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domenica, Aprile 28, 2024
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RAPINA, TABACCAIO AMMAZZATO

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Lo hanno colpito alle spalle, centrandolo con un proiettile esploso a distanza ravvicinata. Un omicidio consumato nel centro storico del paese a pochi chilometri da Napoli – davanti a decine di passanti e di potenziali testimoni. Francesco Gaito, tabaccaio quarantasettenne, è stato ammazzato non lontano dal proprio negozio, mentre portava in banca l’incasso del fine settimana. Gli mancavano soltanto sessanta passi per raggiungere la filiale della Banca di Roma, quando è stato aggredito e ucciso da almeno due rapinatori. E proprio accanto al corpo senza vita di Gaito non passa inosservato il cartello «zona videosorvegliata», un’indicazione beffarda dal momento che le telecamere non hanno coperto il luogo dell’assassinio. Tuttavia non si esclude che prima o dopo il raid i banditi siano passati nel raggio d’azione della videosorveglianza, offrendo tracce significative agli inquirenti. La tragedia, intorno alle nove e trenta di ieri mattina tra piazza Matteotti e via Cardinale Verde, vicino alla centralissima piazza della Repubblica, dove la vittima gestiva il negozio di famiglia. È toccato al fratello Angelo stringere per l’ultima volta le mani di Franco, come tutti lo chiamano. Con un filo di voce, Franco è riuscito anche a pronunciare le ultime parole: «Aiutami, ti prego, aiutami a vivere». In tasca aveva circa settemila euro, i soldi delle vendite e delle giocate del Lotto incassate nei giorni precedenti. I banditi non hanno fatto in tempo a portarli via. La reazione dell’uomo e il suo tentativo di sfuggiere agli aggressori gli sono stati fatali. Francesco Gaito lascia una moglie e due figli, un maschio di diciotto anni e una ragazzina di tredici. Il colpo esploso da una calibro 9 per 21 si è conficcato nella zona lombare e gli ha perforato il fegato. A terra, il commerciante è morto dopo una straziante agonia. Una scena osservata in silenzio da decine di persone ai balconi, all’angolo della strada o all’interno delle auto diligentemente incolonnate dinanzi al cadavere. C’è chi ha visto qualcosa. C’è chi ha violato la consegna del silenzio ed ha collaborato con gli inquirenti. C’è una traccia sul taccuino dei carabinieri, coordinati dal comandante provinciale Gaetano Maruccia e dalla compagnia di Castello di Cisterna. Ad entrare in azione due o tre malviventi. Hanno agito a piedi, ma è probabile che avessero un’auto (o uno scooter) nelle vicinanze per poter scappare via. Hanno atteso l’uomo nella zona di via Cardinale Verde, seguendolo con lo sguardo mentre percorreva via Roma, conoscendo le sue abitudini. Gli inquirenti stanno passando al setaccio le immagini a disposizione (comprese quelle della banca), nel tentativo di ricucire i particolari resi dai testimoni e formulare un identikit efficace. I malviventi sono scappati in direzione via Cardinale Verde: da lì potevano raggiungere l’Asse mediano o la statale Appia. La pista più accreditata porta alla delinquenza di Melito e Secondigliano. A Sant’Antimo, il silenzio si fa irreale. La tensione trova sfogo nelle urla della nipote della vittima. Si chiama Marianna Gaito e ha ventiquattro anni. Urla verso la folla: «E ora ditemi che nessuno di voi ha visto nulla. Siete peggio dei camorristi, siete una città di camorristi». Le indagini partono da qui. E intanto i sindaci della zona chiedono più controlli. Il primo cittadino di Sant’Antimo Francesco Piemonte è duro: «Forze di polizia ridotte, qui hanno anche chiuso il commissariato».

LEANDRO DEL GAUDIO



Franco aveva paura di fare il tabaccaio

Sangue nel paese che ha dato i natali al fondatore dell’Alfa Romeo


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Sant’Antimo. Quando portano via il cadavere di Franco, un anziano carabiniere raccoglie quei settemila euro e gli assegni dentro a una busta di plastica incolore. E li sistema in macchina, sul sedile anteriore. Si intravedono oggetti personali. C’è anche un portafogli sgualcito, di colore marrone. È quello della vittima. «Con me scherzava spesso: oggi giocati un bel terno, Agostì – mi sussurrava quando di mattina presto usciva di casa per aprire la tabaccheria che faceva anche da ricevitoria del lotto – così con i soldi che vinci mi fai pure un bel regalo. E io gli rispondevo, complice: ti giuro che se vinco, ti porto in Australia con me. A vedere come saltano i canguri». Via De Nicola, un palazzotto perbene col cortile interno e i ballatoi poco assolati. I Gaito stanno al secondo piano. In casa, la porta spalancata sul pianerottolo, solo Antonio e Maria, i due figlioli di 18 e 13 anni. Con gli amici intorno a offrire conforto. L’hanno saputo a scuola. Sono sotto choc. Agostino Ambrosio, portiere, racconta tenero di Francesco, della sua vita, del suo fisico robusto, dei suoi docili umori: «Mio cognato è stato rapinato proprio qui davanti – spiega – pistola alla gola, per fortuna non ha reagito. Francesco invece no, ha resistito e si è fatto ammazzare. Povero amico mio, la sua più intensa gioia era uscire per una passeggiata la domenica pomeriggio insieme a moglie e figli. Maledetto paese… che volete che vi dica, che a me sotto casa hanno rubato perfino la bicicletta? Ebbene sì: pensavo che scherzasse, invece quello lì se l’è proprio portata via». È il paese dove nacque il papà dell’Alfa Romeo. Qui erano famosi anche per le parrucche: vendevano a prezzi salati i capelli delle donne. E il pizzo? Quanto ancora conta il racket qui a Sant’Antimo? «Pagano tutti. Chi un centesimo, chi cento. Tutti. Quello che viene a prelevare i soldi di solito è uno scemo, ma se lo tocchi passi guai seri». E continua, l’anziano portiere, ricordando l’amico inquilino che adesso non c’è più: «A volte gli dicevo dài facciamo a cambio: tu vieni in portineria, io vado al Tabacchi. Lui mi rispondeva serio: guarda che è faticoso stare tutto il giorno in negozio. Ed è anche pericoloso». I soldi delle giocate. Quelli delle vendite di sigarette e di ogni altro ben di Dio. Quelli versati ogni settimana dagli extracomunitari perché siano spediti rapidamente a casa. Il sabato, giorno di paga, la folla di pakistani che vive in paese (quasi cinquemila) si affolla nella rivendita. E in cassa fioccano i contanti. Responsabilità. Pericoli. Ansie e timori. Eppure, tutti raccontano Francesco come un uomo sereno, equilibrato, ironico. I due figli, la sua passione. Per il grande, Antonio di 18 anni, sognava la carriera di giornalista. E conservava di nascosto i suoi articoli quando venivano pubblicati su un giornale on line. Della piccola, Maria, era letteralmente pazzo. Poteva chiedergli la luna. Ora Franco se ne è andato. E la sua famiglia ondeggia ma resta in piedi. Patrizia Chianese, la moglie, si sente male. I medici del 118 tentano di rianimarla. Dei due figli, Antonio è quello che ha visto il cadavere del suo papà su un sito Internet. Un orrore. In tempo reale. Maria, invece, se ne sta in un angolino del salotto, le gambe intrecciate, lo sguardo immoto. Non piange. Non parla. Antonio, 20 anni, uno dei nipoti, passa veloce in cortile e scandisce nitido: «In questo paese comanda la camorra. Scrivètelo, chè di questa violenza non ne possiamo più». Antimo Puca, amico di famiglia ed ex sindaco negli anni ’80, ricorda Francesco dicendo solo che «era uomo di mitezza inusuale». Venerdì prossimo alla biblioteca comunale si discute di camorra con don Luigi Merola, il parroco napoletano di Forcella. Ma di camorra si avvelenano i polmoni, qui nella enorme piazza e tutt’intorno. La banda dei Puca, quella dei Verde, e dei Petito e dei Ranucci. «Abbiamo sempre fatto del bene a tutti», ricorda Angelo Gaito, il fratello della vittima. Già, e questo è il ringraziamento.

ENZO CIACCIO




LA TESTIMONIANZA: ANCHE MIO PADRE UCCISO COSI, RESTA SOLO UN FASCICOLO



«Un commento sull’omicidio del tabaccaio? Te lo do subito il commento: è stato ucciso come mio padre, qui, in questo bar, due anni fa di questi tempi». Di getto è il ricordo sofferto del figlio di un’altra vittima della delinquenza locale, quel Carlo Cascella ucciso il due dicembre del 2005 nel proprio bar. Un omicidio in via Roma, a dieci metri da piazza Matteotti, che è il luogo in cui è stato affrontato e ucciso il tabaccaio Francesco Gaito. In dieci metri quadrati, più o meno nella stessa strada, sono stati consumati due omicidi. Tutto a distanza di pochi mesi, senza contare scippi, aggressioni e rapine che si susseguono nello stesso comune dell’asse mediano. Uno scenario rivissuto da Santo, il figlio di Carlo Cascella, che ora gestisce il locale. Ancora un omicidio, ancora crimine scatenato. Cosa ha provato di fronte all’ultimo agguato? «Ho avuto paura per mia madre e mi sono preoccupato soprattutto di lei». Perché, cosa è successo a sua madre? «Era alla cassa quando è stato ucciso Franco Gaito. Per un attimo mia madre si è trovata a rivivere quei terribili momenti dell’omicidio del marito, di mio padre, ed è normale che si è sentita poco bene. È svenuta, ha avuto un mancamento, tanto che l’abbiamo portata via». Questa volta, l’omicidio di Gaito è avvenuto proprio all’esterno del suo negozio. Da commerciante, oltre che da figlio di un commerciante ucciso, che cosa prova? «Rabbia, sconforto. Ma non c’è solo emozione e turbamento. C’è anche un ragionamento che faccio da tempo e che andrebbe bene anche a luci spente, quando cioé l’attenzione dell’opinione pubblica è meno alta». A cosa si riferisce? «A due anni dall’omicidio di mio padre, c’è un’inchiesta aperta e nulla più. Un fascicolo che racconta il lutto di una famiglia, la mia. Credo che basterebbe questo per far capire perché da queste parti c’è chi ha il grilletto facile, perché nessuno si scompone se nella stessa strada – parliamo del nostro centro storico – vengano sacrificate le vite di due commercianti».

l.d.g



CITTA’ PRESIDIATA, BANDE IN PERIFIERIA

Una crescita qualitativa prima ancora che numerica. Il volto della provincia – stando ai dati del crimine ordinario – è tutt’altro che incoraggiante. Lo scenario sul tavolo degli inquirenti che controllano micro e macrocriminalità si racchiude nella metafora della coperta corta, destinata a lasciare scoperti interi pezzi dell’area metropolitana. Numeri e statistiche prime di tutto. Ad un anno dal varo del piano Amato, il cosiddetto patto per la sicurezza trapiantato da Napoli agli altri contesti metropolitani, la provincia resta la grande incompleta. La grande sofferente. Calano del venti per cento (con picchi anche più significativi in alcuni mesi) i crimini da strada nel centro napoletano. Mentre i comuni della fascia metropolitana, da Giugliano a Torre Annunziata, fanno registrare un pericoloso incremento. Un trend in crescita rispetto alle statistiche (comunque negative) degli scorsi anni. Non solo in termini numerici, ma anche qualitativi, fanno capire gli inquirenti, che trovano il proprio coordinamento naturale nel pool criminalità predatoria del procuratore aggiunto Paolo Mancuso, che già da tre anni tratta il crimine ordinario con la stessa strategia dell’anticamorra. Uno scenario tutto in salita dunque. Preoccupa anche la qualità dei delitti consumati. In pochi mesi sono tre i fatti gravissimi messi a segno da balordi, tossici o addirittura da bande specializzate, gente che controlla in modo militare il territorio. La scorso sedici maggio, viene uccisa a Giugliano Piera Calanna, una 52enne che si limita ad abozzare la difesa della propria auto dall’aggressione di due rom, uno dei quali è stato arrestato ed è attualmente sotto processo, nel corso delle indagini del pm Gloria Sanseverino. Sabato scorso nella lunga serie di delitti che hanno riguardato i comuni della provincia c’è ancora la storia di una commerciante ferita nel corso di una tentata rapina. È la storia di una donna ferita agli occhi, dopo il raid nel supermercato Conad di via Casacelle, nel Giuglianese, da due rapinatori armati di fucile. È l’allarme qualitativo, a cui fanno riferimento gli inquirenti. Al centro di Napoli ormai vengono consumate sempre meno rapine in banca, sempre meno raid organizzati. In provincia criminali e predatori imperversano quasi ogni giorno. Come nel caso dell’omicidio avvenuto ieri a Sant’Antimo. Chi lo ha ucciso conosceva le abitudini della famiglia Gaito e sapeva che ogni lunedì in banca arrivava l’incasso più importante. Quello che ieri mattina, Franco ha per un attimo provato a difendere.
l.d.g.






IL MATTINO 9 OTTOBRE 2007

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