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Seimila case abusive, lo scempio di Castelvolturno

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diENZO CIACCIO




Sindaco, che si prova?
«Amarezza. E impotenza».
Impotenza?
«La legge non mi consente di far abbattere subito le costruzioni abusive se queste sorgono su suolo privato».
E quindi?
«Se non si mette mano alle ruspe entro le 48 ore dalla scoperta dell’abuso, valgono i ricorsi al Tar. E c’è da aspettare le sentenze. Per anni».
***
Castelvolturno, litorale domizio. Un sole opaco spruzza nebbie biancastre lungo i vialoni che conducono al mare, già deserti dall’estate consunta. Un orrore. Un altro. A Pescopagano, il peggio del peggio. Sulle insegne: «Chiosco Costa Azzurra» e «Lido Palm Beach». A destra e a sinistra, immondizia e «villette»: decine, centinaia, migliaia. Disordinate e sbilenche. Brutte. Senza fiori né vita. Le finestre sprangate. Il cuore, pure. Perché «se no di notte entrano i neri».
Qui, dagli anni ’60 in poi, è scoppiato il mito napoletano della casetta al mare. Frenesia di massa. Consumismo nascente. Prezzi corti. E niente obblighi. Il risultato? Confessa Rino Fressinetti, gestore di un bar: «Tutto quel che non si poteva costruire è stato costruito. Senza fogne. Senza rete idrica. Senza servizi. Idem lungo la riva destra del fiume Volturno: uno sfacelo».
Il Comune, a frittata ormai fatta, ha dovuto spenderci cento miliardi. E mica è riuscito a garantire vita bella. Altri dieci miliardi se ne sono andati per combattere l’erosione lungo i 27 chilometri di costa. Perché, a furia di rubacchiare sabbia al fiume Volturno, si è scombussolato tutto l’ecosistema. E oggi queste «villette» – ancor più brutte e sbilenche – fanno pena a guardarle: immerse nell’immondizia, invecchiate di sterpaglie, a due passi da quel mare giallo-fogna che si fa fatica perfino a guardare. D’inverno, duemila abitanti. D’estate, trentamila. Terra di rifiuti. Terra rifiutata. È casa-madre di Ecomafia, patria e mamma di Camorra Imprenditora. Castelvolturno, Italia: nel 2002 le abitazioni illegali hanno raggiunto in Campania quota 5.925, mille in più rispetto all’anno precedente, «per una superficie di cemento illegale – si legge nell’annuale rapporto di Legambiente – pari a 888.750 metri quadrati e a un valore immobiliare stimabile in 444 milioni di euro». Campania ancora al primo posto, nonostante la lotta a Cemento Selvaggio. E allora perché dovrebbe salvarsi proprio Castelvolturno, Eldorado primordiale, paese-simbolo degli italici abusi? Qui sorge Villaggio Coppola Pinetamare (40 anni di contenzioso con lo Stato, oltre 300 procedimenti giudiziari), con le sue otto Torri finalmente andate giù. Qui la regola, per bande di lazzaroni ancora in piena attività, era e resta una e spesso impunita: si scava una buca, si ruba la terra, con la terra si costruisce illegalmente. Poi si provvede a riempire la buca: di rifiuti, spesso tossici, che avvelenano l’aria e il respiro a chi ci vive. In Comune allargano le braccia: «Le richieste di condono edilizio che giacciono nei cassetti – dicono rassegnati all’ufficio tecnico – sono più di quindicimila. In questi anni, ne sono state esaminate 1500. Una buona metà ha ottenuto la concessione in sanatoria. E gli altri? Aspettano».
Già, aspettano. Per esempio, che la giunta comunale guidata da Antonio Scalzone nomini consulenti esterni per accelerare le verifiche. E che scattino nuovi condoni. Pazienti. Silenziosi. Attenti. Con una mano sul portafogli e un’altra sui mattoni, pronti a plasmare da stregoni nuovi archetipi di cemento e ingordigia. Racconta un «costruttore», che si fa chiamare «Pennarossa»: «Per costruire un manufatto di media grandezza ci impieghiamo in media 288 ore di lavoro. Dodici giorni e dodici notti. Senza interruzioni. Qui la manodopera costa due lire. Tutto è più facile se si lavora in agosto. E se il sindacato non rompe i coglioni».
***
A che punto è la sua richiesta di condono?
«Beh, l’ho appena presentata».
Da quanto tempo esiste la villetta?
«…».
Scusi, da quanto tempo?
«Veramente non l’ho ancora costruita».
***
È la più recente «trovata» dei furbacchioni che imperversano da Villaricca a Castelvolturno, lungo tutta la costa sfregiata: si presenta al Comune la richiesta per farsi condonare una costruzione che ancora non esiste. Poi, il destino vorrà. Quando si dice «anticipare i tempi».
***
15mila pratiche di condono. A Castelvolturno le tipologie non si fanno desiderare: ce ne sono di ogni genere. Fanno sapere i tecnici: «Si va dalle case che sorgono su demanio destinato a uso civico (circa quattromila) ai manufatti innalzati su demanio pubblico fino alle decine di stabilimenti balneari edificati su demanio marittimo.
Sindaco Scalzone, quante delle richieste di condono verranno respinte?
«Sicuramente parecchie centinaia».
L’abusivismo è roba del passato?
«No, gli abusi continuano, anche se non di straordinaria entità».
Lei che fa per fermarli?
«Quel che posso. Ma vanno cambiate le regole relative agli abbattimenti».
In che senso?
«I sindaci dovrebbero essere obbligati per legge a intervenire entro le prime ore dalla scoperta dell’abuso. E dovrebbero poter utilizzare le forze dell’ordine. E poi, mi chiedo…».
Che cosa?
«Come mai in tutti questi anni nessun sindaco e nessun vigile urbano qui è mai stato condannato per non aver perseguito gli abusi?».
Già, come mai?
«Perchè i documenti, le licenze, insomma le carte, risultano sempre e sistematicamente a posto. E la legge ha dovuto sempre inchinarsi alle ragioni di chi aveva torto».
Dice cose molto gravi.
«Davvero? Se non ci crede, vada a chiederlo al Tribunale amministrativo regionale».





IL MATTINO 17 SETTEMBRE 2003

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