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venerdì, Maggio 3, 2024
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Dall’omicidio Bardellino ai rapporti con i politici, cosa può svelare il pentito Schiavone

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Il clan dei Casalesi venne fondato da Antonio Bardellino, capo carismatico che avrebbe messo d’accordo le famiglie Schiavone, Zagaria, Bidognetti e De Falco. L’omicidio del boss casertano, legato al mafioso Tommaso Buscetta, sarebbe avvenuto nel 1988 in Brasile ma ad oggi la vicenda rimane avvolta nel mistero.

Proprio sull’eliminazione del fondatore potrebbero essere importanti le parole di Francesco Schiavone che ha iniziato a collaborare con la giustizia: la notizia è stata riportata in anteprima dal Cronache di Caserta. Inoltre Sandokan potrebbe far luce anche sui legami tra camorristi, politici e imprenditori. Soprattutto i Casalesi avrebbero avuto il controllo degli appalti e sullo sversamento illegale dei rifiuti.

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Il fantasma di Antonio Bardellino, un certificato di nascita anomalo dietro le ricerche del boss

Nasce da un certificato di nascita quantomeno anomalo l’inchiesta che mira a fare luce sulla sorte di Antonio Bardellino, il fondatore del clan dei Casalesi che secondo la sentenza del maxiprocesso Spartacus, e anche secondo un pentito del calibro di Carmine Schiavone, sarebbe stato ucciso (ma il suo corpo non è stato mai trovato) in Brasile nel 1988 da Mario Iovine per vendicare l’omicidio del fratello Domenico. Il certificato in questione è stato oggetto di indagini della Dna (con il procuratore nazionale Giovanni Melillo e il pm antimafia Antonello Ardituro), ma non solo, visto che la vicenda in qualche modo coinvolge anche le Procure di Roma e Napoli.

Presentato nel 2003 all’anagrafe di Formia dalla moglie del capoclan scomparso, acquisito da un finanziere ormai deceduto, il certificato riguarda la nascita di una bimba figlia della donna e di un uomo che sembra non esistere: quest’uomo si chiama – anzi si chiamerebbe – Marco Bardellino Diana e, malgrado gli accertamenti degli investigatori, di lui non è stata trovata traccia, come se fosse un fantasma.
Sta di fatto che la mamma di quella bimba (ora una donna) è l’ex compagna di Bardellino (che ha altri due figli, entrambi con cognome materno) e il presunto padre porta il cognome del boss – Bardellino – associato al cognome della mamma di quest’ultimo, Diana.

Una strana coincidenza

Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno trovato anche altri elementi – tra cui delle testimonianze la cui veridicità è al vaglio – che sembrerebbero accreditare l’ipotesi che in realtà Antonio Bardellino non sia stato ucciso nel 1988, ma che invece sia fuggito dall’Italia alla volta delle Americhe.

La scorsa estate, durante alcune perquisizioni della Polizia a Formia, è stato scoperto un piccolo vano sotterraneo, alto 170 centimetri, in un appartamento in passato riconducibile al fondatore del clan dei casalesi che potrebbe essere uno dei covi di Bardellino. Quest’ultima scoperta è frutto delle indagini delle Dda di Roma e Napoli sul tentato omicidio di Gustavo Bardellino, 43 anni, nipote del boss, avvenuto nel febbraio 2022.

LA COMMISSIONE LEGALITA’ DELL’ORDINE DEI GIORNALISITI DELLA CAMPANIA

“Se la collaborazione sarà rispettosa della verità, alcuni pezzi di storia fin qui conosciuti cambieranno e saranno riscritti in base a quanto veramente accaduto. A cominciare dalla scomparsa di Antonio Bardellino e dall’identità delle sponde politiche e imprenditoriali del clan”. Così, i componenti della commissione Legalità dell’Ordine dei giornalisti della Campania, presidente Marilù Musto e Tina Cioffo vice, dopo aver appreso del percorso verso la collaborazione con la giustizia del capoclan del cartello dei Casalesi Francesco Schiavone “Sandokan” dopo 26 anni di carcere duro.

“Schiavone potrebbe, innanzitutto, chiarire se in questi anni il 41 bis ha funzionato, ma soprattutto potrebbe svelare la rete di relazioni della camorra con l’ala imprenditoriale e politica che ha permesso la sopravvivenza del gruppo criminale fra i più pericolosi in Europa. Su molti fatti di sangue la verità giudiziaria ha già ottenuto molti risultati anche senza il suo aiuto”.

La commissione – composta anche da Vincenzo Sbrizzi, Giovanni Taranto, Luisa Del Prete, Anna Liberatore, Nicole Lanzano e Federica Landolfi – si augura “che siano resi noti i patti che hanno “condannato la periferia di Caserta e Napoli all’identificazione con la Terra dei fuochi a causa di sversamenti abusivi di rifiuti speciali, in modo che non fosse possibile la creazione di un sistema circolare per lo smaltimento dei rifiuti. Schiavone renda noto i contatti con le mafie nell’area vesuviana”.

 

 

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Alessandro Caracciolo
Alessandro Caracciolo
Redattore del giornale online Internapoli.it. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti dal 2013.
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