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Omicidio Landi: una pista porta ad una palazzina di Castelvoturno

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Una mano che spunta dalla sabbia, appena si placa la mattinata battente di pioggia. Il cadavere di Roberto Landi, 50 anni, ex assessore comunale di Villaricca, affiora a pochi metri dal mare, a Licola, piccolo comune della costa flegrea, 29 ore dopo la sua scomparsa.

Il corpo, sfigurato da tre pallottole al torace e alle gambe, è stato sepolto dagli assassini nel cratere irregolare e fradicio, profondo quasi un metro. Ingoiato in una spiaggia che è consegnata all´ordinario abbandono d´inverno, ai rifiuti di ogni tipo e che non a caso è soprannominata “Beirut”.
L´atroce destino di Landi rievoca una delle scene più sinistre del film “Gomorra”. «Sono belve, io non ci voglio credere. Come hanno fatto a fargli questo? Era un ragazzo d´oro, un uomo responsabile, che amava la sua terra» mormora con occhi di lacrime e rabbia il sindaco di Villaricca, Raffaele Topo.

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Un altro suo amico, un medico, Luigi, lo piange con tenerezza su quel fosso vuoto nella sabbia: «Se qualcosa di buono era stato fatto per gli anziani e le fasce deboli, era merito suo, del suo breve incarico di assessore». Dopo il massacro dei coniugi Ambrosio, e l´omicidio di un ventenne finito con una pugnalata, l´esecuzione di stampo mafioso sgomenta il paese, travolge una famiglia della buona borghesia che, pur dotata di patrimoni immobiliari e ottime professioni, non aveva disdegnato la politica.

Landi, già figlio di un ex sindaco, era titolare del centro diagnostico “Cedime”. Ed era stato già scelto come candidato dell´Udc alle consultazioni di giugno per il rinnovo della Provincia di Napoli. Un delitto che getta ombre inquietanti sulla prossima campagna elettorale. Chi indaga avrebbe già in mano una chiave di lettura: un´asta giudiziaria che faceva gola ai clan dei Casalesi.

Una pista che porta alla vendita di una palazzina di Castel Volturno, quel pezzo di costa domiziana invaso da traffici di ogni genere, l´impero dei riciclatori d´oro Casalesi. Il pool antimafia della Procura di Napoli avrebbe già acquisito informazioni importanti. Fino a tarda notte i due ufficiali dell´Arma, Lorenzo D´Aloia e Fabio Cagnazzo, hanno ascoltato il racconto della vedova, Rosa Anna Di Crosta, e le testimonianze di amici, parenti, dipendenti del “Cedime”.

L´ultima volta, lo hanno visto alle 10 di mercoledì mattina, nel suo studio del centro diagnostico: «Esco, torno tra poco» ha detto a un dipendente. Poi il cellulare non ha più dato segni di vita. E il suo corpo sepolto nella ferocia di una vendetta tutta da decifrare.

(24/04/2009 – napoli.repubblica.it – Conchita Sannino)

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