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giovedì, Marzo 28, 2024
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Emergenza Covid, mondo delle palestre al collasso:«Serve un piano d’azione serio»

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Il dato è impietoso. Ma sembra che a nessuno importi. Tra le categoria più colpite dalla crisi c’è sicuramente il mondo del fitness e delle palestre. Un settore che nel 2020 ha perso 8,5 miliardi, con un crollo del 70% che nel 2021 è destinato ad aumentare se non arrivano sostegni economici e un piano d’azione per la riapertura. I gestori e i proprietari delle palestre sono allo stremo e l’amarezza aumenta anche perchè non si intravede nessun serio piano d’azione all’orizzonte. Già perchè per queste attività non esistono zone gialle, arancioni o rosse. Dallo scorso ottobre i colori sono cambiati, ma una cosa è rimasta uguale: le palestre sono rimaste chiuse. Eppure basterebbe poco come da mesi vanno ribadendo gli addetti ai lavori tra cui Raffaele Palumbo imprenditore nel settore e titolare, insieme al socio Mario Volpicelli, delle palestre Well Fit di Corso Secondigliano e Casagiove.

Il tuo settore è tra quelli maggiormente colpiti. In ques’anno è mezzo è più facile considerare i giorni di effettiva apertura che di chiusura. Quanto è pesante questa situazione?

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«Ci vorrà tempo per rialzarsi. Saremo gli ultimi ad aprire, ma quando ciò avverrà molte attività non ci saranno più. Non dobbiamo poi dimenticare che ci sono, nel nostro campo, piccole realtà a cui l’emergenza ha dato un colpo mortale, queste attività infatti saranno impossibilitate a ripartire. Di fatto siamo chiusi da otto mesi, un tempo lunghissimo in cui abbiamo avuto poche indicazioni e sostegni non adeguati a quelle che sono le nostre reali esigenze. Non è affatto facile.». 
Parliamo di ristori che nell’ottica del Governo avrebbero dovuto offrire un parziale ‘sostegno’ alle attività. Com’è andata a finire?
«Per quanto riguarda i ristori sono arrivati solo quelli che coprono le spese fino a dicembre. Nell’ultimo dl sostegno non abbiamo avuto alcun ristoro come categoria, siamo stati completamente ignorati. I ristori hanno coperto solo un 30-40% delle spese ma comunque si tratta di spese che riguardano i fitti e non tutte quelle spese da considerare ‘vive’: mi riferisco ai costi di manutenzione, bollette. Si tratta di spese di gestione imprescindibili per chi ha una palestra o una società sportiva. Per esempio prima di chiudere abbiamo dovuto adeguare gli impianti di areazione, comprato scorte di igienizzanti, asciugamani di carta, nebulizzatori e quant’altro. Spese pur cospicue ma che non hanno visto alcun ‘rientro’ visto che poi hanno deciso di chiuderci nuovamente».
Con Draghi si pensava che potesse esserci una svolta e invece?
«Nel dl sostegno del nuovo Governo non abbiamo avuto alcun ristoro, gli unici che hanno avuto qualcosa sono i lavoratori sportivi per i quali sono stati stanziati 350 milioni ed avranno tra i 1200-3600 euro una tantum. La beffa è che per le imprese per cui lavorano non arriverà niente».
Nonostante un certo lassismo della politica nei confronti del vostro settore avete continuato a lottare per far sentire la vostra voce. C’è stata anche una manifestazione a cui hanno partecipato diverse sigle che rappresentano il vostro ‘mondo’.
«Lo scorso 9 marzo c’è stata a piazza del Popolo a Roma una grande manifestazione per chiedere la riapertura delle attività sportive. I rappresentanti della nostra categoria hanno raccolto le proposte di un gruppo di imprenditori in un documento, inviato al neo sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali, per chiedere misure urgenti da attuare per rilanciare un settore che nel 2020 ha perso 8,5 miliardi, con un crollo del 70% che nel 2021 è destinato ad aumentare se non arrivano adeguati sostegni economici. Anzi, il settore rischia davvero di morire se non si pensa seriamente ad un piano d’azione a lungo termine».
Non credi che dietro la mancanza di misure e di piani mirati ci sia una scarsa conoscenza del mondo dello sport?
«Sicuramente, quello che non capiscono è che il nostro settore è continuità. Quando preparo una scheda d’allenamento o fisso un piano e un obiettivo con il cliente fisso qualcosa che avviene nel medio-lungo termine. Il fitness e la palestra sono continuità, sono benessere fisico e psicologico ma questa continuità non può essere garantita se mancano protocolli condivisi e se ogni due o tre settimane c’è il rischio di chiudere».
Quale potrebbe essere la soluzione?
«Noi vogliamo solo poter continuare a lavorare rispettando le regole, salute e lavoro possono convivere e siamo assolutamente in grado di farle rispettare, adeguandoci alle linee guida dell’ultimo Dpcm, quello dello scorso 24 ottobre. Allo stesso tempo dobbiamo garantire la sopravvivenza delle nostre attività, e per questo servono subito azioni concrete. Ribadisco che il nostre settore rischia di essere l’ultimo ad aprire se pensiamo che la Sardegna, fino a qualche settimana fa zona bianca, non aveva comunque deciso di riaprire le strutture. Molte palestre non riapriranno e già oggi vedo molte strutture che stanno vendendo i loro attrezzi. E’ qualcosa che deve far riflettere».

 

Un piano serio che però necessiterebbe un’adeguata conoscenza del settore e soprattutto delle difficoltà patite in questi mesi. Una soluzione che potrebbe per esempio passare dalla rinegoziazione dei canoni di affitto, oltre alla sospensione dei mutui e finanziamenti in essere. Tra queste l’istituzione di un Bonus Riapertura per sostenere le attività in vista della ripresa, attività ferme da tanto, troppo tempo. E poi indennizzi parametrati alle effettive perdite di fatturato come avviene in altri settori. Bisogna fare presto, la palestra è vita e salute e vivere così non se ne può davvero più.

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