero senza prima prevedere delle alternative abitative», dicono i responsabili di Opera nomadi. Ieri mattina una delegazione della comunità rom è stata ricevuta in prefettura, ma le associazioni non sono riuscite a strappare nessun impegno per bloccare il provvedimento dei giudici. Così stamattina ritornano a presidiare l’ingresso della zona Asi con la paura che arrivino le forze dell’ordine. Come ieri, ci saranno anche Cgil, Prc Napoli, associazione Pixel, Less-onlus, il Tavolo Rom, l’Assopace, Attak, Archintorno e i comboniani di padre Alex Zanotelli, che ha solidarizzato con la causa. Adesso le famiglie, che hanno protestato pacificamente, arrivando a Napoli con donne e bambini, sono amareggiati. «Dove andremo a dormire con i nostri figli?», si chiedono. «Nessuno ci aiuta perché pensano che siamo tutti ladri, ma non è così. I miei bambini vanno a scuola e vogliamo integrarci», dice una delle donne, capelli a coda e gonna lunga. Incontrarli così numerosi nel salotto buono della città, fa storcere il naso a qualche passante. Ma il sit-in pacifico si svolge senza problemi. La comunità si ritira in buon ordine anche quando conoscono l’esito negativo dell’incontro in prefettura. «Ci hanno detto che non possono intervenire per bloccare un provvedimento dei magistrati, ma noi non capiamo. Se l’area è sotto sequestro per inquinamento – dice Carmine D’Angelo, di Opera nomadi – non si capisce perché deve essere abbandonata solo dalle famiglie rom e non anche dalle imprese, specie quelle che producono alimenti». Nei tredici insediamenti all’interno della zona industriale di Giugliano-Qualiano vivono quattrocentocinquanta persone, su aree senza acqua e luce. In passato è andata deserta per tre volte la gara bandita dal Comune per la realizzazione dei servizi igienici e solo il mese scorso è stato assegnato il bando per un villaggio attrezzato, sempre nella stessa zona, su un terreno del Comune, che va sgomberato dalle piante di un vivaio. Il cantiere, che dovrebbe essere avviato a giorni, dovrebbe ospitare 130 persone. Il percorso è tortuoso. Il finanziamento della Provincia copre solo la realizzazione delle infrastrutture e della piattaforma di cemento sulla quale dovrebbe essere posizionati i container della Protezione civile. In più non è stata ancora fatta la selezione delle persone che dovranno risiedervi sul totale di 450.
TANJO GIOINO
Giugliano. «Si fa una crociata in nome della legalità con la convinzione che i rom siano tutti dei criminali e quindi privi del diritto di essere tutelati. Ci si dimentica dei bambini e degli anziani, vanificando gli sforzi del tavolo in prefettura, che punta a trovare una sistemazione dignitosa per tutta la comunità di Giugliano». È contro lo sgombero forzato Tanjo Gioino, responsabile cittadino di Opera nomadi. «Stavamo lavorando per l’integrazione, ora invece ci ritroviamo con un percorso avviato e un ordine di sgombero già esecutivo sulla testa. Molti rom hanno il permesso di soggiorno e mandano i loro bambini a scuola nonostante le difficoltà, usufruendo dei pulmini messi a disposizione da noi e dal Comune. Hanno difficoltà ad allontanarsi dal posto in cui sono nati e vivono. Se non si riesce a scongiurare lo sgombero, bisogna pensare a delle alternative». Ma è stato deciso quali saranno le famiglie a restare nel villaggio già appaltato? «No, è stato effettuato solo uno screening delle presenze totali, che sono circa 450, ma la selezione per il nuovo campo non è stata effettuata». I rom di Giugliano vivono in tredici piccoli campi nella zona Asi, dalla fine degli anni ’80. Nell’immaginario collettivo sono tutti ladri, sporchi e cattivi. «Non è così. Una grossa parte di loro si occupa di riciclaggio. La maggior parte raccoglie ferro e rame per rivenderlo, altri vivono di accattonaggio. Purtroppo, alcuni vivono nell’illegalità, ma dei loro errori paga tutta la comunità in termini di pregiudizio».
GIULIO PEZZELLA
Giugliano. «Non abbiamo nulla contro i rom, ma dopo vent’anni è diventato evidente che la loro presenza allontana gli investimenti e blocca lo sviluppo della zona industriale». Parla così il presidente degli industriali di Giugliano, Giulio Pezzella, che riveste anche la carica di consigliere comunale con la delega all’ambiente. «Vogliamo ospitare nell’area solo il numero di rom previsto col progetto del nuovo villaggio, per gli altri vanno trovate altre soluzioni. Non possiamo consentire che si continui a scaricare immondizie e bruciare copertoni, con tutto il danno che ne consegue in termini di salute e immagine dell’area». Ma è tutta colpa dei rom? «Non lo crediamo di certo e perciò abbiamo chiesto alle forze dell’ordine di andare a verificare per conto di chi vengono smaltiti i copertoni. Ci saranno centinaia di operatori nell’area che non aggiornano i registri e la fanno franca sui controlli». Finora, però, gli appelli degli operatori economici sono caduti nel vuoto. «Abbiamo partecipato ai tavoli in prefettura – continua Pezzella – e siamo contenti che sia stata abbandonata la strada del lassismo. Per troppi anni questa è stata terra di nessuno, ora si devono dare risposte a quelli che investono qua e pensare alle strategie di marketing per accogliere altre imprese. Bisogna dare occupazione e l’Asi è un’occasione da sfruttare subito». La congiuntura è pessima in questo periodo. «Il 40 per cento dei nostri giovani è senza lavoro e sui rom dobbiamo essere fermi. Andare avanti così non si poteva più ormai».
tonia limatola- il mattino 3 gennaio 2009