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sabato, Maggio 4, 2024
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Camorra di Marano, sentenza annullata per Baiano, De Cristofaro e Felaco

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Nessuna associazione per il clan Orlando di Marano. È questa la decisione presa dalla Corte di Cassazione (III sezione) per Vittorio Felaco, Carmine De Cristofaro e Pasquale Baiano che ha annullato la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Napoli con la quale Felaco e Baiano erano stati condannati perchè ritenuti elementi di vertice del clan Orlando di Marano. L’ordinanza è stata annullata per Baiano relativamente all’accusa di banda armata (grazie alla strategia difensiva avanzata dai suoi legali Luca Gili, Valerio Vianello Accorretti e in Cassazione Luigi Senese). Baiano e Felaco in particolare erano stati condannati a 20 anni di reclusione. Per Felaco fondamentali le argomentazioni facenti parte del ricorso presentato dai legali dei due, gli avvocati
Luigi Senese e Andrea Di Lorenzo, che hanno spinto la Suprema Corte ad annullare la sentenza relativamente al reato di partecipazione ad associazione mafiosa. Stesso risultato per Carmine De Cristofaro che si è visto annullare l’ordinanza relativamente all’accusa dai associazione grazie alle abili argomentazioni dei suoi due avvocati, Luca Gili e Valerio Vianello Accoretti. I tre finirono in manette nell’ambito dell’operazione piazza pulita del febbraio 2020 che stroncò un’associazione seduta ai traffici di droga nell’hinterland di Napoli.

L’operazione Piazza Pulita a Marano

L’attività, denominata “Piazza pulita”, consentì di raccogliere a carico degli arrestati gravi indizi di colpevolezza in ordine alla loro partecipazione, a vario titolo, ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana), spaccio e detenzione ai fini di spaccio in concorso, con l’aggravante di avere agito al fine di agevolare l’attività dell’associazione camorristica denominata clan “Orlando”, egemone sul territorio di Marano di Napoli, Quarto Flegreo e zone limitrofe.

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Per alcuni di loro, oltre ai reati appena citati, la Procura contestò anche l’art. 416 bis, ovvero di essere veri e propri affiliati al “sistema”. Si legge infatti nelle centinaia di pagina dell’accusa, che quattro degli indagati, con il ruolo di referenti per conto del clan delle attività illecite tra le quali il traffico di stupefacenti e le estorsioni, si occupavano altresì della distribuzione delle mesate agli affiliati, anche a quelli detenuti, della gestione delle piazze di spaccio, del controllo del territorio e della risoluzione di contrasti interni ed esterni al sodalizio.

L’operazione di ha di fatto smantellato tale organizzazione che gestiva in particolare la distribuzione e la cessione della droga, sia a rivenditori all’ingrosso, sia ai pusher delle principali piazze di spaccio del territorio, estendendo le proprie maglie finanche ai territori del basso Lazio e della Sardegna, regioni che alimentavano di droga attraverso referenti del luogo. A supporto di quanto emerso in fase d’indagine sono state le varie dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno confermato le risultanze raccolte dai carabinieri. Nel corso dell’indagine, durata oltre due anni, i militari hanno sequestrato oltre 40 chili di sostanza stupefacente e hanno documentato i ruoli di ciascun indagato all’interno del sodalizio.

 

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