Carlo Acutis, il quindicenne milanese morto il 12 ottobre 2006 a causa di una leucemia fulminante, è stato nominato santo quest’oggi da Papa Leone XIV.
Si tratta del il primo santo «millennial», il primo ad avere avuto le due vite che oggi coesistono per quasi tutti noi: quella reale e quella virtuale. Il primo della storia a crearsi un profilo social, su Facebook, e a usarlo per evangelizzare, precursore dei numerosi, ormai, «missionari digitali». Con lui anche il web ora ha il suo patrono.
Carlo Acutis è stato proclamato santo, il 15enne sarà patrono di Internet
Carlo morì nel 2006, a seguito di una leucemia mieloide acuta. Stamattina alle 10, in piazza San Pietro, la messa di canonizzazione che ha visto Carlo santo, insieme a Pier Giorgio Frassati, 24 anni, studente torinese. Li accomunano l’origine in famiglie benestanti e l’immenso amore per l’eucarestia e l’impegno per il prossimo. Alla celebrazioni hanno presenziato centinaia di migliaia di fedeli, tra cui tantissimi giovani. E delegazioni delle scuole che ha frequentato: l’istituto delle Marcelline di piazza Tommaseo e il Leone XIII. Ma l’emozione più forte la vivranno i genitori di Carlo: Antonia Salzano e Andrea Acutis, e i suoi fratellini, i gemelli Michele e Francesca, nati nel 2010.
Carlo nacque a Londra nel 1991. Andrea, presidente di Vittoria Assicurazioni, e Antonia si erano si erano trasferiti nella City per lavoro, ma dopo poco tornarono a vivere a Milano. Dopo la materna al San Carlo e poi le primarie e le medie all’istituto Tommaseo delle Suore Marcelline, si iscrisse al liceo classico Leone XIII. Non era uno studente modello, anzi. «Difficilmente incasellabile», ricorda la sua maestra Valentina Quadrio. Educatissimo e con uno sguardo sempre ai compagni più fragili, alternava voti alti in ciò che gli interessava (soprattutto l’informatica, che studiava da solo su testi universitari) a note perché non faceva i compiti. E si giustificava: «Avevo di meglio da fare». Ovvero usare i soldi della paghetta per acquistare cibo e sacchi a pelo da donare ai senzatetto. Fare il volontario nella mensa dei Cappuccini o aiutare al doposcuola.
I suoi genitori non erano religiosi, né praticanti. Invece lui andava a messa ogni giorno, si confessava. Ricevette la Comunione in anticipo, rispetto all’età consueta, grazie a uno speciale permesso del direttore spirituale, don Ilio Carrai, che di lui diceva: «Non era un credente militante, che faceva proselitismo». Per lui parlava la sua vita. Una vita da adolescente che, accanto ai videogiochi, alla musica col sassofono, allo sport, includeva la fede, la preghiera e l’amore per il prossimo: «Ciò che veramente ci renderà belli agli occhi di Dio sarà solo il modo in cui lo avremo amato e come avremo amato i nostri fratelli», si legge in uno dei suoi scritti. E infatti ciò che Carlo faceva era sconosciuto ad amici e familiari: emerse tutto dopo la sua morte, avvenuta a soli tre giorni dalla diagnosi.