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sabato, Luglio 5, 2025
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Cos’è il sistema ‘Encrochat’, l’app per le chat criptate utilizzata dai narcos napoletani

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Era attraverso il sistema “ENCROCHAT” che l’allora latitante Bruno Carbone, noto narcos, manteneva i contatti sia con la famiglia che con altri narcotrafficanti con cui faceva affari. Si tratta di piattaforme telefoniche ed applicazioni informatiche per la messaggistica istantanea protette con crittografia end-to-end per cifrare messaggi e telefonate.

Si tratta di smartphone inattaccabiJi!l. in quanto usano metodi di crittografia per proteggere le comunicazioni: strumenti di per sé legali dotati di particolari sistemi di cifratura che li rendono inviolabili, a prova di intercettazione.

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Carbone aveva il nickname “Biaste” mentre NACCA Michele veniva chiamato “Joker”. Ma i carabinieri del comando provinciale di Napoli, coordinati dalla Dda, hanno ribattuto con investigazioni ad alto livello e ieri hanno azzerato i due gruppi che agivano sull’asse Barcellona-Amsterdam-Napoli. Ben 29 indagati sono stati i destinatari di altrettante misure cautelari e tra essi spiccano nomi noti alle forze dell’ordine come Giovanni Cortese “’o cavallaro” di Secondigliano, storico fedelissimo dei Di Lauro, Carlo Esposito “’o chiatto” di Pianura e Vincenzo Della Monica “’o Gabibo Just”. Mentre tra coloro per i quali non è scattato il provvedimento restrittivo c’è Giuseppe Mazzaccaro, “Peppe della 99”, articolazione territoriale dei Sorianiello.

La droga, soprattutto hashish e cocaina in quantità industriale, era ordinata e acquistata attraverso una serie di comunicazioni tra sodali con criptofonini inizialmente inattaccabili. Poi la rete “Encrochat” è stata bucata nel corso delle indagini per rintracciare Bruno Carbone, latitante di lusso a Dubai e braccio destro del re del narcotraffico Raffaele Imperiale, e le intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di risalire ai due gruppi, separati nelle attività illecite ma in affari tra loro. Nell’inchiesta compare anche il parco Verde di Caivano perché una parte dello stupefacente finiva anche agli spacciatori con base nel più famoso insediamento abitativo d’Italia. Ferma restando la presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva, nel primo gruppo di narcos figuravano, come presunti capi e promotori, Vincenzo Della Monica e Salvatore Della Monica detto “Moneey”.

Per l’altra organizzazione i referenti erano Simone Bartiromo, Roberto Meroilla e Giovanni Cortese. Le accuse, contestate a seconda delle varie posizioni, sono due: associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e detenzione di droga a fini di spaccio. Durante l’inchiesta sarebbero emerse l’operatività di due distinte associazioni per delinquere, operanti nel territorio partenopeo con contatti in Spagna ed in Olanda, finalizzati all’approvvigionamento, al traffico ed alla vendita di sostanze stupefacenti, nonché la conseguente gestione degli illeciti profitti, in favore degli affiliati, sia liberi che detenuti; la presunta disponibilità, da parte degli indagati, di armi da fuoco e di veicoli dotati di un sofisticato “sistema di occultamento”. Inoltre, nel corso delle investigazioni, si è proceduto al sequestro di circa un quintale di sostanza stupefacente di vario tipo, nonché armi da fuoco e autovetture, nonché di un ordigno esplosivo regolamentare e alcune centinaia di munizioni di vario calibro.

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