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domenica, Maggio 5, 2024
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UCCISO IN IRAQ, A MELITO L’ULTIMO SALUTO
Torna a casa la salma di Salvatore Santoro
I familiari: «Tanto fango sulla sua memoria»

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MELITO. Si svolgeranno oggi pomeriggio i funerali di Salvatore Santoro, l’italiano ucciso nel dicembre scorso ad un posto di blocco nei pressi di Ramadi, in Iraq. Amici e familiari accoglieranno la salma, proveniente da Roma, nella chiesa del «Beato Vincenzo Romano» di Melito, la cittadina dove ancora abita la madre 76enne. L’inizio delle esequie è previsto per le 16.30, ma le spoglie potrebbe tornare a casa già in mattinata.

Nella vicenda di Salvatore Santoto sono ancora molti i lati oscuri. L’uomo, nato a Napoli il 10 gennaio 1952, risiedeva da anni
in Gran Bretagna. Fino a due anni prima della morte, viveva a
Londra con la compagna Madeleine Gerard. Poi si era trasferito
altrove. Nel dicembre scorso si trovava in Iraq, secondo alcune
notizie, per conto della “Charity for England and Wales”, la
commissione che regolamenta le ong britanniche. Lo aveva detto
lo stesso Santoro all’ambasciata italiana a Beirut, ma secondo
Sergio Marelli presidente dell’associazione delle ong italiane
“l’uomo non lavorava per nessuna organizzazione ne’ italiana,
ne’ straniera”. Secondo la sorella Maria Luisa, che vive a
Melito, l’ uomo sarebbe andato in Iraq per aiutare il
popolo iracheno. Aveva un passaporto italiano rilasciato dall’
ambasciata italiana ad Amman nel gennaio del 2004, in
sostituzione di quello ottenuto in Gran Bretagna che si era
”deteriorato”.
Secondo le ricostruzioni, Salvatore Santoro sarebbe stato
ucciso a un posto di blocco di insorti iracheni nei pressi di
Ramadi (100 km a ovest di Baghdad), dopo che avrebbe cercato di
superarlo senza fermarsi e avrebbe investito un miliziano. L’
uomo sarebbe stato prima catturato e poi ucciso. Prima di venire
ucciso un reporter iracheno avrebbe scattato delle foto all’
italiano, con gli occhi bendati e le mani legate dietro la
schiena, tenuto sotto la minaccia delle armi da due insorti. In
una delle foto compaiono inoltre quattro insorti armati e
mascherati, con dietro uno striscione con la scritta ‘Movimento
islamico dei mujahiddin dell’ Iraq’.








«FANGO E BUGIE SULLA MEMORIA DI SALVATORE»


Parlano i familiari del 52enne: trattato come un cittadino minore





dall’inviato a SANT’ANTIMO



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«Spero che presto possano individuare gli assassini di Salvatore. Ma anche se li arrestassero, nessuno potrà mai restituircelo. In questo momento ho il dovere di essere forte». A parlare è Carolina Santoro, la sorella minore di Salvatore, l’italiano ucciso nel dicembre scorso ad un posto di blocco nei pressi di Ramadi, in Iraq. E’ toccato a lei e alle altre due sorelle, Maria Luisa e Giovanna, accogliere all’aeroporto romano di Ciampino, martedì scorso, i poveri resti del 52enne. «Una scena straziante», confessa nel suo appartamento di via Serao, a pochi metri dal centro di Sant’Antimo. «Salvatore andava incontro alla vita con un sorriso – dice la sorella Carolina -. Era innamorato della vita, era un inguaribile ottimista. Eppure il suo nome è stato sporcato. Su di lui è stato detto di tutto. Che era un terrorista, che trafficava armi, che era un malvivente. Sapeste quanto abbiamo sofferto per queste ingiurie». Ce l’ha con la stampa e le tv, Carolina. E non fa nulla per nascondere il suo disappunto. «Mio fratello era un generoso. La povertà dell’Iraq l’aveva sconvolto – dice -. Aveva deciso di ritornarvi per aiutare gli orfani, altro che delinquente». Un attimo di pausa, poi la donna continua. «Salvatore amava ripetere che Dio era con lui. Si era convertito all’islam poco dopo essersi lasciato con la sua compagna Maddalena. Fino a quando Dio fosse stato al suo fianco, diceva, non poteva accadergli nulla». E’ commossa e commuove, la sorella di Santoro. La sua immagine composta, quelle parole toccanti, quel ricordo struggente del fratello colpiscono al cuore. Con lei, attorno ad un tavolo in vetro, c’è il marito Vincenzo Castiglione e la zia Cinzia Maione, la sorella minore della madre. «Dalla Farnesina hanno continuato a ripeterci che Salvatore era un eroe, un patriota, un figlio dell’Italia. Che dovevamo essere orgogliosi di lui. Che lo Stato non ci avrebbe dimenticato. Eppure – aggiunge Carolina – nessuno ha accolto la sua salma a Roma. Non c’era un ministro, non c’era un sindaco né un prefetto. Nessuno. Ci hanno pensato i carabinieri a darci un po’ di conforto. Per il resto nulla». C’è rabbia nelle sue parole. Una rabbia quasi feroce. «Chissà quale sarebbe stata la reazione dello Stato se, anziché uno sconosciuto, fosse stato ucciso un personaggio di spicco. Forse esistono davvero i cittadini di serie B…». Mentre la donna prova a trattenere le lacrime, la zia Cinzia racconta alcune circostanze «che hanno ferito tutti». «Quando l’aereo è atterrato, ci saremmo aspettati di vedere uscire una bara avvolta dal tricolore. E invece no. I resti di mio nipote erano in una contenitore di legno grezzo. Sembrava un pacco postale. Una scena terribile». Nello scalo romano, ad attendere la salma di Santoro, c’era anche Vincenzo, il marito di Carolina. «L’unico omaggio possibile alla memoria di mio cognato – afferma- è cercare ora di stabilire come e perché l’abbiano ammazzato». Un lavoro non facile. Secondo le ricostruzioni circolate sulla vicenda, Santoro sarebbe stato ucciso a un posto di blocco dopo aver cercato di superarlo senza fermarsi. Ma i lati oscuri, nella vicenda, sono ancora tanti.


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