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domenica, Giugno 30, 2024
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Arabia, ucciso il terrorista che ammazzò Amato

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GIUGLIANO. Colpita al cuore della sua alleanza strategica con gli Stati Uniti, la monarchia saudita reagisce con velocità e durezza inedite. Abdul Aziz al Muqrin, il capo di al Qaida nella penisola che ha bruciato sedici dei suoi trentatré anni combattendo per l’internazionale del terrorismo integralista, è stato ucciso assieme ad altri tre guerriglieri in una stazione di servizio nella periferia orientale di Riad, nel quartiere Al Malaz. Nella sparatoria ha perso la vita anche un poliziotto. I quattro sarebbero stati accerchiati pochi minuti dopo l’apparizione su un sito internet devoto a Osama Bin Laden delle tre terribili foto che dimostravano con dovizia di orrore e di sangue la decapitazione dell’ingegnere americano Paul Marshall Johnson. Il tecnico da dieci anni, per conto della Lockheed Martin, si occupava di sistemi di puntamento e di ottica notturna per gli elicotteri “Apache”. Assieme ad al Muqrin, numero uno di al Qaida in Arabia Saudita, sono stati fulminati sul posto anche Faisal Abdul Rahman Al Dikheel, uno dei 18 super ricercati del Regno, l’uomo ripreso nella sequenza della esecuzione di Johnson, Ibrahim Bin Abdullah al Dreiham, e Turki bin Fuheid al Mutairi. Quest’ultimo il 29 maggio avrebbe partecipato alla strage di al Khobar, il bagno di sangue nel quale fu fulminato con tre colpi di pistola lo chef Antonio Amato. A Washington un alto funzionario saudita ha sostenuto che nella battaglia del distributore è stato freddato anche il numero due di al Qaida nella penisola arabica Rakan Al Sakhain, la mente dell’attentato al cacciatorpediniere statunitense Uss Cole. Secondo fonti più attendibili è uno dei dodici arrestati. Due guerriglieri sono riusciti a fuggire. Il sito islamico http://alsaha.fares.net, l’abituale canale elettronico di al Qaida, ha resuscitato per qualche ora al Muqrin, strillando contro le false informazioni diffuse dai “tiranni” del Regno. Il ministero dell’interno di Riad ha spazzato via le nebbie informatiche distribuendo ai mass media le foto dei quattro terroristi uccisi. Per una volta sono relegati sullo sfondo i colpi bassi e le lotte intestine della casa regnante. Il principe della corona Abdullah deve fare i conti con l’opposizione interna del clan Sudairi al quale appartengono il responsabile della difesa Sultan e il ministro degli interni Nayef, il più giovane della compagine di governo. Abdullah sembra convertito pienamente alla lotta senza quartiere contro l’armata di Osama bin Laden che vorrebbe rovesciare la monarchia e “riconquistare all’Islam” l’arma del petrolio. Nayef si dichiara d’accordo, ma non ha rotto i ponti con i capi tribali e religiosi che non se la sentono di sconfessare al Qaida. Larghi settori dell’opinione pubblica, anche benestante, considerano i seguaci dello sceicco terrorista “credenti sinceri che sbagliano”. Se non addirittura “eroi”. Le tensioni sono sfociate in accuse aperte del principe della corona per l’attacco al terminale petrolifero di Yanbu del primo maggio che è costato la vita a sei tecnici stranieri. Nayef ha risposto facendo notare che il regista dell’operazione era un dissidente riparato a Londra e rientrato in Arabia nel 1996 grazie a un negoziato segreto con Abdullah. Il padre di Amato . «La notizia della morte di una persona sospettata di essere componente di un gruppo che ha fatto una strage non mi turba». Benedetto Amato, il padre di Antonio, il cuoco ucciso in Arabia Saudita a fine maggio, così commenta la morte di Abdulaziz al Muqrin, il terrorista che in un messaggio audio ha rivendicato la decapitazione dell’americano Paul Marshall Johnson e che sarebbe stato alla testa del gruppo che ha rivendicato le stragi – in cui trovò la morte anche lo chef napoletano – commesse ad al Khobar alla fine di maggio. «Certamente – aggiunge Amato – se avessi dovuto ucciderlo io non l’avrei fatto; ma talvolta la legge del taglione…» Benedetto Amato ha appreso la notizia dell’uccisione del 33enne Abdulaziz al Muqrin da parte delle forze di sicurezza saudite seguendo all’alba, nella sua casa di Varcaturo, alla periferia di Giugliano, i primi notiziari televisivi. Poi, come ogni giorno, si è messo in macchina ed ha raggiunto il cimitero di Soccavo, alla periferia di Napoli dove il figlio è stato sepolto.

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