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sabato, Giugno 22, 2024
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“All eyes on Rafah”: il significato dello slogan virale sui social, simbolo della protesta

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“All eyes on Rafah”, è questo lo slogan con cui milioni di persone, sui propri account social o nel corso di manifestazioni, continuano a chiedere senza sosta un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. “Tutti gli occhi su Rafah” sono un invito a tenere alta l’attenzione sul dramma che si sta consumando a Rafah, dopo che proprio nelle ultime ore l’ultimo raid israeliano ha fatto almeno 45 vittime in un campo profughi.

Lo slogan “All eyes on Rafah”, nel giro di poche ore è diventato virale sui social network, venendo ricondiviso anche da moltissime celebrità che hanno scelto di prendere posizione sul conflitto in Medio Oriente. Anche il direttore dell’Oms nei territori palestinesi ha recentemente utilizzato l’espressione per sensibilizzare l’opinione pubblica a non perdere di vista l’escalation di violenze e il massacro di civili a Rafah.

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Il Regno Unito chide un’indagine sull’ultimo raid a Rafah

Il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha definito come “profondamente angoscianti” le immagini diffuse dai media dopo il raid condotto dagli israeliani e ha chiesto che l’indagine dello Stato ebraico sia “rapida, completa e trasparente”. “Abbiamo urgentemente bisogno di un accordo per liberare gli ostaggi e far entrare gli aiuti, con una pausa nel conflitto per consentire di lavorare a un cessate il fuoco sostenibile a lungo termine”, ha aggiunto Cameron.

Sono 9 gli Stati Ue che riconoscono la Palestina: non c’è l’Italia

Dopo la decisione di Spagna e Irlanda (insieme con la Norvegia) sono saliti a 9 i Paesi dell’Unione europea a riconoscere uno Stato di Palestina. A livello Onu, secondo l’Anp, questa posizione è stata assunta dal 70% dei membri: 142 su 193. Tra loro non ci sono l’Italia e gli Stati Uniti.

EUROPA – La Svezia è stato il primo Paese Ue a fare questo passo, nel 2014, al culmine di mesi di scontri tra israeliani e palestinesi a Gerusalemme est. Lo Stato di Palestina era già stato riconosciuto da Bulgaria, Cipro, Ungheria, Polonia, Romania, l’allora Cecoslovacchia, quando erano nell’orbita dell’Urss (ma dopo la divisione con la Slovacchia, la Repubblica Ceca ha fatto un passo indietro). Oggi, sull’onda dell’offensiva israeliana a Gaza, è arrivato il sostegno alla statualità palestinese dalla Norvegia (che non fa parte dell’Ue), dall’ Irlanda e dalla Spagna. Malta riconosce il diritto dei palestinesi alla statualità ma non formalmente lo Stato di Palestina, anche se lo scorso marzo si è detta pronta a fare questo passo, così come la Slovenia, “quando le circostanze saranno giuste”. Per Emmanuel Macron la questione del riconoscimento di uno Stato palestinese senza una pace negoziata non è più “un tabù per la Francia”, anche se Parigi al momento non è orientata a farlo. Quanto all’Italia, ritiene che questa soluzione si debba raggiungere attraverso i negoziati tra israeliani e palestinesi. Posizione condivisa con gli Stati Uniti.

RESTO DEL MONDO – Quasi tutta l’Asia, l’Africa e l’America Latina riconoscono formalmente lo Stato palestinese. L’Algeria è stato il primo Paese, nel 1988, dopo la proclamazione unilaterale di un’entità statuale da parte dell’allora leader dell’Olp Yasser Arafat. Dopo poche settimane decine di Paesi hanno seguito l’esempio: gran parte del mondo arabo, India, Turchia, gran parte dell’Africa. Nel biennio 2010-2011 si sono uniti una serie di Paesi sudamericani tra cui Argentina, Brasile e Cile. Nel novembre 2012 la bandiera palestinese è stata issata per la prima volta alle Nazioni Unite a New York, dopo che l’Assemblea Generale ha votato a stragrande maggioranza per elevare lo status dei palestinesi a “Stato osservatore non membro”. Il 10 maggio scorso l’Assemblea ha votato una risoluzione affermando che la Palestina è “qualificata a diventare Stato membro” con 143 voti a favore, 25 astenuti (Italia compresa) e nove contrari, tra cui gli Usa. Washington, così come Roma, mantiene comunque relazioni diplomatiche con l’Autorità Nazionale Palestinese, insieme con Canada, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

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