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venerdì, Maggio 3, 2024
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Messina Denaro ordinò di sciogliere nell’acido Giuseppe Di Matteo

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Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo: il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia. Il bimbo venne rapito il 14 novembre del 1993 all’età di 12 anni da un commando di mafiosi mentre lasciava il maneggio.

Il rapimento venne architettato il 14 novembre del 1993, quando Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Giovanni Brusca si incontrarono in una fabbrica di calce a Misilmeri. Graviano propose di uccidere il piccolo, Giovanni Brusca pensò di sequestrarlo al posto di ucciderlo subito. Graviano, Bagarella e Messina Denaro diedero il loro assenso, così Graviano si offrì di organizzare il rapimento. Secondo le deposizioni di Gaspare Spatuzza, uomo di fiducia di Graviano che prese parte al rapimento, i sequestratori si travestirono da poliziotti della DIA.

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L’omicidio Di Matteo fu commesso a San Giuseppe Jato, l’11 gennaio 1996, da esponenti mafiosi nel tentativo di impedire che il padre Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia ed ex-mafioso, parlasse con gli investigatori. Il cadavere non fu mai ritrovato perché venne disciolto in un fusto di acido nitrico. Per quel delitto sono stati condannati all’ergastolo Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Salvatore Benigno, Francesco Giuliano e Luigi Giacalone.

“Ha sciolto mio figlio nell’acido e ucciso una ragazza incinta, come posso perdonarlo?”, Di Matteo parla di Brusca

L’ex boss collaboratore di giustizia Giovanni Brusca ha lasciato definitivamente il carcere. Il capomafia che azionò il telecomando della strage di Capaci e decise l’omicidio del piccolo Di Matteo. E’ il figlio del pentito che per primo svelò i segreti della stagione stagione stragista del 1992, ha scontato la sua bene ed è tornato in libertà. La vicenda ha generato molte reazione, fra cui quella di uno dei diretti interessati, Santino Di Matteo, padre e vittima dell’atroce vendetta.

Le parole di Santino Di Matteo, papà di Giuseppe Di Matteo

L’uomo non riesce a tollerare che lo Stato italiano restituisca la libertà a “questa feccia dell’umanità”. Parla da una località segreta l’ex mafioso di Altofonte che Giovanni Brusca, con il fratello Enzo, per conto del padrino di un tempo, Totò Riina, voleva zittire. Nel peggiore dei modi. Ci provarono sequestrando per quasi due anni il ragazzino, trasferito da casolare in casolare con una catena al collo fino a quando Brusca, vinto dalla resistenza di un padre deciso a collaborare con lo Stato, non diede l’ordine di fare sparire ogni traccia del piccolo. È questa la storia che tormenta Santino Di Matteo, stanco di passare da un tribunale all’altro: “Dopo trent’anni mi fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?”, afferma ai microfoni del Corriere della Sera.

È questa la storia che tormenta Santino Di Matteo, saltare a un tribunale all’altro: «Dopo trent’anni mi fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?».

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Alessandro Caracciolo
Alessandro Caracciolo
Redattore del giornale online Internapoli.it. Iscritto all’albo dei giornalisti pubblicisti dal 2013.
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