DALL’INVIATO MAURIZIO CERINO Giugliano. Appena si arriva a Licola, provenendo dalla «variante» della tangenziale, si incontra la «Caffetteria Champs Elysees», locale accorsato e luogo notissimo di appuntamenti e incontri non soltanto per i frequentatori della fascia costiera giuglianese, ma anche meta di comitive di giovani nelle serate del fine settimana. Da ieri il locale, del quale è proprietaria la società «Caffetteria Champs Elysees di Sabatino Granata e C. s.n.c.», insieme con terreni, appartamenti, autovetture e quote societarie, è sotto sequestro preventivo disposto dal gip Anita Polito, su richiesta dei pm antimafia Federico Cafiero de Raho (procuratore aggiunto) e Paolo Itri, e il pm Antonio D’Alessio, insieme con altri beni per un valore di 100 milioni di euro. Il maxisequestro riguarda 16 appezzamenti di terreno e 61 immobili ubicati nelle province di Napoli, Arezzo e Pisa, ma anche patrimoni aziendali e quote societarie oltre ad auto di grossa cilindrata: tutto entra a far parte dell’inchiesta di maggio dell’anno scorso, condotta dall’allora dirigente del commissariato di Giugliano, Pasquale De Lorenzo, e che si concluse con l’arresto di 23 agenti della polizia municipale di Giugliano, tre funzionari della stessa amministrazione comunale, undici imprenditori del settore edilizio e due tecnici di loro fiducia. Per la stessa vicenda processuale a luglio furono sequestrati altri beni, mobili e immobili, per complessivi 500 milioni di euro. Gli imprenditori, che si avvalevano del favore dei vigili urbani di Giugliano, nello specifico ottenevano trattamenti privilegiati quali il ritardo o l’omissione del rilevamento dell’abuso e, quindi, il successivo sequestro, oltre a sopralluoghi pilotati o il rilascio di provvedimenti illegittimi: il tutto per facilitare, secondo i pm della Dda, gli affari dei Casalesi e dei Mallardo. L’inchiesta patrimoniale, che riguarda i beni nella disponibilità di Sabatino Granata e dei suoi familiari, è stata condotta dagli agenti della divisione anticrimine della questura partenopea, coordinati dal primo dirigente Michele Carlino e dal vicequestore Nunzia Brancati, con il supporto dei colleghi del commissariato di Giugliano, con il dirigente Luigi Peluso. Il Gip, in prima istanza, rigettò, per semplice questione di contestazione dei capi di imputazione, parte della richiesta di sequestro, accogliendola poi con le successive contestazioni agli impreditori di aver commesso reati contro la pubblica amministrazione e, per alcuni, con la conferma dell’iniziale addebito dell’aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa. Anche il Riesame aveva deciso per il dissequestro di buona parte dei beni ma il 22 dicembre il Gup, all’esito del giudizio abbreviato, ha emesso sentenza di condanna per 18 degli imputati, tra i quali Sabatino Granata, e «contestuale confisca dei beni in sequestro». Provvedimento, quest’ultimo, che non può diventare esecutivo se non alla fine dell’iter giudiziario, con un’eventuale sentenza di conferma della Cassazione. Di qui il sequestro preventivo di ieri.
MAURIZIO CERINO
IL REPORTAGE
Nel «tempio del male», propaggine di tutta la rappresentazione mediatica dell’inferno, anche la storica tomba di Scipione l’Africano non trova pace. Nella Liternum sul lago Patria, oasi di scavi antichi, ricordo di ozi romani e colture non ancora contaminate da mefitiche discariche, il cemento abusivo avanza. I pilastri scheletrici, destinati a trasformarsi in nove appartamenti di 1800 metri quadri, sono caduti sotto i colpi di tre ruspe. A pochi metri, la tomba di quel generale romano che 2192 anni fa venne qui e volle essere sepolto qui. «Ingrata patria non avrai le mie ossa», ma quei resti rischiano ogni giorno di essere inghiottiti dal cemento abusivo. Dici Giugliano, parli di una città. Con i suoi 114 mila abitanti, è l’agglomerato urbano più popolato d’Italia tra quelli non capoluogo di provincia. Un record strappato nel 2004 a Monza, promossa capoluogo di provincia della Brianza. Un concentrato di case e problemi antichi. Nella storia giuglianese, una volta campagna di rinomate colture di mela annurca, poi di kiwi, cachi e ogni ben di Dio prima dei guasti provocati dall’enorme discarica di Taverna del Re, aneddoti e prevaricazioni di guappi e camorristi sullo sfondo del controllo dei prezzi al mercato ortofrutticolo. Storie di ieri, dell’immediato dopoguerra. Poi, alle famiglie Sciorio e Maisto subentrarono i Mallardo, dopo una guerra spietata. I pentiti raccontano che, nei rapporti malavitosi con la confinante area casertana, i Maisto guardavano con simpatia ad Antonio Bardellino. Quando prevalsero i Mallardo, intrecciarono invece relazioni con Francesco Bidognetti. E ne appoggiarono gli affari nel traffico di rifiuti illeciti. Rapporti di buon vicinato criminale e armonia, anche quando i Mallardo, dall’altra parte del loro territorio, si strinsero in un accordo strategico con i Licciardi di Secondigliano e i Contini del centro storico. Napoli città. Nacque l’Alleanza di Secondigliano, detta anche la Nuova mafia campana. Galeotte furono anche le parentele: Francesco Mallardo, Eduardo Contini e Patrizio Bosti suo luogotenente sposarono tre sorelle, diventando anche cognati. Stabilità del clan giuglianese, garanzia sia per i gruppi della camorra metropolitana napoletana sia per i Casalesi. E qui, infatti, lavorano aziende edilizie legate ai clan casertani, ma anche soci indiretti dei Mallardo. E non potrebbe essere altrimenti, in un’area dove la realizzazione di immobili abusivi, a volte anche di strutture albeghiere e ristoranti prive di licenze, è un grosso affare. A maggio scorso, 23 vigili urbani della sezione antiabusivismo di Giugliano furono accusati di connivenze con proprietari e costruttori di case abusive. Tra loro, già 18 sono stati giudicati con il rito abbreviato e condannati a pene tra i 4 e i 12 anni. Ma la «Giugliano fantasma», che di invisibile ha solo la definizione, è alla portata di tutti gli occhi. A nord, nell’area di lago Patria. Via Rannola era il Bengodi di 30 appartamenti e 16 ville prive di licenza edilizia. Il loro valore era stimato in 30 milioni di euro. Giri per l’area costiera a Varcaturo e Licola, trovi improbabili hotel a tre e quattro stelle, pretenziosi ristoranti. Villini a schiera. Spesso paradiso di latitanti. Qui trovarono alcuni affiliati del clan Amato di Scampia a Napoli, quello dei cosiddetti scissionisti o spagnoli avversari dei Di Lauro. Più avanti, a ridosso di Monterusciello, arrestarono tre belve del gruppo di fuoco dei Casalesi: Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia. Eppure, la grande Giugliano dai due santi protettori (san Giuliano e la Madonna della Pace), è stata scelta per trasferirvi la sede della Nato. E i proprietari di villini fittano da tempo agli americani, con buoni guadagni. Che ne sanno, loro, stranieri, se vivono in case abusive? La nuova amministrazione di centro-destra, presieduta dal sindaco Giovanni Pianese, ha approvato un piano di abbattimenti di immobili abusivi affidato alla società «Italrecuperi» di Battipaglia: più di 900 immobili non condonabili da buttare giù. Una città nella città. Solo le prime 10 rimozioni costano 700 mila euro. Si è cominciato dal villino a tre piani vicino la tomba di Scipione l’Africano. Parte l’operazione legalità ed esplodono le proteste. In via Indipendenza è nato il «comitato antiabbattimenti». Le adesioni sono già 500, tra gli occupanti dei 10 mila vani abusivi. Avvocati, manifesti, proteste, manifestazioni. Monta il fronte di chi vive in una casa senza licenza. Parlano tutti di «stato di necessità», per prezzi di immobili di soli 60 metri quadri saliti a 300 mila euro. L’assessore Roberto Castelluccio, autore del piano di abbattimenti, è assediato. Si appoggia al progetto «Mistrals», controllo satellitare sugli edifici nei 94 chilometri quadri del territorio comunale. Una lotta difficile, tra anni di incuria, lassismo e connivenze.
GIGI DI FIORE
Il Mattino il 17/01/09


