«A Napoli è in corso da mesi una guerra a bassa intensità tra i clan di camorra. Al di là di questa considerazione, siamo consapevoli che i rischi possono però essere di altro tipo, anche di attacco a figure che vanno ben oltre la dimensione criminale e le guerre di camorra. In particolare ci sono soggetti sovraesposti, e la riorganizzazione sul modello mafioso dei Casalesi può portare anche a un attacco rivolto a soggetti delle istutuzioni». La commissione parlamentare Antimafia è a Napoli e il suo presidente, Francesco Forgione, lancia l’allarme: c’è il rischio che i clan di Terra di Lavoro, colpiti al cuore da una serie di iniziative giudiziarie importanti, stiano organizzando una ritorsione. Una risposta forte ed eclatante tesa non solo a dimostrare di essere ancora padroni del territorio ma anche una forma di vendetta contro lo Stato e contro personalità che, negli ultimi anni, sono state in prima linea nella strategia di contrasto alla criminalità organizzata. «I nomi sono quelli già noti – ha proseguito Forgione conversando con i giornalisti al termine dell’audizione con i vertici della Procura e della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, durata l’intera mattinata – sono quelli già noti, già li conoscete. Ora però dobbiamo alzare la guardia». Parole e toni preoccupati diventano l’inquietante sigillo a un vertice che coincide con il riacutizzarsi dell’emergenza criminale, con sei morti ammazzati in soli cinque giorni nel Napoletano. Inevitabile, di fronte alle parole allarmate del presidente Forgione, che il pensiero corra a un nome: quello di Raffaele Cantone, magistrato di punta della Dda, che resta da tempo nel mirino della camorra casertana e casalese in particolare, che evidentemente non perdona agli uomini dello Stato gli innegabili successi investigativi. Cantone lascerà tra giorni l’ufficio della Dda di Napoli, destinato a nuovo incarico presso la Corte di Cassazione. Ma per lui (come per lo scrittore Roberto Saviano, pure nel mirino dei Casalesi) è ovvio che il livello di attenzione per quel che riguarda le misure di protezione e prevenzione resti altissimo. Nella riunione di ieri mattina in Prefettura erano presenti, oltre al procuratore Giovandomenico Lepore, il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, Lucio Di Pietro e il cordinatore della dda di Napoli, Franco Roberti, anche i sostituti Maria Antonietta Troncone, Antonello Ardituro, Nunzio Fragliasso, oltre allo stesso Cantone. Forte e chiaro il messaggio lanciato dai magistrati ai parlamentari dell’Antimafia: servono immediate modifiche legislative capaci di incidere su una situazione che si è fatta molto delicata. «In particolare – riassume il procuratore aggiunto Roberti – occorre garantire la certezza della pena, in particolare rispetto all’istituto del patteggiamento allargato che di fatto dimezza la pena per i camorristi; evitare le lungaggini processuali, continuare a operare sul fronte delle misure di prevenzione patrimoniale e incidere sul regime carcerario del 41 bis». Su quest’ultimo punto, come ha spiegato Lucio Di Pietro, i magistrati chiedono «maggiore razionalità nell’individuazione delle competenze giurisdizionali, visto che il 41 bis è una procedura amministrativa che è stata “giurisdizionalizzata”». I temi trattati ieri dall’Antimafia saranno sottoposti ora al ministro dell’Interno. «Di tutte queste tematiche – chiarisce Forgione – parleremo al ministro Giuliano Amato durante l’audizione programmata per il 3 ottobre in commissione. Porremo un problema di verifiche e di bilanci di quello che è stato fatto fino a oggi da parte del governo e da parte del Parlamento; riproporremo la necessità di operare un salto di qualità nell’azione del governo, del Consiglio superiore della magistratura e anche del Parlamento per quanto riguarda la necessità di alcune modifiche legislative rispetto ai problemi che Napoli ci pone».
GIUSEPPE CRIMALDI – IL MATTINO 29 SETTEMBRE 2007
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