MUGNANO, MERCATO ITTICO NEL CENTRO ANTICO
I grossisti sfidano la legge dopo la chisura della struttura
Il reportage. Di notte, tra le «paranze» sfrattate

MUGNANO. I calamari francesi. Quelli teneri teneri. Che ci vuole niente a cucinarli. E i merluzzi freschi arrivati direttamente dalla Norvegia. E poi sogliole, lanzardi, filetti. Sono tutti esposti fra i banconi sistemati alla meglio nel centro storico di Mugnano. Dopo la chiusura del mercato ittico per camorra, i venditori del pesce all’ingrosso si sono trasferiti in piazza. «E’ una vergogna, siamo tornati indietro di sessant’anni», protestano gli esercenti. Proprio qui, tra via Mercato ittico e la provinciale che porta a Melito, cominciò la vendita in strada nel secondo dopoguerra. E qui, dopo i sigilli alla struttura di via Nenni per «pericolo di condizionamento mafioso», sono tornati pescivendoli e grossisti. «Non abbiamo alternative – dice Castrese Crenella, 46 anni e due figli da mantenere -. Non possiamo permetterci di restare fermi per tre settimane: rischiamo il fallimento». Gente ostinata, i pescatori. E dopo la denuncia del senatore Florino di An, («nonostante la chiusura, la vendita continua all’esterno del mercato ittico»), non ci hanno pensato due volte prima di spostarsi nelle strade del centro storico di Mugnano, così come accadeva sessant’anni fa. In linea d’aria la nuova «sede provvisoria» dista poco più di duecento metri dal parcheggio esterno del mercato dove, per tre giorni, è continuata l’attività . «Da qualche parte bisognava pure andare – fa sapere Filippo Chianese, 42 anni, padre di 4 figli – Ci sono i contratti da rispettare, e i fornitori da pagare. Perché il senatore Florino, anziché accusare, non viene a darci una mano?».



Sono le due di notte a Mugnano. Quella appena trascorsa è stata una giornata difficile per la città, con il blocco della circumvallazione da parte degli operatori ittici e il nuovo presidio in piazza Municipio. Alla spicciolata, in via Mercato, arrivano grossisti e operai, con i camion-frigorifero carichi di merce. Gli esercenti piazzano qualche cassetta sulle pedane, poi aspettano i clienti. Gli acquirenti arrivano dall’intera regione, ma in questa notte di trambusto gli affari sono in calo. E così partono le prime telefonate dai clienti. «Ma dove siete? Qui al mercato ci sta solo la polizia». Passano le ore e si moltiplica il via vai di notizie. I furgoncini delle pescherie iniziano ad arrivare numerosi, ma nessuno se la sente di festeggiare. «Abbiamo lottato anni prima di ottenere una struttura all’avanguardia – dice Saverio Aversano, 50 anni, da 27 impegnato nella vendita del pesce -. Siamo gente onesta, noi. Con i camorristi non abbiamo nulla a che fare». Contro il provvedimento di chiusura della struttura di via Nenni il giudizio è unanime. «Il nostro – dice Angelo Troise, 48 anni – è il migliore mercato ittico della provincia di Napoli. In quanto a condizioni igienico-sanitarie non lo batte nessuno. Eppure i controlli sembrano accanirsi contro di noi».



Mentre i grossisti trattano partite di merluzzo e manovrano i tir, un operaio prova a riportare l’ordine. «Non urlate, sennò la gente ci caccia», ammonisce. E in effetti sono in molti ad affacciarsi a balconi e finestre a causa dei rumori. Una signora in pigiama rosa sembra pronta a dirne quattro ai «seccatori notturni». Poi si rende conto della situazione e ci ripensa: «Non vi preoccupate per noi, pensate a lavorare», sussurra a un manovale che era pronto a sorbirsi la ramanzina. Quando si dice la «solidarietà di paese». Intanto, si avvicina la mattina, gli esercenti smontano bilance e banconi a scorte di pesce quasi esaurite. Mugnano si prepara ad un’altra giornata di tensioni.