“Il clan Mallardo sapeva tutto, anzi aveva interessi nel business”. Queste le parole del collaboratore di giustizia Giuliano Pirozzi nel corso del processo d’Appello per racket nei confronti di un imprenditore giuglianese, Cacciapuoti Filippo, proprietario di un patronato, che sporse denuncia nel 2008. In primo grado ci furono condanne per 3 imputati su 12. Il Pm Ribera ha proposto appello contro le assoluzioni. Stamattina a testimoniare nel processo c’era in videoconferenza il colletto bianco Pirozzi.
Il pentito ha confermato tutte le accuse nei confronti dei vari imputati, sostenendo che il clan sapeva bene come funzionava l’affare illecito. La prossima udienza si terrà ad inizio dicembre, quando si terrà l’arringa degli avvocati difensori (Matteo Casertano, Luigi Poziello, Antonio Giuliano Russo, Michele Giametta) e la requisitoria del Procuratore Generale.
La sentenza di primo grado
I 12 erano accusati di estorsione, aggravata dal metodo mafioso, nei confronti di un imprenditore giuglianese, Cacciapuoti Filippo, proprietario di un patronato, che sporse denuncia nel 2008. Nonostante le severe richieste di condanna del pm Maria Cristina Ribera, il giudice ha ritenuto di condannare solo tre dei dodici imputati.
Si tratta di Filippo Caracallo, condannato ad 1 anno e 10 mesi, Michele Di Nardo e Michele Palumbo, condannati entrambi ad 1 anno e 3 mesi di reclusione. Assolti invece Giuseppe Strino, Anna Di Gennaro, Bianca Galluccio, Gennaro Mariniello, Biagio Micillo, Antimo Varriale, Vincenzo Perillo, Luigi Palma, Domenico Pirozzi e Luigi Perillo.
Il colpo di scena è dovuto principalmente alle testimonianze della presunta vittima, Filippo Cacciapuoti, che non è stato ritenuto attendibile dal giudice e dei diversi collaboratori di giustizia sentiti nel processo, tra i quali Giuliano Pirozzi e Vincenzo Guadagno. Anche le loro versioni non sono state considerate attendibili.