Caro ministro Amato,
Prometto di rubarle solo pochi minuti.
Le scrivo per invitarla a Sant’Antimo, quel paesone a nord di Napoli dove due disgraziati hanno ucciso a colpi di pistola un piccolo tabaccaio inerme.
Immagino che sarà particolarmente impegnato, in questi giorni, per la stesura del pacchetto sicurezza. Ma, proprio per questo, credo nell’importanza di una sua visita da queste parti.
Venga a Sant’Antimo e veda, trascorra qualche ora con la gente. Le racconteranno di un paese ostaggio dei clan, al centro di una feroce guerra di spartizione fra cosche altrettanto agguerrite.
Le racconteranno dello sviluppo mancato, dell’economia sommersa, del lavoro che non c’è.
Le racconteranno delle decine di ragazzi morti negli ultimi anni nel corso di banali incidenti in scooter, dai quali sarebbero usciti quasi illesi se solo avessero indossato il casco.
Venga a Sant’Antimo, caro ministro, per ascoltare le storie di chi è stato sopraffatto dalla violenza. Come Vincenza Visone, uccisa quando era ancora una bambina dal ragazzo che credeva di amare e dal quale aveva anche avuto un figlio.
Venga a Sant’Antimo, ministro: avrà modo di ascoltare storie che sembrano uscite da un libro di un secolo fa. Come quella dell’amore fra due ragazzini ostacolato dalle rispettive famiglie, entrambe vicine alla camorra, ma di clan opposti.
Venga a Sant’Antimo, ministro, per ascoltare le voci di chi – e sono tanti – non ce la fa più.
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