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domenica, Giugno 30, 2024
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LITORALE DOMITIO, IL MARE DELLA VERGOGNA

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GIUGLIANO – Le sue rive sono ancora popolate di bagnanti, in questi giorni di fine agosto in cui terminano le ferie. Ma le acque del Giuglianese sono malate. Il litorale domitio continua a soffrire: inquinamento incontrollato, abusivismo sfrenato, fior di milioni attorno a cui girano interessi neanche tanto occulti. E’ il litorale della vergogna, quello di Licola, Varcaturo e Lago Patria. E chi non ha altra scelta che fare le ferie qui, non può illudersi nemmeno un istante: l’inquinamento del mare continua in peggio, e la speranza che la situazione migliori è di là da venire. La balneazione è vietata dovunque. Anche se non c’è nulla di ufficiale, sono pochi quelli che s’azzardano a mettere piede in acqua. “Veniamo in spiaggia solo per il sole – spiegano i villeggianti – per il bagno ci accontentiamo delle piscine messe a disposizione dai lidi privati”.
Il colore del mare cambia a seconda degli scarichi. Nero, marrone, rosso. E’ un fiume di liquami quello che viene versato ogni giorno nelle acque del Giuglianese. Un fiume che sembra sgorgare dal ventre della Terra, percorre metri di fogne abusive, abbandonate, spurga i cunicoli senza luce e come una gigantesca pompa sommersa scarica in superficie acqua, fango e tanti liquidi putridi. Nel mirino i tre canali che sversano lungo il litorale domitio (Canale degli Abruzzesi, Alveo Camaldoli ed Alveo di Quarto). Sulla carta raccolgono acque pluviali e di falda, in realtà rastrellano i liquami di centinaia di scarichi fognari abusivi. E poi ci sono loro, i mercanti dei rifiuti. Arrivano di notte, sversano abusivamente i carichi degli espurghi privati: le autobotti usano cioè i tre canali per smaltire illegalmente i liquami di abitazioni, fabbriche e cantieri. Magari collusi con organizzazioni malavitose che tracciano disegni economici su vasta scala.
Di fronte a un tale disastro ecologico, qualche incosciente che sfida il divieto di balneazione si incontra oltre la foce del Volturno, verso i Campi Flegrei. A Giugliano no: il mare è inaccessibile. A Marina di Lago Patria, come ai lidi di Varcaturo e Licola. Il rischio per la salute è altissimo. Un pescatore scivolato in acqua qualche settimana fa mentre stava tentando di portare a riva una trota, ha dovuto fare ricorso ai sanitari. A scopo precauzionale, ha spiegato ai medici.
Il problema oltrepassa lo stato ambientale delle acque marine. Quello di Licola, Varcaturo e Lago Patria è un territorio davvero complesso, almeno quanto la sua vastità. Dopo gli anni dell’eccesso, della crescita cieca e sregolata, il litorale domitio deve infatti fare i conti con un degrado indescrivibile: le mille contraddizioni, i conflitti, gli interessi economici, le coperture da parte di organizzazioni senza scrupoli. E’ un territorio cresciuto sotto i colpi dell’abusivismo edilizio e delle grandi speculazioni. Ma questa è un’altra storia.






LAGO PATRIA, QUEL BACINO MALATO


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GIUGLIANO -Uno specchio d’acqua sempre più malato. Così si presenta il Lago Patria, il più grande del sistema lacustre dei campi flegrei. Le sue acque sono appestate dagli scarichi fognari abusivi di ville, alberghi e parchi altrettanto abusivi. Analisi di laboratorio hanno più volte accertato la presenza minacciosa di pesticidi, piombo, mercurio, alga tossica e finanche di un vibrione colerico. Nonostante, sulla carta, sia una riserva naturale. Depuratori vecchi, progetti per il risanamento che spariscono nel nulla, fogne che finiscono direttamente nel bacino, scarichi industriali incontrollati, abusivismo scatenato. Cinque ingredienti di una miscela che, con l’andar del tempo, ha finito per minacciare la sopravvivenza del lago. Le sue rive sono ridotte ad un’immensa pattumiera a cielo aperto. La scorsa estate, ignoti aprirono la foce per far defluire in mare l’acqua dello specchio d’acqua. Fu rimossa la sabbia e gli altri detriti che ostruivano lo sbocco. Ad accorgersene per primi del raid, gli operatori balneari della zona . In mare finirono tonnellate e tonnellate di acqua putrida. Sul fronte delle indagini, oltre a quella di trafficanti interessati a realizzare un approdo turistico per barche, si presentò anche un’altra possibilità: quella che ad aprire la foce fossero stati i gestori di qualche allevamento ittico per favorire l’ossigenazione delle acque all’interno del lago.

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