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mercoledì, Ottobre 9, 2024
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“Non sono cattivo, merito il carcere a vita”, la lettera inedita di Turetta

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Non sono cattivo. Merito l’odio e il carcere a vita per l’omicidio di Giulia“. Questo è uno dei passaggi di una lettera che Filippo Turetta scrisse subito dopo l’arresto in Germania e prima del trasferimento in Italia datato 25 novembre del 2023. Il processo a carico del giovane è appena iniziato e si concluderà all’inizio di dicembre con la sentenza.

La lettera di Turetta dopo il Femminicidio di Giulia

Ho un po’ di paura a tornare in Italia anche per questo. Non sapevo e non avrei mai immaginato tutto questo sarebbe diventato così famoso in Italia e questo mi fa tanta paura. Ho generato tanto odio e rabbia. E me li merito, sì… ma tutto questo è terribile…ho peggiorato il mondo in qualche modo. Mi merito tutto questo dopo quello che ho fatto. Non sono neanche riuscito a uccidermi…vivrò la mia intera vita in carcere adesso“, scriveva Turetta nella lunga lettera, pubblicata dal sito del Corriere della Sera, nella quale ha chiesto il perdono dei genitori.

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Trascorrerò la maggior parte della mia vita, e tutti i momenti e le fasi migliori della vita della maggior parte delle persone normali, all’interno di una piccola stanza da solo. La solitudine e la tristezza prevarranno sulle mie giornate. (…) Tutte le fantastiche e meravigliose persone che ho conosciuto durante la mia vita, tra cui tutti i miei amici speciali, non li rivedrò mai più e loro non vorranno più vedermi, dimenticandomi per sempre” continua nella missiva scritta a mano.

Un lungo lampo

Sarà un processo molto veloce quello per Filippo Turetta, lo studente 22enne reo confesso dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. A favorire l’iter, dopo la prima udienza tecnica in Corte d’Assise a Venezia, la scelta del rito immediato, decisa dall’avvocato difensore Giovanni Caruso e il successivo accordo tra le parti, avvallato dal collegio presieduto da Stefano Manduzio, che – salvo inciampi – porterà alla sentenza il 3 dicembre prossimo.

La difesa di Turetta voleva evitare la spettacolarizzazione mediatica del dibattimento. La tragica fine di Giulia è assurta nell’opinione pubblica a simbolo della lotta ai femminicidi e, per converso, Turetta è divenuto oggetto della curiosità morbosa dei media. Non c’è stato atto dell’inchiesta, degli interrogatori, degli accertamenti forensi che non sia finito in un modo o nell’altro su giornali, social e contenitori pomeridiani della tv.

 

 

 

 

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