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venerdì, Marzo 29, 2024
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Di Lauro al giudice: «Sono un commerciante»

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NAPOLI. «Mi chiamo Paolo Di Lauro. Il mio mestiere? Commerciante». È tutto qua l’interrogatorio del presunto capoclan di Scampia, arrestato venerdì dai carabinieri a Secondigliano e comparso ieri mattina, per la prima volta dopo sette anni, davanti a un magistrato. Allora era a piede libero e veniva sentito in procura come teste; oggi è in carcere e deve rispondere come indagato alle domande del gip Nicola Miraglia del Giudice, che ha firmato nei suoi confronti una delle due ordinanze in base alle quali è detenuto, quella per associazione finalizzata al traffico di droga. Quando il gip gli chiede di precisare l’inizio della sua latitanza, «Ciruzzo ’o milionario» indica la data del provvedimento restrittivo. Poi comunica di volersi avvalere della «facoltà di non rispondere» prevista dal codice. Firma il verbale, saluta il gip e il pm Luigi Alberto Cannavale e torna nella cella di Poggioreale dove è rinchiuso in regime di alta sicurezza. Assistito dall’avvocato Vittorio Giaquinto, suo legale di fiducia, Di Lauro è apparso però determinato a difendersi da tutte le accuse, da lui sempre energicamente contestate. Già negli anni scorsi d’altra parte ha superato senza conseguenze altri procedimenti che lo avevano visto sospettato anche di omicidio. E non è mai stato condannato per associazione camorristica. Ora deve fare i conti con questi due fascicoli, entrambi istruiti dal pm Giovanni Corona, e con le accuse provenienti da alcuni pentiti come Pietro Esposito e Domenico Rocco, interrogati dai pm Corona, Cannavale, Luigi Frunzio e Marco Del Gaudio nelle fasi più calde della faida di Scampia. Ciò nonostante Di Lauro sembra pronto a fronteggiare questa nuova mole di sospetti. «Ciruzzo» ha scosso il capo anche davanti alla circostanza, riportata nell’ordinanza del gip Miraglia, di una sua brevissima conversazione telefonica, prima e unica intercettata in anni di indagini. L’indagato infatti è certo di poter dimostrare che la voce, ascoltata dagli investigatori e a lui attribuita, in realtà appartiene a un’altra persona. E potrebbe partecipare anche all’udienza in programma domani, davanti ai giudici della quarta sezione penale, che lo vede imputato per associazione camorristica insieme ad altri presunti affiliati all’organizzazione malavitosa attiva nella periferia settentrionale della città. Un dibattimento che va avanti da mesi e si avvia ormai a entrare nella sua fase conclusiva. Molti testimoni sono già stati sentiti, altre deposizioni potrebbero essere chieste dalla pubblica accusa, a cominciare dall’escussione dei nuovi collaboratori di giustizia. Le riserve sulla sua presenza in aula saranno comunque sciolte solo alla vigilia del processo. Con ogni probabilità, dopo l’udienza Di Lauro sarà trasferito da Poggioreale in un altro penitenziario e non è escluso (anzi sembra assai probabile) che venga disposto nei suoi confronti il regime del carcere duro, come peraltro già accaduto con il figlio Cosimo. A Di Lauro non sono contestate accuse legate alla faida divampata nell’ultimo anno e costata oltre cinquanta vittime. Su questo versante i pm Cannavale e Frunzio stanno ultimando le indagini per gli episodi principali dello scontro che ha insanguinato Scampia e Secondigliano nell’intento di celebrare prima possibile i processi. Tra gli indagati però non figura «Ciruzzo ’o milionario», che sarebbe intervenuto, secondo gli investigatori, solo dopo l’arresto del figlio Cosimo e con l’obiettivo di raggiungere una tregua tra le due fazioni in lotta. Accordo che sembra essere stato raggiunto. Ma ora, dopo la cattura del latitante numero uno, tutto può tornare in discussione.


La Cupola si organizza torna l’incubo faida

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Meno di un anno fa il pentito Salvatore Giuliano forniva ai magistrati il seguente scenario: «Il gruppo camorristico che comanda a Napoli è costituito da un nuovo cartello di clan. Nella ”cupola” siedono tre famiglie: i Misso, i Mazzarella, i Di Lauro». Ora che i tre presunti capi delle organizzazioni citate dal collaboratore di giustizia sono in cella, come cambierà la criminalità organizzata cittadina? È questo l’interrogativo al quale lavorano in queste ore magistrati e investigatori attivi sul fronte antimafia. A pochi giorni dalla cattura di Paolo Di Lauro, tra gli inquirenti prevale la cautela: l’arresto di un boss non implica l’automatico stravolgimento degli equilibri raggiunti tra le organizzazioni. Anche se i vertici della piramide rispondono ai nomi di Vincenzo Mazzarella, sorpreso lo scorso dicembre a Parigi, nella zona del parco a tema Eurodisney; Giuseppe Misso, detenuto in regime di carcere duro; e in ultimo Paolo Di Lauro. Nessuno dei tre, va chiarito, è tenuto in cella da una sentenza di condanna: i procedimenti istruiti dalla pool anticamorra nei loro confronti sono ancora in corso e si trovano in diverse fasi di giudizio. Ma prendendo per buona la ricostruzione di Salvatore Giuliano, l’ultimo dei malavitosi di un certo spessore ad aver scelto la strada della collaborazione con la giustizia, resta da capire quali saranno le nuove strategie criminali dei gruppi attivi in città. Secondo il collaboratore di giustizia, il cartello Misso-Mazzarella-Di Lauro aveva raggiunto «un accordo di armistizio e suddivisione delle zone d’influenza» con la fazione contrapposta indicata, nel verbale sottoscritto dal pentito il 14 dicembre 2004, nell’alleanza che riunisce, fra gli altri, «i Licciardi, Contini, i fratelli Mallardo». Le due alleanze, è sempre Salvatore Giuliano a sostenerlo, avevano stabilito di ridurre al minimo gli scontri armati: «Per ragioni di calcolo e di convenienza – si legge ancora – i due schieramenti ritengono che ogni guerra provoca morti, poi arresti e, di fatto, l’indebolimento del clan». In pratica, proprio quello che si è verificato con la faida di Scampia, che ha determinato una fortissima pressione investigativa sul territorio di Secondigliano e dell’intera periferia settentrionale della città, sfociando in oltre sessanta ordinanze di custodia cautelare e portando in carcere i presunti capi dei gruppi che si erano fronteggiati senza esclusione di colpi. Gli inquirenti ritengono che, almeno per ora, l’apparente tregua raggiunta a Secondigliano dopo un anno di faida (secondo gli investigatori sancita grazie all’intervento diretto di Paolo Di Lauro) non sarà messa in pericolo dall’arresto di «Ciruzzo ’o milionario». Con ogni probabilità, ragionano gli esperti, l’intesa è stata raggiunta mettendo nel conto anche la possibilità di una cattura dei boss. In questo momento infatti sono detenuti, e già da alcuni mesi, anche il figlio di Di Lauro, Cosimo, e i presunti capi degli scissionisti Raffaele Amato e Giacomo Migliaccio. Da sempre inoltre l’area teatro della faida si regge sull’economia della droga e i troppi omicidi avevano messo a repentaglio le fonti di guadagno dei capi e gli «stipendi» dei gregari rendendo ben presto insostenibile la situazione, anche in virtù della sempre più incessante azione repressiva. Una nuova guerra, pertanto, non farebbe comodo a nessuno. E nel resto della città? Quelli che Salvatore Giuliano definisce come i leader dello schieramento contrapposto al cartello Misso-Mazzarella-Di Lauro sono latitanti: si tratta di Vincenzo Licciardi, esponente della famiglia malavitosa di Secondigliano che, tornato libero per fine pena tre anni or sono, si è prima reso irreperibile e poi è riuscito a sfuggire all’ordinanza di custodia cautelare chiesta dal pm Filippo Beatrice nell’ambito dell’inchiesta sulle ramificazioni imprenditoriali della camorra della periferia nord; e di Edoardo Contini, capoclan del quartiere Vasto, scarcerato nel 2000, sparito dalla circolazione pochi giorni dopo e divenuto latitante l’anno successivo. Il nome di Contini compare anche nell’elenco dei latitanti più pericolosi diffuso dal Viminale. Dal 2002 le ricerche sono state estese anche all’estero. Intanto però Contini ha ottenuto l’annullamento in Cassazione di una condanna a 23 anni per duplice omicidio sulla quale adesso dovrà celebrarsi un nuovo giudizio d’appello. Allo stato non ci sono elementi tali da indurre gli investigatori a sospettare un imminente stravolgimento degli assetti criminali fin qui delineati dalle cosche malavitose. I dubbi però rimangono. L’esperienza insegna che la camorra sa cambiare pelle molto rapidamente e anche la storia recente, attraversata dalla furibonda e insensata guerra di Scampia lascia intravedere l’irruzione sul panorama malavitoso di una nuova generazione camorristica, meno calcolatrice ma ben più spregiudicata e violenta di quella che l’ha preceduta. Una generazione capace di prendere in contropiede non solo l’intelligence ma il suo stesso mondo, salvo poi trovarsi a fare i conti con decine di morti ammazzati, numerosi arresti e un contesto di oggettiva difficoltà. Di questa variabile non si può non tenere conto. Scampia a parte, inoltre, nell’ultimo anno i delitti «eccellenti» non sono mancati e hanno riguardato soprattutto la zona di Forcella, dove la leadership della famiglia Giuliano è ormai definitivamente consegnata agli archivi. L’agguato costato in gennaio la vita all’emergente Edoardo Bove, e l’assassinio ancora misterioso di Nunzio Giuliano, il primogenito della famiglia malavitosa che aveva chiuso con il crimine da oltre vent’anni, ricordano in maniera eclatante che la camorra non ha mai smesso di uccidere. Dunque anche dopo un arresto importante, è da questa dolorosa certezza che bisogna ripartire in attesa di conoscere i nuovi assetti.




DARIO DEL PORTO – IL MATTINO 20 SETTEMBRE 2005

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