Una lapide in marmo nella stazione dell’Arma per non dimenticare il carabiniere Salvatore Nuvoletta, ucciso dalla camorra, in occasione del 24esimo anniversario della scomparsa. La medaglia al valore civile gli è stata assegnata in seguito a una lunga battaglia portata avanti dalla famiglia. Nel frattempo, nel ’97, gli è stata intitolata anche la strada dell’ex pretura a Marano e il comando compagnia di Casal di Principe, dove era in servizio, ma il processo in cui vede coinvolti esponenti del clan dei casalesi non è ancora concluso. «Aspettiamo ancora di vedere consegnati alla giustizia il mandante e tutti i killer del commando che fece fuoco su mio fratello, all’epoca ventenne – dice Fortuna, tre anni in meno di Salvatore – Anche il percorso per vedergli riconosciuta la medaglia d’oro è stato lunghissimo, ora siamo contenti che abbia queste onorificenze, ma chiediamo che mio padre possa vedere la fine del processo. Mia madre, la cui vita è stata distrutta da questa tragedia, non ce l’ha fatta». La signora Giuseppina, infatti, è deceduta pochi mesi fa. Alla cerimonia nella stazione di via Lazio, diretta dal tenente Antonio Telese, il capitano Gaetano De Biase, il colonnello Gaetano Maruccia, il maggiore Fabio Alessandrini, i vertici dell’associazione nazionale carabinieri, insieme con il padre Ferdinando e i fratelli. Una famiglia di uomini in divisa: dei quattro fratelli, tre carabinieri, Enrico, Gennaro e Alberto, e un ispettore di polizia, Arturo. «Non vogliamo che – dicono – questa storia venga dimenticata: è stato ucciso un giovane che credeva fermamente nel suo lavoro». Dedizione testimoniata anche dalla lapide, che recita: «Fulgido esempio di attaccamento al lavoro, dovere, coraggio ed eccezionale senso di abnegazione posta al servizio della collettività».
TONIA LIMATOLA – IL MATTINO 5 LUGLIO 2006
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