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giovedì, Marzo 28, 2024
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Presi gli eredi di Riina, in manette anche il boss emergente Giuseppe Corona: foto con Luigi Di Maio

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Non solo estorsioni e traffico di droga, ma anche le mani su attività commerciali tra cui bartabaccherie, gioco d’azzardo e persino dei compro oro per riciclare il denaro sporco. L’operazione Delirio della Guardia di Finanza ha messo in luce gli svariati interessi economici di Cosa nostra e portato al sequestro preventivo per equivalente di beni per oltre sei milioni di euro: somme di denaro, conti correnti e immobili e 15 attività commerciali attive prevalentemente nel settore della somministrazione di alimenti e bevande e in quello dei giochi e delle scommesse. Tra i 28 arresti eseguiti dalle fiamme gialle sono finiti boss, gregari, prestanome e professionisti. Nella rete anche 19 indagati per i quali è stato disposto il divieto di dimora. Quattro, invece, gli arresti domiciliari: tra questi un noto penalista palermitano.

L’indagine ha consentito di delineare la mappa degli interessi dei clan, mettendo in luce il ruolo di Giuseppe Corona, boss emergente nei nuovi assetti di Cosa nostra orfana di Salvatore Riina, capace di riciclare fiumi di denaro, e considerato dagli inquirenti come il re del riciclaggio, in grado di ripulire denaro illegale e reinvestirlo in una attività lecita. Corona non è un insospettabile: condannato a 17 anni per un omicidio commesso, i Madonia gli avrebbero affidato il loro tesoro, tanti soldi da ripulire, e le scommesse dell’ippodromo, poi sequestrato per mafia. Bar, tabacchi, immobili, Corona negli anni ha fatto molti investimenti.

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«Da parte di questo soggetto – ha spiegato il tenente colonnello Saverio Angiulli, comandante del terzo gruppo di sezione del nucleo speciale di polizia valutaria nel corso della conferenza stampa – sono state accertate condotte che consistono nell’esercizio di reati di estorsione e traffico di sostanze stupefacenti, per reperire somme necessarie ad arricchire le casse dei clan e utilizzare questi soldi per sostenere le famiglie dei pentiti, e figure apicali della criminalità organizzata». Per gli investigatori, Corona si occupava di individuare i soggetti prestanome a cui intestare ditte individuali o quote societarie. L’attività trae origine dall’approfondimento di alcune elementi emersi, nel 2014, nel corso dell’inchiesta Apocalisse.

È emerso così che Corona gestiva una pluralità di attività economiche – tra cui la Caffetteria Aurora, formalmente gestita dal cognato e sequestrata – intestate a prestanome, per eludere le misure di prevenzione patrimoniali e agevolare il reimpiego di beni e denaro di provenienza illecita da reinvestire anche nel gioco d’azzardo, uno dei canali principali utilizzato da Costa nostra per riciclare il denaro sporco. Tra i colletti bianchi arrestati, l’avvocato Nico Riccobene, finito ai domiciliari, mentre il divieto di dimora è scattato per l’imprenditore Giuseppe Tarantino, ex gestore del bar Alba di Mondello, regolarmente aperto, che dal 2016 è di proprietà della società A.P.R. s.r.l. che si dichiara assoluramente estranea con le precedenti gestioni «N PASTICCERIA ALBA s.r.l., BAR ALBA s.r.l. e PASTICCERIA ALBA s.r.l. a più riprese e in vari momenti titolari dei predetti esercizi in epoca antecedente all’aprile 2016, e oggi tutte in fallimento e in passato gestite appunto da Tarantino Giuseppe – scrive in una nota la società – E dunque A.P.R. s.r.l. non ha nulla a che vedere o spartire con le società che risulterebbero destinatarie di provvedimenti di sequestro eseguibili semmai in danno dei patrimoni acquisiti dalle pendenti procedure concorsuali. Tra A.P.R. s.r.l. e le predette società non sussiste dunque alcun legame e alcuna continuità economica o giuridica. Tanto precisato i Soci tutti e i Componenti del Consiglio di Amministrazione di A.P.R. s.r.l., escludono nella maniera più categorica di avere mai avuto a che fare con CORONA GIUSEPPE, di avere mai favorito il predetto o altri soggetti in attività di reimpiego di capitali di provenienza illecita e di avere mai avuto alcuna relazione economica con soggetti anche solo ipoteticamente riconducibili ad ambienti criminali o mafiosi».

Le indagini, inoltre, hanno consentito di individuare un altro filone utilizzato dalle famiglie mafiose per reinvestire il denaro di provenienza illecita: il commercio di metalli preziosi. In tale ambito, è stato individuato il ruolo di primaria importanza ricoperto da un altro esponente di Cosa nostra, Raffaele Favaloro – figlio di Marco, collaboratore di giustizia e personaggio abbastanza trasversale rispetto ad altri mandamenti mafiosi – il quale in un trentennio ha instaurato stretti legami personali e di affari con diversi mafiosi, in particolare con la famiglia Galatolo, fino a diventare un qualificato punto di riferimento di importanti esponenti criminali per la realizzazione di affari nel settore dei preziosi, nel contesto mafioso delle cosche di Resuttana e Borgo Vecchio.

«Attraverso una rete di compro oro Favaloro consentiva al clan di ripulire l’oro e persino pietre preziose provenienti da attività illecita – ha proseguito Angiulli – ai quali veniva ceduto per essere fuso e rimesso in circolazione». È stato inoltre accertato utilizzo del Monte dei pegni da parte del clan: «Alcuni esponenti inviano delle teste di legno per cedere degli oggetti preziosi, frutto di attività predatoria, che poi venivano rivenduti dallo stesso istituto, estraneo a tali attività, ad altri soggetti mandati dalla stessa criminalità organizzata che, a quel punto, appariva ‘di provenienza lecita’ accompagnato da una certificazione di legittimità».

«È stato compiuto un grande sforzo investigativo che testimonia importanza del conoscere e poi recidere quelli che sono i collegamenti della mafia rispetto al territorio – ha commentato il generale Giovanni Padula, comandante del nucleo polizia valutaria di Roma – Non si può permettere alla criminalità di controllare attività economiche, esigere il pizzo, reinvestire le somme che derivano da queste attività in altre attività gonfiando i serbatoi della mafia. Abbiamo ricostruito sotto questo profilo i flussi finanziari che testimoniano queste convergenze. Nonostante una precedente operazione avesse messo le mani a fondo su questa organizzazione criminale non ci siamo fermati – ha concluso – fino ad arrivare alle nuove leve, ai nuovi sistemi di investimento ripercorrendo a ritroso tutte le attività che sono state compiute».

 

Imbarazzo per i vertici del M5S

Nella maxi-operazione antimafia di questa mattina il principale arrestato è Giuseppe Corona.

Ufficialmente cassiere della Caffetteria Aurora, secondo gli inquirenti era anche il tesoriere della nuova Cosa Nostra, quella che si riorganizzava dopo la morte di Salvatore Riina: teneva i conti e curava la comunicazione sui social network, una sorta di padrino 2.0.

Così, nell’ottobre 2017, metteva in bella mostra su Facebook la foto di Luigi Di Maio giunto nel suo bar durante la campagna elettorale per le ultime elezioni regionali. Nell’immagine si vedono il vicepremier con il leader siciliano del M5S, Giancarlo Cancelleri, e Fabio Bonaccorso, cognato di Corona e titolare del locale che questa mattina è stato sequestrato.

Nulla di grave: Di Maio non poteva sapere, ma cosa sarebbe successo se ad essere immortalato fosse stato un esponente del Pd o di Forza Italia? È la doppia morale grillina, che sta venendo sempre più allo scoperto ora che M5S si sta facendo classe dirigente: tra l’altro pare che Corona sia figlio di un capomafia assassinato, ed è già stato condannato in passato a 17 anni per un omicidio per futili motivi.

“Di Maio con il presunto tesoriere della nuova mafia. Può capitare. Ma per una foto simile l’ex ministro Poletti è stato massacrato dalla propaganda M5S. La consueta doppia morale grillina. Quando finiranno di usare il web per manganellare gli avversari sarà comunque troppo tardi”, ha twittato Maria Elena Boschi, riferendosi a una vecchia foto in cui Poletti era a cena con alcune persone poi arrestate per la vicenda di mafia capitale.

Una foto che costò all’allora ministro una vera e propria crocifissione sui social ad opera degli esponenti M5S.

Ma i tempi cambiano, e i pentastellati di governo sono molto più propensi al garantismo rispetto ai vecchi grillini di lotta.

Nella sua Caffetteria Aurora, si poteva ammirare in bella mostra la foto del Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, fermatosi nel suo bar durante le regionali del 2017. Nello scatto, oltre all’attuale vice premier, è presente il leader siciliano del Movimento Cinque Stelle, Giancarlo Cancelleri, in posa accanto al cognato di Corona, Fabio Bonaccorso, titolare del locale che questa mattina è stato sequestrato nel corso di un blitz nei confronti di 28 persone (4 ai domiciliari).

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