La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.
Il governo italiano ricorre contro la sentenza. Dapprima annunciato all’Ansa dal giudice Nicola Lettieri, che difende l’Italia davanti alla Corte di Strasburgo, il ricorso è stato confermato da Mariastella Gelmini: «Il governo ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo», sul crocifisso nelle aule scolastiche, ha detto il ministro dell’Istruzione.
Il Vaticano vuole leggere la motivazione, prima di pronunciarsi sulla sentenza della Corte europea. «Credo che ci voglia una riflessione, prima di commentare», ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede.
La Cei: irresponsabile cancellarlo. Il crocifisso rappresenta «una dimensione anche di peso culturale ed educativo che è davvero irresponsabile voler cancellare», ha affermato in un’intervista alla Radio Vaticana, mons. Vincenzo Paglia, responsabile della commissione Cei per il dialogo interculturale.
Frattini: «La Corte ha dato un colpo mortale all’Europa dei valori e dei diritti», ha sostenuto il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «L’identità cristiana – ha proseguito il ministro – è la radice dell’Europa: così si dà un colpo mortale alla possibilità che l’Europa cresca e non sia solo un’Europa dei mercati». Il no della Corte, ha aggiunto il ministro – rappresenta «un pessimo precedente anche per le altre religioni. In un momento in cui cerchiamo la vicinanza tra le diverse religioni si dà una picconata alla religione cristiana».
Gelmini: simbolo della nostra tradizione. «La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione», ha commentato il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini. «La storia d’Italia – ha aggiunto – passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi. Nel nostro Paese nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso. È altrettanto vero che nessuno, nemmeno qualche corte europea ideologizzata, riuscirà a cancellare la nostra identità. La nostra Costituzione inoltre riconosce, giustamente, un valore particolare alla religione cattolica».
Fini: laicità istituzioni non neghi cristianesimo. «Ovviamente bisognerà attendere le motivazioni della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, ma fin d’ora mi auguro non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle Istituzioni che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana», è l’opinione del presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini.
Bersani: antica tradizione, non può essere offensiva per nessuno. «Penso che su questioni delicate come questa qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto. Io penso che un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno», ha detto il segretario del Pd Pier Luigi Bersani.
Casini: sentenza Corte conseguenza pavidità Ue. «La scelta della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di bocciare la presenza del crocifisso nelle scuole è la prima conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione Europea», sottolinea il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini in un’intervista al Tg2.
Il Mattino il 03/11/09
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