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venerdì, Maggio 17, 2024
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LITERNUM, QUELLA TOMBA DELLA MEMORIA

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Questa estate resterà a lungo impressa nella memoria collettiva degli italiani. Tra piromani scatenati, delitti impuniti, bambole difettose, divi dello sport che frodano il fisco e starlette che vanno in escandescenza per accaparrarsi il posto migliore nel privè di Briatore, non ci siamo fatti mancare proprio niente. Un balletto di news, spesso tragiche e talvolta ridicole, che hanno fatto da sfondo a questo torrido agosto. Tra le tante notizie, tutte ampiamente analizzate dalle grandi firme dei quotidiani nazionali, mi è capitato di imbattermi in una storia, o meglio in un racconto che vede protagonista il territorio giuglianese e in particolare l’area di Liternum. Un luogo che – secondo un celebre passo di Plinio – accoglie le spoglie del suo fondatore: il console romano Scipione, l’uomo che nella celebre battaglia di Zama sconfisse Annibale. Come in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta dei luoghi attraversati dall’Africano e dal generale cartaginese, Paolo Rumiz, il valente scrittore e editorialista di Repubblica, in prossimità del sito archeologico di Lago Patria, in uno “slancio” propagandistico verso il nostro martoriato territorio, scrive testualmente: “Passo Cuma della Sibilla, i fumanti Campi Flegrei, l’antica via Campana tra Capua e il Tirreno, il margine dell’Ager Campanus punteggiato da roghi di munnezza, e a un tratto la segnaletica comincia a sparare un nome squillante: patria. Marina di Patria, Lago Patria, Quadrivio di Patria. Liternum è lì in mezzo, dimenticata tra svincoli, canali, sfasciumi, canneti, prostitute e alberghi non finiti. È questa la patria che circonda le ceneri di Scipione”. Fin qui ben poco da ridire: la descrizione non fa una grinza. Poi, però, non disdegnando qualche piccola ma fastidiosa inesattezza, aggiunge: “Il nome di Scipione qui non se lo fila nessuno. Non c’è nessun pantheon, nessuna tomba, nessun monumento, nessun cartello a ricordarlo. Liternum è solo un ammasso di rovine coperto d’erbacce e recintato dalla locale soprintendenza. Le rovine più degradate d’Italia, ma nobili e indifferenti allo sfascio che le circonda, all’immondezzaio che le ricopre e al grande nulla che ci inghiotte tutti”. Siamo alle solite, insomma. Si continua a sparare sulla croce rossa, incuranti o forse solo non sufficientemente informati su quanto è stato fatto e, seppur in una fase embrionale, si sta progettando per l’area. Corre l’obbligo, quindi, di precisare alcune cose. Innanzitutto un simbolo, o meglio un’ara (del periodo fascista) in memoria di Scipione c’è. Niente di trascendentale, intendiamoci, ma resta pur sempre una testimonianza. Quanto all’immondezzaio che ricoprirebbe le rovine, credo si tratti di un chiaro esempio di esagerazione giornalistica. E che dire poi di quel “il nome di Scipione qui non se lo fila nessuno”. Niente di più errato, visto che non di rado in quell’area sono state promosse importanti iniziative culturali e che proprio ieri l’associazione Progetto 2001, col patrocinio e il contributo del Comune di Giugliano, la collaborazione della Regione Campania e di altri enti e associazioni locali, ha presentato la rassegna Liternum 2007. Senza contare poi lo stanziamento regionale di tre milioni di euro per il parco archeologico di Liternum.

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