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martedì, Marzo 19, 2024
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«Ecco il gruppo di fuoco dei Mazzarella», le parole del pentito che fanno tremare il clan

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Umberto D’Amico, il superpentito di Napoli est, sta svelando molti ‘segreti’ dei clan dell’area e in special modo dei Mazzarella e del loro gruppo satellite, i D’Amico-Luongo che hanno continuato in autonomia la guerra contro i Rinaldi. E’ stato Umberto D’Amico a tirare in ballo Salvatore Fido, il reggente dei mazzarelliani, come mandante dell’omicidio Di Pede venendo proprio ieri sconfessato dal tribunale del Riesame che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa un mese fa a carico di ‘o Chiò. D’Amico oltre a quell’omicidio ha parlato anche delle ‘batterie di fuoco’ dei gruppi a cui apparteneva offrendo numerosi particolari inediti agli inquirenti che da anni indagano sulla guerra tra i Mazzarella e i loro acerrimi rivali, i Rinaldi del rione Villa.

«Quando sono uscito dal carcere nel luglio del 2017 c’era una divisione delle stese tra noi e il gruppo di Salvatore Fido. Io e Fido eravamo in contatto con un telefono satellitare non rintracciabile con schede dedicate che poi abbiamo buttato. Ho buttato il mio circa un mese prima dell’arresto di Fido quando questi era latitante. L’azione di fuoco avveniva sempre come riposta ad un’azione contro di noi. Con i telefoni ci mettevamo d’accordo su chi dovesse andare. Del gruppo di fuoco dei D’Amico facevano parte oltre a me, Luigi Gallo, durante la latitanza, Salvatore Ventura, Giovanni Improta (da chiarire che il coinvolgimento di tali soggetti resta da provare in sede giudiziaria). Il capo era Salvatore D’Amico e l’ultima parola sulle azioni di fuoco spettava a lui che doveva essere informato preventivamente. Del gruppo di fuoco di Salvatore Fido facevano parte Maurizio Donadeo, Antonio Perna (morto mentre piazzava una bomba proprio nei pressi dell’abitazione dei Rinaldi), Raffaele Santaniello, Vincenzo Santaniello e quando è uscito dal carcere Luigi Gitano. Gli obiettivi erano le case di Ciro Rinaldi, Sergio Grassia, Giovanni Pagano, Mario Reale e in generale il rione Pazzigno dove abbiamo anche messo una bomba appena uscito dal carcere nel 2017».

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