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domenica, Maggio 19, 2024
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Ventidue anni, ucciso dopo una rissa in discoteca

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Giugliano: guerra tra bande al «My Toy», poi inseguimento e sparatoria sulla circumvallazione


Guerra tra bande di ragazzi in discoteca: ci scappa il morto. La vittima è un giovane operaio incensurato, il teatro della follia è Giugliano, circumvallazione esterna, direzione Casoria. Qui, all’alba di ieri, dopo una notte di musica e di delirio all’«Alter Ego-My Toy», una notte di sputi e cazzotti nel parcheggio della discoteca, una delle più frequentate della provincia, Ferdinando Liguori, 22 anni, di Casavatore, è stato raggiunto da un colpo di pistola che gli ha tranciato l’arteria femorale, uccidendolo.
Era in auto con quattro amici, due dei quali pregiudicati: a bordo di una Punto stavano correndo verso casa, dopo i bagordi del sabato notte. Un branco di quelli affiatati, che poche ore prima s’era azzuffato con un altro gruppo di giovani prima all’interno del locale, poi nell’area di sosta antistante la discoteca: all’origine della lite, ipotizzano gli investigatori, un’occhiata di troppo rivolta a una ragazza, un complimento, forse, troppo pesante, e poi gli insulti, gli spintoni, la zuffa che ha coinvolto una decina di giovani.
Erano accorsi – in due riprese – quelli della security a dividere i contendenti, a mettere fine alla scazzottata: fuori dai piedi, ragazzi, andate a suonarvele altrove. Ma la disputa tutt’altro che chiusa. L’epilogo, sanguinoso, s’è consumato nel buio della notte, tra le corsie della circumvallazione, e più precisamente nei pressi della rotonda dell’area Asi: l’auto su cui viaggiavano Ferdinando e i suoi amici è stata affiancata, verso le 5, da una Smart bianca. E a parlare, stavolta, sono state le armi. Uno dei due occupanti della city-car ha esploso quattro colpi di pistola all’indirizzo della Punto, raggiungendo la fiancata sinistra e il cofano.
A rimetterci la vita è stato il ventiduenne: Ferdinando, fisico da granatiere, la fedina penale immacolata, si trovava sul sedile posteriore: il proiettile ha bucato la fiancata sinistra dell’auto ed è penetrato nella parte superiore della coscia del giovane. L’auto degli aggressori si è allontanata subito, mentre quella a bordo della quale viaggiava Ferdinando ha proseguito la sua corsa in direzione del Nuovo Pellegrini. Ma a nulla è valsa la premura degli amici: il ragazzo è morto un’ora dopo il ricovero, dissanguato.
Notti balorde e «coatte» di poveri cristi, ma anche di delinquenti e teppisti, quelli che la camorra ce l’hanno nel sangue. Notti d’inedia trascorse a cercare il pretesto, spesso, per litigare con le paranze avversarie, da Giugliano a Casavatore, da Arzano a Casoria. È in questo scenario che è maturata la lite dell’altra notte, e dopo la lite, l’alba di fuoco sulla circumvallazione. Quelli del branco se l’erano date di santa ragione nel piazzale di sosta del «My Toy», ma la lite – hanno ricostruito gli investigatori della Mobile, con il vicequestore Panico, e gli uomini del commissariato Giugliano, guidato dal vicequestore Grauso – era cominciata prima, nei pressi del bar della discoteca, che già in passato era stata teatro di altri fatti di «nera» (vedi a parte). La polizia ha ascoltato ieri per l’intera giornata gli addetti alla sicurezza della discoteca e alcune persone che hanno assitito alla lite, nel tentativo di individuare i giovani che hanno partecipato alla rissa. Sotto torchio anche gli amici di Ferdinando: con lui, a bordo della Punto, viaggiavano Antonio De Blasio, 22 anni, proprietario dell’auto, un rosario di precedenti penali per droga; L.D., 17 anni e già schedato dalla polizia (rapina); Emilio Forino, 19 anni e Antonio Vitale, abitante in via Duca degli Abruzzi, a Napoli. Chi ha ucciso Ferdinando? Una pista porterebbe a Secondigliano, da dove ogni fine settimana partono frotte di giovani per raggiungere i locali del giuglianese e dell’area domizia.
Ferdinando Liguori, incensurato, abitava con i genitori, un fratello e due sorelle nella zona delle palazzine popolari di via ex Tranvie, a Casavatore. Avrebbe coronato proprio oggi un sogno che inseguiva da tempo, quello di prendere servizio, con un contratto di formazione, nell’azienda dove lavora anche il padre Gennaro: la Magrini, specializzata in componentistica elettrica. Un colpo di pistola s’è portato via i suoi giorni e i suoi sogni, mentre già si annuncia un giro di vite per i locali notturni, dove in molti, in troppi casi, ragazzi e ragazze il cui unico desiderio è ballare e scrollarsi di dosso le tensioni della settimana sono costretti a dividere la pista con camorristi più o meno in erba o malintenzionati della peggior risma. Il «My Toy» era stato controllato dalla polizia proprio la scorsa notte, qualche ora prima della rissa poi finita a colpi di pistola, nell’ambito di una consueta operazione a largo raggio. Al momento della visita degli agenti, all’interno del «My Toy» c’erano poco meno di 1300 persone, e tutto era sembrato tranquillo. VI0TTORIO DEL TUFO

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IL TITOLARE: «Non ho colpe: sei anni fa persi un occhio per una lite»

Quello che è accaduto mi dispiace, un ragazzo di 22 anni che muore è una tragedia troppo grande, ma noi non possiamo rimproverarci nulla». A parlare è Domenico Distratto, uno dei titolari della discoteca Alter Ego-My Toy. Distratto ha un occhio solo. Sei anni fa, era il 1993, fu raggiunto da un colpo di pistola in pieno volto mentre, con alcuni buttafuori, cercava di sedare una rissa scoppiata all’interno del locale. Miracolosamente si salvò, ma perse l’occhio sinistro.
«Adesso tutti ci daranno addosso, il nostro locale per i giornali diverrà un punto di ritrovo abituale di malviventi, ma non è così. Da noi vengono per lo più ragazzi di Napoli, di famiglie bene. Studenti o gente che lavora. Abbiamo 30 ragazzi che si occupano solo della sicurezza. Dopo il ’93, per un periodo abbiamo avuto delle guardie giurate all’interno della discoteca. Inoltre, da allora, abbiamo deciso di star chiusi la domenica e aprire solo il sabato, perché avevamo notato che la domenica era più difficile selezionare l’ambiente. Per lo stesso motivo rinunciammo a serate particolari, raduni, ed altro. Sta però diventando ogni giorno più difficile tenere aperta una discoteca. Da un lato i controlli asfissianti, dall’altro questi ragazzini… Quasi quasi chiudo tutto e trasformo il locale in un albergo per coppiette, così stiamo tutti più tranquilli».
I titolari del My Toy nei mesi scorsi avevano scritto al questore chiedendo maggiori controlli della polizia. L’altra notte c’era stato anche un controllo della polizia. Gli agenti della squadra amministrativa del commissariato di Giugliano avevano controllato il locale insieme ad altre discoteche e pub del Giuglianese, e avevano trovato tutto in regola.
Era quasi all’orario di chiusura, quando, nei pressi del bar è scoppiata una rissa tra due gruppi di ragazzi. «Io ero sopra, nel locale adibito ad ufficio. Ho visto che dei ragazzi venivano alle mani ed i nostri buttafuori che intervenivano per separarli. Li hanno divisi ed accompagnati fuori. Poco dopo, ho visto i ragazzi della sicurezza che correvano verso il parcheggio, perché quelli avevano ripreso a litigare, e li stavano facendo salire in auto. Per noi l’incidente era finito».
Il personale era ritornato all’interno del locale. «Stavamo controllando l’esodo dei clienti e mi ero praticamente scordato di quell’episodio. Poco prima delle sei è arrivata una pattuglia della polizia. Li ho visti che cercavano qualcosa con delle torce elettriche, sono sceso e li ho raggiunti chiedendo se potevo essergli utile e quelli mi hanno chiesto dove fosse avvenuta la sparatoria. Ci siamo guardati in viso, poi gli ho chiesto ”scusate ma di quale sparatoria state parlando?” Ho saputo così che qualcuno era stato sparato».
I titolari della discoteca ora sono preoccupati: «Ho sentito che starebbero per chiudere il nostro locale, mi chiedo a cosa servirà. Noi non abbiamo responsabilità per l’accaduto. È ingiusto se ora ci chiudono, noi cerchiamo di mantenere l’ambiente pulito. Da noi non gira droga e stiamo molto attenti a non far entrare gente impasticcata. I nostri addetti alla sicurezza tengono costantemente sotto controllo i clienti e per evitare problemi abbiamo deciso di non fare serate di tendenza e di fare solo musica commerciale. Se ci chiudono non ottengono niente». ANTONIO POZIELLO







LO STRAZIO DEI GENITORI: NANDO AVREBBE COMINCIATO OGGI A LAVORARE
«Ci aveva promesso: starò attento…»

Papà vado in discoteca. E non ti preoccupare. Starò attento e non farò tardi». Gennaro Liguori, il papà di Ferdinando, ucciso per una stupida, feroce vendetta del branco di turno, dopo una rissa nella discoteca «My Toy» di Giugliano, ripete come un automa le ultime parole del figlio: «Non ti preoccupare…».
«Era un bravo ragazzo…»: gli occhi di papà Gennaro, che hanno il colore del mare, sono sommersi dalle lacrime. Gennaro Liguori soregge la moglie, Giuseppina Gallo, completamente svuotata nell’animo e nel fisico. La mamma di Ferdinando, aggrappata agli altri due figli Salvatore, 18 anni, e Lina di 20 anni, non ha memmeno la forza di scendere dall’auto, deve essere sorretta a forza. La donna ha vissuto un dramma nella tragedia. Suo figlio si è spento in un lettino del reparto di rianimazione, a pochi metri dalla nonna materna, ricoverata qualche giorno fa e in fin di vita dopo un grave malore.
Ore 17. In via Ex Tramvia, a Casavatore, è l’ora del dolore. I genitori di Ferdinando sono appena tornati dalla sala mortuaria dell’ospedale «Don Bosco», l’ex Nuovo Pellegrini. Le finestre del condominio sono tutte spalancate, e le donne affacciate tormentano i fazzoletti pieni di lacrine. Nel cortile mani veloci afferrano a volo e chiudono in casa i bimbi piccoli, vestiti in maschera per il carnevale. Il piccolo corteo sale i cinque piani che conducono nel lindo e ordinato appartamento da dove, sabato sera, è uscito per l’ultima volta il loro ragazzo. Le scale hanno il sapore di un Golgota assurdo, incomprensibile, devastante. Vite bruciate. Una vampata di dolore e disperazione ha cancellato alle cinque del mattino l’esistenza dei familiari di Ferdinando, morto dissanguato sul tavolo operatorio.
«Era proprio un bravo ragazzo. Uno a posto». Luigi De Blasio, il fratello di Antonio (il proprietario della Punto sulla quale ieri mattina alle quattro è stato colpito a morte Ferdinando Liguori) commenta con amarezza quanto è accaduto. «Nando era uno di quelli che non hanno grilli per la testa, sempre disponibile, anche con noi che qualche guaio con la legge lo abbiamo avuto. Lui era uno che non si immischiava nelle risse o in altre ”tarantelle”. Vinta la diffidenza con il cronista, si avvicinano gli altri condomini: annuiscono ogni volta che uno di loro racconta di questa tragedia che ha stroncato la vita ad un bravo ragazzo. «Che cosa assurda, che cosa assurda» ripete una donna con un bimbo appena nato in braccio. «Sono proprio brave persone, gente che non ha mai dato né creato fastidi a nessuno, e lui, Ferdinando, era un pezzo di ragazzo, bello, simpatico e gentile con tutti». Al quinto piano, inizia la processione dei parenti. C’è tanta dignità e un silenzioso dolore che sembra attutire i ruomori soliti di una domenica sera in un quartiere popolare. Gennaro Liguori ha finito le lacrime, guarda fisso il vuoto e poi a bassa voce dice: «Era così contento il mio Nando. Domani (oggi, ndr) doveva riprendere a lavorare in fabbrica (la Magrini, azienda del comparto elettrico, ndr), con me. Ci teneva tantissimo ed era contento perché questa era la seconda chiamata per un periodo di quattri mesi. Ora invece non c’è più niente… più niente…».
Dalla casa, silenziosa, si avverte appena il respiro affannoso di mamma Giuseppina e il singhiozzo smorzato di Gennaro Liguori. Poi la porta si chiude, lentamente, e sul pianerottolo cala il buio. MARCO DI CATERINO



DISPOSTI CONTROLLI A TAPPETO. I PRECEDENTI


E nelle discoteche torna la paura. A poche ore dalla rissa, poi degenerata in tragedia, con l’omicidio di un ragazzo di 22 anni, il questore di Napoli, Antonio Manganelli, annuncia un giro di vite disponendo controlli a tappeto nei locali notturni della provincia. La questura attuerà nuove verifiche per verificare se esistano elementi per disporre la chiusura a tempo indeterminato dei locali considerati ritrovo di pregiudicati o di quelli in cui si ripetono frequentemente episodi da cui poi derivano atti di violenza, come appunto il «My Toy» di Giugliano. La discoteca era stata controllata dalla polizia proprio la scorsa notte: qualche ora prima della rissa una squadra di agenti della polizia amministrativa del commissariato di Giugliano era entrata nel locale per effettuare un controllo. Poche ore dopo, la lite tra le due bande di giovani. Il My Toy non è nuovo però ad episodi di violenza. Nel 1993, uno dei proprietari, Domenico Distratto, era stato ferito al volto da un colpo di pistola proprio mentre cercava di sedare una rissa. Una lite scoppiata all’interno del My Toy il 9 ottobre scorso, invece, fu, secondo la polizia, la molla che portò all’omicidio il giorno dopo, in piazza Mercato a Napoli, di un pescivendolo incensurato, Salvatore Acciarino. A gennaio fu poi il figlio del boss di camorra Luigi Giuliano, a sfuggire a un agguato dopo essere uscito dalla discoteca di Giugliano.



IL COMMENTO: L’Inferno Abita…



In un deserto da terza guerra mondiale, dove persino la topografia è sconvolta, gli orrori proliferano inarrestabili: case abusive legali e case che somigliano a prigioni, supermercati che sono nuove chiese e chiese che sembrano supermercati, scuole che cadono a pezzi e locali nuovi di zecca…
Cominciate a vedere? Lo so che molti di noi ci passano o ci vivono ogni giorno, ma vi chiedo di guardare, di guardare meglio. È in questo deserto post-atomico dove la bellezza è «na strunzata» e la giustizia «so’ chiacchiere», che si sfoga la muta di bestie umane, il branco che ammazza o stupra o picchia o sfascia o incendia: ma sfoga che cosa, chiediamo atterriti, e perché? Ma perché tutto ciò che non crea qualcosa, e non libera energie vitali, e non rompe la scorza degli egoismi, prima o poi scoppierà da qualche parte.
Eh, no, sarebbe troppo facile prendersela con i soliti comodi camorristi. E la rabbia feroce che sale dall’urlo dei clacson per un attimo fermi all’incrocio? E la rabbia ottusa di comprare e comprare fino a sentirsi stanchi e nauseati? E la rabbia isterica per chiunque ci ostacola, ci chiede qualcosa, ci fa perdere tempo? Noi barricati in casa tra urla e coca-cola, televisioni e mutismi, merendine e facce cupe, siamo forse tutti una banda di delinquenti?
La violenza sta gonfiando sotto i nostri piedi come una lava vulcanica, si infiltra nei comportamenti e fino nel più profondo dei sensi: se anche il modo di amare che ci tocca in sorte è sbadato, idiota e muto, ci sarà pure una ragione. E allora non pensiamo solo a chiudere le diaboliche discoteche! Proviamo invece a scenderci noi, là; a scollarci dai luoghi comuni e dalle abitudini; a prestargli attenzione, a questi alieni che ci vivono intorno e si aggirano nelle nostre case.
Quella rabbia non è solo insensata, quella furia non è solo omicida, quella sete di morte è spesso solo una sete di vita non saziata. E non basterà, per sciacquarci la coscienza, chiudere un My Toy, perché allora dovremmo chiudere tutto: le periferie disumane, le scuole suicide, le palestre per madri nevrotiche, le strade che scoppiano di automobili, i palazzi dove si fanno le leggi.
Il ragazzo ucciso l’altra sera si chiamava Ferdinando, ma potrebbe chiamarsi con tanti altri nomi…


IL MATTINO 6 MARZO 2000

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